Cerca

Premi INVIO per cercare o ESC per uscire

«A Vin di Bene», il lambrusco solidale

16/04/2024

«A Vin di Bene», il lambrusco solidale

Ci sono vini che suscitano forti emozioni, ma non pensate a etichette da collezione e bottiglie milionarie. Il vino di cui sto per parlarvi si misura con altri valori. Questo lambrusco è portatore di molteplici emozioni, perché è buono come certi sapori che rimangono vivi a lungo nei ricordi remoti, ma soprattutto perché intorno ad esso si è innescata una catena di solidarietà che permette di vendere tutte le bottiglie prodotte a ogni vendemmia devolvendo l’intero ricavato per sostenere (A Vin di Bene) il Caritas Baby Hospital di Betlemme, la Casa delle Donne di Parma, la Mensa di Padre Lino e "La valigia di Anna e Marco" che porta un sorriso e un po’ di normalità ai bambini in fuga dalla guerra.

Della vendita se ne occupano osterie, bar e famose enoteche parmigiane, note trattorie come “Ai Due Platani” e “Antichi Sapori” (che fa parte della rete di ristoranti etici AMODO) ma anche edicole di quartiere e tante botteghe alimentari e non, tutti generosamente impegnati a sostenere le finalità benefiche di quel lambrusco traendone come solo profitto grandi soddisfazioni morali.

Questo vino lo produce Antonio Mascolo, amico mio dall’adolescenza, complice in teatro e grande giornalista, per vent’anni direttore della Gazzetta di Modena e poi fondatore e responsabile per altri dieci della testata on line di Repubblica Parma. Lo affianca in questa nobile avventura una banda di bene-fattori parmigiani: Lucio Rossi, Roberto Mascolo, Elisabetta Salvini, Chiara Cacciani, Stefano Salati di Pubbli Service, Franco Caravita, Angelo Ferrari. 

La vigna urbana ultracentenaria La vigna urbana ultracentenaria

«A Vin di Bene» è un “lambrusco” generato da tre varietà di uva: Lambrusco, Moscato bianco, e una varietà dotata di una forte dote zuccherina, sembrerebbe Termarina, antico vitigno parmense celebrato a suo tempo da Luigi Veronelli, che rinforza il grado alcolico del blend fino a fargli raggiungere i 13 gradi. Presenta note aromatiche ricche e complesse, leggermente abboccato con un gradevole ritorno amaro, sgrassante in bocca. Viene spremuto dai grappoli dall’ultima vigna urbana, ultracentenaria, che forma un grande bersò sul fianco della casa costruita nel 1913, allora in aperta campagna, in cui Mascolo vive. Oggi è circondata dal nuovo tessuto urbano, in Viale della Villetta, nel cosiddetto “Oltretorrente”, “di là dall’acqua” del torrente Parma, in dialetto “la Pärma”, femmina portatrice di acqua vitale ma anche “voladōra” quando in autunno il carattere diviene improvvisamente tumultuoso con ondate di piena che monta come l’umore di certi animosi popolani che eleggevano il proprio domicilio in osterie sfumate nella nebbia del passato. L’Oltretorrente è quella metà resistente della città che, con le sue barricate nel 1922, fece deviare la marcia su Roma irridendo poi il quadrumviro del fascismo Italo Balbo con una scritta sugli argini del torrente: “Balbo, t’è pasé l’Atlantic, mo miga la Pärma”. (Balbo, hai passato l’Atlantico ma non il torrente Parma).

A quella metà Antonio Mascolo ha da sempre legato il proprio cuore dedicandole preziosi volumi fotografici (il nostro è anche un ottimo fotografo) mentre recentemente con “Tracce di Parma, una mappa affettiva” (Libreria Ticinum), giunto già a multiple riedizioni, ha voluto celebrare il ricordo di personaggi, più o meno noti, che hanno nella città ducale lasciato tracce che si assommano in una sorta di «Spoon River» parmigiano con una prosa che ricorda certe pagine di Luigi Malerba.
Ma torniamo al lungo cammino che lo porta da giornalista a farsi vigneron. 

