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Affondare le mani nella vita

22/10/2021

Affondare le mani nella vita

Un risotto alla trota affumicata, burro al limone e polvere di cappero, all’onda, perfetto, servito a pranzo in una scuola alberghiera, non è passato inosservato al nostro palato.
Il pensiero è corso ai ragazzi in cucina, impegnati, insieme al loro professore, in una perfomance di livello che, a dire il vero, si è mantenuta tale fino alla fine.
Il professore. È su di lui che si è concentrata la nostra attenzione. Lo abbiamo chiamato fuori dalla cucina, come si fa con gli chef nei ristoranti, perché in simili casi il suo ruolo non è meno importante: sta aprendo lo sguardo dei suoi ragazzi, fin dai loro primi passi, verso una cucina veramente di qualità. Che se qualcuno ha la fiammella in potenza quella può diventare passione.

Luca Grosso, 43 anni, da cinque insegnante di ruolo, ha iniziato la sua esperienza di prof di cucina a Udine,
all’istituto Stringher, e ora all’istituto Paschini-Linussio di Tolmezzo, dove lo abbiamo incontrato.
“È stata una vecchia foto dell’800, in cui mi sono imbattuto – spiega Luca Grosso - che ritraeva cuochi con le divise linde e grandi cappelli e pentole che sobbollivano sullo sfondo, ad affascinarmi a tal punto da desiderare di intraprendere questo percorso. E così ho fatto. Avevo 14 anni. A partire dal primo anno di alberghiero, allora che si poteva, ho iniziato subito con le stagioni in Trentino e in Veneto. Devo dire che, seppur intense, le ho vissute con una certa incoscienza, leggerezza, finché non ho deciso di fermarmi nella mia terra, il Friuli”.

Due sono le esperienze che hanno lasciato un segno importante nel  suo percorso di crescita professionale:
“la prima- racconta il docente-  è quella vissuta al ristorante Là di Moret, uno storico e frequentatissimo ristorante di Udine, rinomato sia per la cucina tradizionale che per quella rivisitata, molto riflessiva e per nulla scontata. Un ambiente sano, di quelli che ti fanno lavorare in armonia. L’altra presso il bistellato Agli amici 1887 a Godia, dove Emanuele Scarello, che in quegli anni - era inizio 2000 - frequentava la Spagna, mi ha aperto un altro mondo: materie prime nuove, tecniche eccezionali. Indimenticabile la signora Ivonne, mamma di Emanuele, cuoca d’altri tempi. La prima ad entrare in cucina e l’ultima ad uscire. Metteva tutti in riga!”

Luca Grosso, docente di cucinaLuca Grosso, docente di cucina

Dalla cucina alla scuola
Poi quel richiamo verso la scuola, le prime supplenze e il comprendere che quella poteva essere la strada.
Sono entrato nella scuola - racconta Luca Grosso - con la rigidità di chi proviene da un mondo, quello della cucina, con regole ferree. E ho sbagliato. Ho scoperto che la dimensione scolastica è molto più complessa. I ragazzi fra i 14 e i 18 anni hanno fragilità e punti di forza, voglia e bisogno di parlare. Appena mi sono accorto di questo ho cambiato il mio approccio. Ciascun studente ha bisogno di vedere riconosciuta la sua specificità. Bisogna quindi trovare la chiave che ti permette di entrare nella sua persona. Ricordo di un ragazzo che ho acquisito in quinta: svogliato, non ci avrei scommesso. Oggi è executive chef a Shanghai. Altra cosa che rilevo sempre più è che le nuove leve sono entusiaste sì ma non hanno voglia di sacrificarsi più di tanto. Non è facile fargli capire che per raggiungere risultati occorre tanto sacrificio. Su questo bisogna lavorare subito, sin dai primi giorni di scuola. Quindi occorre saper ascoltare ma al tempo stesso essere autorevoli, dare poche regole chiare e condivise. Insisto molto con i ragazzi per far capire loro che il mondo della ristorazione è molto esteso e, oltre agli stellati a cui tendono sempre a guardare, ci sono ristoranti, trattorie, osterie che lavorano molto bene e possono dare ugualmente soddisfazioni lavorative”

Un piatto di tortelliUn piatto di tortelli

Il patrimonio dei nostri prodotti e ricette
Al di là degli scambi con colleghi cuochi su nuove idee o tecniche, Luca Grosso sente il bisogno di tenersi continuamente aggiornato. Acquista libri, approfondisce argomenti che non è detto che poi riesca ad affrontare tutti a scuola, ma intanto li incamera.
Più di tutto lo appassionano la ricerca e lo studio di materie prime/prodotti e ricette “un vero patrimonio che abbiamo - dice - di cui non ce ne rendiamo neanche conto e da cui credo dovremmo far partire la rinascita del settore. Le affronto nella teoria, dandogli continuità nella pratica, durante le mie lezioni.
Arrivati in quinta, con i ragazzi si sviluppa un rapporto di collaborazione, per cui, ad esempio, una mia allieva mi parla di un formaggio che producono nella latteria nel paesino dove vive la nonna. E pure avanza l’idea sul come utilizzarlo. Un’altra che vive a Carcivento ha trovato un vecchio quaderno di ricette di famiglia. L’ha portato a scuola e insieme abbiamo rivisto e provato le ricette.

Lasciar fare gli errori
“Pur essendo un insegnante attivo – prosegue - che va da una postazione all’altra, mi sono imposto di lasciarli fare. Bisogna che sbaglino. Poi dobbiamo essere capaci di farli riflettere su questi errori”.
Spunti di quotidianità: ci dicono che l’affondare le mani nella vita, restando sul pezzo, per un professore di alberghiero è certamente una risposta alla sua vera missione.


Simona Vitali 

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