Cerca

Premi INVIO per cercare o ESC per uscire

Anche in Italia è “passione sake”

10/04/2023

Anche in Italia è “passione sake”

Un italiano appassionato della cultura giapponese, una bevanda versatile ma ancora poco conosciuta in Italia, l’intuizione di una tendenza che si fa strada per conquistare palati e pubblico, un mercato in ascesa. Il trait-d-union tra questi elementi è il sake, popolare in Giappone, esotico e gradevole, trasversale in tavola.


Lorenzo Ferraboschi è un designer italiano: approda in Giappone nei primi anni 2000, dove trova una cultura che lo affascina; una moglie, Maiko; e scopre il sake, ne impara le peculiarità e ne apprezza le qualità. Dal piacere di gustare il prodotto nasce il desiderio di condividerlo e il risultato è un’attività in grado di diffondere e commercializzare il sake. Infatti, intuite le potenzialità del prodotto, tornato in Italia dopo essere diventato Sake Sommelier, Ferraboschi decide di fondare la Sake Company, società verticale che importa e distribuisce sake in Italia con un catalogo di oltre 100 referenze provenienti dalle 47 prefetture giapponesi. 

Lorenzo FerraboschiLorenzo Ferraboschi

Vino o liquore?

Ma cos’è il sake? È una bevanda alcolica che vanta una lunghissima tradizione e viene ottenuta tramite un complesso e antico processo di fermentazione del riso. Riso e acqua purissima sono gli ingredienti base e il Giappone ne è ricco. È un prodotto di primissima qualità, per lo più a produzione artigianale, e segue processi manuali e lavorazioni legate alla stagionalità e alla raccolta del riso.

Parlare di sake in generale sarebbe riduttivo: sono tanti e diversi tra loro. La scelta, infatti, è vastissima: ci sono i più classici e le etichette riserva, gli spumantizzati e gli invecchiati, gli affinati in legno di cedro e il famoso sake torbido, e così via. Un’infinita ricchezza di note, profumi, gusti, con modalità di degustazione da fredda a temperatura ambiente fino a calda per una maggiore esaltazione del corpo e degli aromi. “In Giappone, territorio molto piovoso, l’uva cresce in chicchi enormi, gonfi d’acqua – spiega Lorenzo Ferraboschi – non è adatta alla produzione di vino. Il riso, invece, abbonda ed è di ottima qualità: il sake può essere considerato il “vino” giapponese, ad esso è simile e diverso al tempo stesso”.

In realtà, “sake” è un vocabolo che vuol dire semplicemente “alcol”, a prescindere dal metodo di lavorazione, e quello che viene denominato comunemente “sake” dovrebbe essere chiamato – per correttezza – Nihonshu. Infatti, ogni varietà di sake è soggetta a denominazione che ne identifica la tipologia, un lungo elenco, tutto da scoprire. 

Il processo di produzione

  • Il sake è una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del riso
  • Ha una gradazione alcolica intorno a 14-15 gradi 
  • È fatto per l’80% di acqua e spesso le sakagura (cantine del sake) sono posizionate in aree famose per la purezza dell’acqua sorgiva. L’acqua più adatta per la produzione del sake è ricca di potassio, sodio e magnesio, mentre è povera di ferro e manganese
  • Il riso utilizzato è prevalentemente della varietà Japonica, la più diffusa in Giappone (250 tipologie), suddivisa in Sakamai e Hanmai: la prima viene coltivata appositamente per il sake e la seconda come riso da tavola
  • Alla lavorazione del sake contribuiscono il koji, una spora fungina impiegata per ottenere la saccarificazione degli amidi del riso, in cui gli zuccheri complessi vengono trasformati in zuccheri semplici e, quindi, fermentabili, e i lieviti di specie differenti utilizzati per la trasformazione degli zuccheri in alcol
Lavorazione del risoLavorazione del riso

Il processo di lavorazione è composto di numerose fasi:

