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A proposito del 1° giugno

27/04/2020

A proposito del 1° giugno

Ma davvero qualcuno pensava che il 4 maggio i bar e i ristoranti aprissero? Magari sono quegli stessi che hanno passato questo lungo tempo ad aumentare l’allarmismo verso la categoria indicando che sarebbero stati necessari (obbligatori) i separè di plexiglass tra i tavoli o altre misure che non avevano nessuna base scientifica.
Perché sta qui il danno vero, quello di aver fatto passare i ristoranti come i luoghi dove sarebbe apparso più difficile il distanziamento sociale.
E, di fronte a questo, il governo ha pensato bene di allungare la riapertura, mettendo così a disposizione le soluzioni necessarie per tempo per prepararsi, confidando che si avvalga di persone che conoscono a fondo il settore.
Uno dei tanti errori di comunicazione del comparto che, invece, non ha sprecato mezza parola per chiedere di essere assimilato al turismo, non ha mai parlato della filiera che riguarda la ristorazione, fatta da agricoltori, produttori, distributori, e che avrebbe dato un peso diverso alle richieste.
Non servono gli scioperi fiscali se non si è davvero uniti, tutti, verso un unico obiettivo, non servono le serrate virtuali per aprire una riflessione seria sul settore della ristorazione come componente essenziale del turismo in Italia.
Ho apprezzato molto la riflessione di Piero Pompili, maitre del Cambio di Bologna, quando afferma che nel “momento in cui tutti si lamentavano di quanto fosse poco poetico aprire servendo con mascherine, guanti, protezioni in plexiglas, rilevamento della temperatura, annotazione dei dati dei clienti, riduzione dei coperti e chi ne ha più ne metta, il disagio sociale non faceva altro che chiedere a voce alta che in queste condizioni era meglio non aprire, quindi, inconsapevolmente non facevate altro che non dare una soluzione a un problema che comunque andava affrontato. Per chi vi leggeva, eravate il malcontento fatto persona”.
E poi, non è forse meglio avere un mese in più per evitare qualcosa che succederebbe sicuramente e che, allora si statene certi, rovinerebbe definitivamente il settore: avere una persona positiva al Covid-19 che infetta qualcun altro proprio in un ristorante o in un bar.

Luigi Franchi

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