“Si scoprono molte cose delle persone mangiando insieme il cioccolato. Si aprono, lentamente, le porte che celano il loro Sé più intimo, si lasciano coinvolgere dalle sensazioni e, talvolta, svelano qualche segreto… Quando succede, quando c’è desiderio di allentare le apparenze per dare giusto spazio all’essenza, so cosa fare assaggiare, quale sarà il sapore che si plasmerà attorno a quelle percezioni, trasformandole in emozioni.” Non siamo a Le Cèleste Praline e a parlare non è Vianne, la protagonista di Chocolat; siamo a Pontedera, una manciata di minuti da Pisa e la voce è quella di Cecilia Tessieri, maitre chocolatier e proprietaria di Amedei, l’azienda artigiana leader mondiale nella produzione del cioccolato.
L’avventura dell’imprenditrice prende inizio, nel 1991, quando l’azienda di famiglia che allora si dedicava esclusivamente al commercio le affida un compito arduo: creare un percorso nuovo attorno al cioccolato, che coinvolgesse e controllasse tutta la filiera produttiva, dalla selezione delle piantagioni alla lavorazione passando per la creazione di sapori, gusti e forme nuove. “La decisione della mia famiglia mi ha inserito necessariamente subito nel concetto di iniziare ad imparare” ricorda Cecilia. “Erano gli anni in cui ancora la donna era vista in ufficio – e forse è ancora troppo spesso così anche oggi – non c’erano donne che seguivano e sovrintendevano a tutte le fasi produttive. Non lo nego, avevo paura: di non farcela e di non essere credibile. Ma da qualche parte dovevo iniziare, e per cercare di capire, di creare e di masticare le ricette mi sono lasciata guidare dai ricordi dei viaggi fatti nell’infanzia, dal desiderio di riprodurli andando alla ricerca di quei sapori. Ed è cominciata la mia sfida.”
Consapevole che le competenze non si improvvisano e sotto l’occhio diffidente dei senior del mestiere, Cecilia trascorre ore e ore a “lavorare i ciotoli”, a lavare le stoviglie utilizzate per le prove, e a mettersi in ascolto degli anziani, dei segreti che hanno voluto poco a poco condividere con lei, di quell’arte che non si trova e non si impara sui libri.
“Lentamente capivo che ce la potevo fare. Lavorando si impara tutto: dal fare le praline ad acquistare il tostino per la frutta” e le soddisfazioni sono arrivate: “la prima è stata quella di essere considerata, lavorando solo con uomini, una di loro. Far parte di un mondo maschile e non sentirsi esclusa, fuori posto, un’ospite sgradita, questi erano i miei timori. Il senso di appartenenza che ho invece ricevuto è stato il regalo più grande.” Nel 1998 arriva invece la