Antonio Mascolo, Lucio Rossi e altri amici di A Vin di BeneAntonio Mascolo, Lucio Rossi e altri amici di A Vin di Bene

Nel 23 aprile del 2004 in Israele c’erano cavalli di frisia e soldati ovunque, carri armati, cecchini, non meglio di oggi. E stava nascendo un muro. Il cardinal Ruini con la Conferenza Episcopale e il Centro Sportivo Italiano ottennero una tregua di tre giorni per far svolgere la prima edizione della Corsa della Pace, da Gerusalemme a Betlemme, 10 km scarsi ma di grande peso simbolico. Fra i partecipanti c’era Mascolo assieme a monsignor Carlo Mazza (poi vescovo di Fidenza), monsignor Liberio Andreatta, padre Ibrahim Faltsas, gli olimpionici Eddy Ottoz , Piero Poli e Fabrizio Dalla Fiori, il campione del mondo di ciclismo Moreno Argentin, leggende delle 100 km di corsa come i gemelli Loris ed Elvino… Poi a darsi il cambio al check point atleti israeliani e palestinesi, tutti portatori di una speranza di cambiamento. 
 

Qualche tempo dopo Papa Giovanni Paolo II arrivò da quelle parti a implorare “Non muri ma ponti di pace”, non riuscendo però a fermare la costruzione della barriera di separazione dai territori palestinesi in Cisgiordania arrivata a quasi 800 chilometri.

«A Vin di Bene», il lambrusco solidale
«A Vin di Bene», il lambrusco solidale

Fu in quell’occasione che Antonio ebbe occasione di visitare il Caritas Baby Hospital di Betlemme, una realtà unica dove convivevano e lavoravano israeliani e palestinesi, ebrei e musulmani. Quell’ospedale pediatrico, l’unico in territorio palestinese, che curava sia bambini israeliani che palestinesi è stato una delle prime vittime del Muro. I bambini israeliani non venivano più curati lì, quelli palestinesi dovevano fare giri di ore per arrivare e in caso di condizioni disperate dovevano attendere al check point le ambulanze da Gerusalemme, uniche abilitate a portarli in nosocomi con le rianimazioni e altre specialità. 

In quell’ospedale ha conosciuto suor Donatella Lessio , che appare di spalle nella etichetta di “A vin di bene” e suor Lucia Corradin.

«A Vin di Bene», il lambrusco solidale

Rimangono in contatto negli anni poi suor Donatella arriva a fargli visita a Parma, e un giorno a pranzo guardando la vigna centenaria disse “Scusate, io sono di Bassano del Grappa e di queste cose me ne intendo, ma fatela fruttare a Vin di bene, questa vigna, fateci qualcosa di utile.”

Antonio ne parlò con Lucio Rossi, fotografo di fama internazionale, produttore di vino ed esperto degustatore, che lo mandò a lezione di potatura e con lui fecero la prima vendemmia dieci anni fa, sbagliando il primo anno perché ne risultò un vino fermo, ma da allora le azzeccano tutte. 

Poi, per rinforzare la raccolta di fondi incrementando il numero di bottiglie da mettere in vndita, 10 anni fa hanno piantato un po’ di barbatelle sulle colline di Rivalta, ospiti di Mauro Ziveri, appassionato allevatore di razze a rischio di estinzione, coltivatore di varietà antiche di vegetali e ideatore del Rural Festival www.rural.it

Quest’anno «A Vin di Bene” festeggia la decima vendemmia con 550 bottiglie. La sola vigna urbana di Antonio Mascolo non sarebbe mai stata capace di tanta resa anche se è sempre molto produttiva, nonostante le variabili climatiche, perché lì sotto corre la condotta dell’acquedotto (senza allusioni all’acqua che si fa vino perché qui è dall’uva che nasce il processo, non da acqua miracolata).

a cura di

Bruno Damini

Giornalista scrittore, amante della cucina praticata, predilige frequentare i ristoranti dalla parte delle cucine e agli inviti nei salotti preferisce quelli nelle cantine. Da quando ha fatto il baciamano a Jeanne Moreau ha ricordi sfocati di tutto il resto.

Condividi