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Allarme Coldiretti sull’impiego di latte non italiano

01/04/2011

Allarme Coldiretti sull’impiego di latte non italiano
Tre litri di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia con marchi del Made in Italy sono in realtà stranieri senza indicazioni per il consumatore. Lo stesso vale per il latte impiegato in quasi la metà delle mozzarelle sugli scaffali. 
È quanto afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini, riferendosi al recente caso Parmalat dove la francese Lactalis è salita all’11% del capitale.
«L’italianità va difesa dalla stalla alla borsa – sostiene Merini – e per questo è prioritario un progetto industriale che valorizzi veramente il latte e i quasi 40mila allevamenti italiani e si impegni su un  Made in Italy che, oltre al marchio, contenga materie prime nazionali». 

Come si sa l’etichettatura d’origine del latte è obbligatoria solo per il prodotto fresco e non per il latte sterilizzato a lunga conservazione, il latte UHT, il latte pastorizzato microfiltrato e quello pastorizzato ad elevata temperatura, nonché i prodotti lattiero-caseari.
Nel 2010 ben 8,6 miliardi di litri di latte hanno attraversato la frontiera per essere confezionati dietro marchi italiani.
Senza contare che il latte Uht è il maggiore concorrente del latte fresco, con un consumo procapite di 60 litri annui, inferiore alla media europea. 
I vantaggi del prodotto Uht, rispetto al latte fresco, consistono nella migliore la stoccabilità e il minore prezzo al litro, mentre è in posizione di inferiorità rispetto agli apporti nutritivi e a tutte quelle caratteristiche, anche di immagine, che fanno la forza del latte fresco.
Secondo Coldiretti, è quindi auspicabile che siano gli imprenditori italiani a governare questo processo, in quanto dovrebbero essere più sensibili alla tutela del vero prodotto italiano. Non è più pensabile slegare l’italianità dal coinvolgimento pieno della zootecnia e dell’agricoltura italiana.
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