Cerca

Premi INVIO per cercare o ESC per uscire

A pesca nel Cilento, tra triglie rosse e alici di menaica

17/04/2023

A pesca nel Cilento, tra triglie rosse e alici di menaica

Quando la stagione si addolcisce le acque della costa del Cilento tornano a vivacizzarsi. Non si tratta soltanto di appassionati e di turisti, ma anche dei piccoli pescherecci e delle barche che hanno l’autorizzazione per pescare le triglie rosse di Licosa e le alici di menaica.

Due storie dalle lunghe radici, due simboli fortissimi della biodiversità di un’area che manifesta la sua generosità anche attraverso i frutti del mare.

La triglia rossa di LicosaLa triglia rossa di Licosa

La triglia rossa di Licosa

Viene pescata solo nell’Area Marina Protetta Santa Maria di Castellabate, in primavera e in autunno. Iscritta nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Campania nel 2017, è una triglia di scoglio. Il suo corpo è lateralmente un po’ compresso e il muso è obliquo, ha spessi barbigli e nessuna spina sull’opercolo. Inserita tra i prodotti dell’Arca del Gusto nel 2022, in quanto simbolo della biodiversità marina dell’area e a sua tutela. Ma cos’è che la rende speciale?

Innanzitutto, la caratterizza il suo colore rosso vivo sul dorso dovuto alla sua particolare alimentazione. In questo specchio d’acqua cresce la Posidonia, una vera e propria pianta marina, e si ritrova il famoso flysch del Cilento, una tipologia di roccia, composta da vari strati di arenaria, argilla o calcare. Quest’ultimo consente la formazione di cavità, in cui si sviluppano diverse specie di fauna e flora marina. In particolare, il flysch sostiene lo sviluppo di piccoli crostacei di cui la triglia è ghiotta, i quali contribuiscono alla sua colorazione.

Sfilettatura della trigliaSfilettatura della triglia

La triglia rossa di Licosa vive ad una profondità che va dai 10 ai 50 metri e, data la presenza di scogli affioranti, se ne pescano solo circa 20 Kg al giorno per barca. Viene utilizzato il tremaglio, rete da posta disposta verticalmente, lasciata in mare in modo che siano le prede a raggiungerla e a rimanervi impigliate.

La vera triglia rossa, che non è quella pescata nel fango dalle paranze, ha un sapore delicato e carni bianche. È il vanto dell’Associazione Pescatori di Castellabate (composta da una ventina di pescatori locali) e di Assunta Niglio, appassionata coordinatrice del progetto Triglia di Licosa: la dimostrazione che una pesca sostenibile è possibile! 

Oltre ad essere consumato fresco, questo delicato pesce viene trasformato nel laboratorio di Donatella Marino a San Marco di Castellabate. Viene sia marinato che conservato sotto sale, come vuole la tradizione.

GozzoGozzo

Le alici di menaica

Hanno sempre fatto parte del racconto di questo territorio, dando vita ad uno dei primi Presidi Slow Food del Cilento. Menaica non è un luogo ma una rete, rappresenta un metodo di pesca antica e sostenibile che resiste ormai solo a Pisciotta. È fatta da maglie abbastanza larghe da consentire di trattenere soltanto i pesci più grandi, rispettando i cicli naturali e la riproduzione.

Una tecnica che si stava abbandonando quasi del tutto, fino all’istituzione del Presidio e alla nascita di una prima azienda con laboratorio volta alla trasformazione della materia prima a Marina di Pisciotta. 

Pisciotta e MarinaPisciotta e Marina

Le alici di menaica si pescano nelle giornate di mare calmo, tra aprile e luglio: si esce all’imbrunire e si stende la rete sbarrando il loro percorso al largo. I pesci si estraggono dalle maglie, staccando la testa ed eliminando le interiora. Ma, soprattutto, si lavorano immediatamente: si lavano, si dispongono alternate a strati di sale. La stagionatura dura almeno tre mesi, ma si mangiano ovviamente anche fresche, crude o cotte. Carni chiare tendenti al rosa, un profumo intenso e delicato. Chi le conosce sa che sono inconfondibili. 

A pesca nel Cilento, tra triglie rosse e alici di menaica

Il piatto per eccellenza di Marina di Pisciotta è il cauraro, una zuppa primaverile. Viene realizzato con patate, cicorie e fave cotte con le alici sotto sale, a cui vanno aggiunte, a fine cottura, le alici fresche. 

Gli unici due laboratori artigianali che lavorano le alici di menaica e le trasformano sono quello di Donatella Marino a San Marco di Castellabate e Aura di Luca Cella a Palinuro. 

a cura di

Antonella Petitti

Giornalista, autrice e sommelier. Collabora con diverse testate, tra radio, web e carta stampata. Ama declinare la sua passione per il cibo e i viaggi senza dimenticare la sostenibilità. Sempre più “foodtrotter” è convinta che non v’è cibo senza territorio e viceversa.

Condividi