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AAA Tecnici dell'industria alimentare in formazione

22/03/2022

AAA Tecnici dell'industria alimentare in formazione

È estesa la filiera dell’agroalimentare, di cui – a ben ricordare – la ristorazione è solo uno spicchio.
Sono molte le figure professionali necessarie perché tutto il sistema funzioni nel migliore dei modi, anche a  beneficio della ristorazione stessa.
E siccome le informazioni utili noi le vogliamo fare circolare, oggi racconteremo di un istituto professionale, il J.P. Beccari di Torino, che si occupa di formare tecnici dell’industria alimentare, ossia figure che modellano il loro sapere fra laboratori di chimica e di trasformazione con impianti semi-industriali, arrivando ad avere una buona conoscenza delle materie prime, degli alimenti e della preparazione degli stessi. Perché il pensiero del dirigente, Pietro Rapisarda, è che questi ragazzi facciano sul serio.

AAA Tecnici dell

Un parco attrezzature importante per una scuola
Il passato di questo istituto, che nasce infatti nel 1918 come Regia Scuola tecnica per l’Arte Bianca e l’industria Dolciaria, ha portato in dote una forte specializzazione in materia di farine, con un intero laboratorio dotato di preziose attrezzature quali   l’alveografo, l’estensografo, il farinografo che consentono una valutazione non solo delle farine ma anche dell’impasto. Diversi anni addietro era attivo anche un molino didattico, dismesso dal Ministero dell’Agricoltura e donato all’istituto, che oggi svetta in tutta la sua bellezza in una sezione della scuola, in attesa di avere l’ok per ripartire.
C’è un parco attrezzature importante in questo istituto che il dirigente sta contribuendo ad alimentare seguendo una logica ben precisa “Io non amo comprare giocattoli per la scuola – spiega Rapisarda prima che inizi il nostro tour per i laboratori - ma attrezzature vere, industriali, di produzione, che i ragazzi potrebbero trovare nei luoghi dove si produce o anche solo ,limitarsi ad acquisire quei parametri fondamentali per interagire con i processi produttivi”.

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Basta guardare all’ impianto per la birra, con una capacità produttiva di 100 lt di prodotto. “Non ci atteniamo a uno standard – raccontano Michele La Zazzera, docente di Scienze dell’alimentazione e Dario Tutino, tecnico pratico di laboratorio – ma siamo per provare miscele nuove. A Natale abbiamo realizzato una birra con spezie tipiche di queste festività: zenzero, cardamomo, cannella, scorza d’arancia e caramello. Oggi invece ci cimenteremo in una birra rossa, con malti e luppolo. Intanto i ragazzi, come vedete, stanno pesando gli ingredienti e c’è chi lava i tini, prima di iniziare la produzione”.

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Gli scarti diventano parte di un nuovo processo produttivo
“In questo processo – come ci fa notare il prof. Giorgio Fattor, docente di Tecnologie applicate ai materiali e processi produttivi – il nostro impegno è di recuperare gli scarti della birra per renderli parte di un nuovo processo produttivo, elevandoli a nuova materia prima per pane, taralli, pasta fresca e altri prodotti alimentari. Questo ci ha fatto vincere un concorso nazionale, promosso dal Gruppo Greenthesis, lo scorso anno”.
Un’altra attrezzatura molto utilizzata è l’impianto per le conserve, pure questo semi industriale, che lavora a bassa pressione, consentendo di realizzare confetture e conserve (ultimamente anche il ketchup) che mantengono proprietà nutritive inalterate.

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Ci affacciamo ad un grande laboratorio dove i ragazzi sono suddivisi in due gruppi: il primo sta lavorando alla preparazione dello yogurt, rigorosamente con latte in scadenza, e salsa di pera, ricavata da frutta troppo matura per essere consumata diversamente. Una volta pronto il prodotto, verrà fatto un panel test al bar della scuola, si raccoglieranno le osservazioni, si modificherà la ricetta per poi passare alla produzione definitiva e alla vendita, a un prezzo morigerato, nel bar della scuola stessa.
Un altro gruppo di studenti sta producendo sapone e assembla olio esausto proveniente dalle cucine e opportunamente filtrato, e luppolo di scarto nella produzione della birra, a cui viene aggiunto idrossido di sodio, che è l’unico piccolo costo da sostenere, essendo tutto il resto di recupero, come è di regola in questo istituto. 

a cura di

Simona Vitali

Parma, la sua terra di origine, e il nonno - sì, il nonno! - Massimino, specialissimo oste, le hanno insegnato che sono i prodotti, senza troppe elaborazioni, a fare buoni i piatti.
Non è mai sazia di scoprire luoghi e storie meritevoli di essere raccontati.
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