Nel 2015 le Nazioni Unite approvarono l’Agenda 2030, indicando in 17 gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile. Ad oggi ben pochi di quegli obiettivi sono stati raggiunti, complice la pandemia se vogliamo ma soprattutto complici i problemi strutturali in cui il mondo è precipitato in questi anni: guerre che pensavamo non potessero più esistere, ignoranza diffusa e alimentata a dismisura dai social e dalle fake-news, democrazie che si riducono area dopo area, problemi quotidiani delle persone che spostano l’attenzione necessaria alle emergenze climatiche e ambientali, governi come quello dell’Unione Europea che rinunciano, per biechi motivi elettorali, a difendere le scelte di cambiamento come il green deal.
Forse è necessario, più che mettere scadenze improbabili, introdurre meccanismi che aumentino la consapevolezza, linguaggi che arrivino a tutte le persone, anche le più povere, le meno istruite, quelle che, più di ogni altro essere sulla Terra, pagano già a caro prezzo i danni causati dall’uomo e da una sorta di sbagliato sviluppo infinito del nostro pianeta. Ma non è così, non può esserci sviluppo infinito, le risorse del pianeta non sono illimitate e, soprattutto, non si può lasciare nelle mani di pochi il patrimonio materiale e immateriale della Terra. Non è possibile, ad esempio, che il 68% dei semi dell’agricoltura sia nelle mani di una sola multinazionale.
Non ci sarà mai la possibilità che i 17 obiettivi fissati dalle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile si possano realmente attuare! Occorre il buon senso, occorre sapere che non è con l’obbligo di avere auto elettriche entro il 2035 che si risolvono i problemi. La pianificazione del cambiamento deve avere la consapevolezza come obiettivo primario, non una data di scadenza che non sarà mai rispettata.
Facciamo questa riflessione a ridosso del 22 marzo, data stabilita dalle Nazioni Unite nel 1992, a seguito degli incontri di Rio, per la Giornata Mondiale dell’acqua.
A cosa servono le Giornate Mondiali, visto che ormai ne abbiano una per ogni cosa, dalla più importante alla più banale? Servono, se non altro, a farci riflettere, almeno per un giorno, sul problema. Questa è la tecnica della goccia che scava inesorabile ma il tempo che abbiamo a disposizione per la soluzione dei problemi non può più seguire il tempo lentissimo della goccia che scava.
Entro il 2040 (quindi miseri anni) l’ONU stima che il 47% della popolazione mondiale soffrirà di carenze di fonti d’acqua potabile e questo è un dato più che realistico, considerando che oggi più di un quarto della popolazione mondiale vive ancora senza acqua potabile.
Se a questo aggiungiamo il tema del riscaldamento dei suoli dovuto alla carenza di acqua che sta già spostando milioni di persone verso il nord del mondo, oppure il riscaldamento del Mediterraneo che sta modificando la fauna ittica introducendo pesci tropicali che ammazzano quelli autoctoni, ci rendiamo subito conto che il disastro non è più solo annunciato, eppure la stragrande maggioranza non ne prende neppure atto.
Ognuno di noi consuma, per le semplici necessità domestiche, 213 litri di acqua, praticamente due vasche da bagno colme. Senza pensarci troppo se ne vanno circa 40 litri per cucinare e lavare, dagli 8 ai 30 litri per lo sciacquone, 170 litri per la lavatrice, dai 50 ai 100 litri per la pulizia quotidiana. Solo un litro o due per bere, spesso senza sapere cosa beviamo, quali proprietà e caratteristiche.
“Con quella sprecata in Italia disseteremmo 43 milioni di persone” si leggeva sulle prime pagine de La Repubblica, lo scorso anno, nell’articolo di Elena Disi dedicato allo spreco d’acqua, uscito proprio in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua.
Abbiamo i consumi d’acqua più alti d’Europa, con un numero impressionante: 422 litri di acqua potabile erogati al giorno per abitante. Metà dell’acqua che scorre nelle nostre tubature non arriva nei nostri rubinetti e questo certo, direte, non è un’area di intervento su cui abbiamo potere.
Invece non è così, lo spreco domestico, le scelte alimentari, il recupero dell’acqua in cucina e in agricoltura sono aree in cui possiamo agire direttamente.
Ecco l’impegno delle persone comuni, di noi tutti, dove si può indirizzare. Per farlo è necessaria una mobilitazione dal basso, dalle comunità nei paesi, quelle più facilmente raggiungibili e coinvolgibili, che sanno quali sono i problemi della propria rete idrica, che possono parlare ai loro sindaci, metterli davanti al problema, chiedere di intervenire. Dal basso si può ancora fare cultura, affrontare i problemi, cercare le soluzioni.
Questo, per noi, è l’obiettivo minimo per celebrare la Giornata Mondiale dell’Acqua 2024!