Com’è lavorare “fuori”?
“È un lavoro molto difficile questo, chiunque ci si stia affacciando deve averlo ben chiaro. Ogni movimento del corpo dev’essere filtrato con anticipo dalla testa. Noi lavoriamo in diretta, niente stop and rewind. Se esci e stai impanicato ti vedono. Se esci e sei scocciato pure. Se c’è un problema dell’ultimo secondo anche. A meno che tu non sia bravo bravo, vispo e accorto, da saperlo gestire. E per riuscirci, dovresti essere nato per fare questo lavoro”.
Un po’ come i tuoi ragazzi in sala…
“Sono felice che si percepisca la loro bravura. Con loro lavoriamo molto, per incentivarli a crescere, a tirar fuori l’indole dell’accoglienza e del servizio che hanno dentro. Una sala solida, soprattutto se giovane, ti da forza, e noi l’abbiamo capito”.
Da cosa partite te e i tuoi ragazzi per “centrare” un pasto, una serata?
“Sensibilità, psicologia del cliente, sono tutti elementi che servono, vero. Ma nel concreto…. Si parte dalla prenotazione!Un passaggio cruciale per la buona riuscita dell’esperienza del cliente: dalla prenotazione si posso trarre tantissime informazioni per tracciare il profilo di chi siederà al tavolo. È un lusso poter anticipare le sue esigenze, le sue richieste, prima ancora che questo arrivi al Pipero.”
Da nemmeno un anno hai/avete cambiato residenza. Ti senti/vi sentite a casa?
“Domanda acuta. Non tutti pensano a quanto importante sia sentirsi a casa nel luogo di lavoro. Per noi poi, che qui dentro in un certo senso ci viviamo, lo è ancora di più. Questo nuovo spazio, così ampio, in pieno centro, è in realtà molto “casa”. È il nostro spazio e ci permette di fare ciò che vogliamo: una ristorazione di un certo tipo, in un luogo di un certo tipo, con uno stile di un certo tipo”.