  1. il chicco viene sbramato, ossia levigato con apposite macchine per ridurre grassi, proteine e minerali 
  2. viene lavato e messo in ammollo e poi sbollentato a vapore
  3. al riso viene aggiunto del koji: il koji saccarifica l’amido del riso, permettendo la successiva fase di fermentazione
  4. il riso saccarificato viene amalgamato con acqua, lievito, acidi lattici e riso sbollentato allo scopo di creare lo “shubo”, la madre del sake, ovvero il composto di base per la fermentazione che avverrà in taniche mantenute a temperatura costantemente bassa e durerà circa 30-35 giorni
  5. a questo punto avviene la pressatura, detta joso o shibori, per separare la parte solida da quella liquida
  6. seguono filtraggio e pastorizzazione e, infine l’imbottigliamento
  7. il sake non necessita di invecchiamento o maturazione.

Quanti sono i sake e come si consumano?

Esistono diverse classificazioni di sake, in base alle percentuali di levigatura e di alcol aggiunto. Levigando si eliminano elementi indesiderati come proteine e grassi e, pertanto, il prodotto finito acquista maggiore aromaticità ed eleganza. Secondo la tipologia, il sake manifesta persistenza e carattere; il gusto può essere avvolgente e morbido, ideale da gustare freddo, oppure elegante nella struttura, o corposo e fragrante adatto ad essere scaldato. Perché esistono modalità di consumo differenti e a seconda della tipologia il sake può essere servito freddo, caldo o a temperatura ambiente. Si consiglia di non superare mai i 55°C e Lorenzo Ferraboschi suggerisce: “Il sake è una bevanda che può essere gustata a tutto pasto e, a seconda della tipologia e della temperatura di servizio, si adatta a essere abbinata a tutte le cucine e pietanze, inclusa la cucina italiana”. I sake aromatici si preferiscono freddi, quelli più corposi, riscaldati. Come principio di base, la scelta può orientarsi, secondo Ferraboschi, con questa regola: “freddi coi piatti freddi e caldi con quelli caldi, è molto semplice ed è una questione di armonia”. 

Guida al sake di Lorenzo FerraboschiGuida al sake di Lorenzo Ferraboschi

Il sake e la tavola

Portare in tavola il sake è un gesto che aggiunge raffinatezza al pasto. Come un buon vino d’annata, anche il sake segue regole di abbinamento che mirano all’equilibrio dei sapori e all’esaltazione delle singole note aromatiche. “Il modo migliore per degustare del sake a tavola – spiega Lorenzo Ferraboschi – consiste nell’annusare la bevanda senza roteare il bicchiere per cogliere i sentori, bere un sorso di sake, introdurre in bocca il cibo e masticarlo brevemente per amalgamarne i sapori, senza deglutire, assumere un altro sorso di sake e continuare la masticazione mescolando cibo e bevanda, poi deglutire. Questo metodo permette di percepire tutti gli aromi e i sapori che il sake, unito al cibo, sprigiona, amplificandoli ed esaltandoli”. 

Non tutti i sake sono uguali, come si è detto, pertanto una breve guida all’abbinamento può essere riassunta come segue:

  • la carne si sposa perfettamente con un honjo-zo dal carattere ricco, oppure con dei junmai o dei sake invecchiati, meglio se serviti a temperatura ambiente; queste tipologie sono perfette come accompagnamento alla carne grigliata, a salumi e insaccati, perché vanno ad accentuare il sapore forte e intenso della stagionatura; honjo-zo, futsu-shu dal sapore fresco, e junmai ginjo si consigliano con le carni bianche
  • il pesce, soprattutto bianco, servito come ingrediente principale o come ingrediente per un sugo, si può abbinare a un calice di junmai ginjo o junmai daiginjo; i pesci con maggiore contenuto di grasso, o cucinati con ricette più speziate, si abbinano perfettamente con un junmai, dal gusto leggermente più deciso
  • per formaggi freschi e morbidi, abbiniamo un junmai, un honjozo, oppure un junmai ginjo dal gusto più ricco, piuttosto che un sake leggermente invecchiato; a quelli stagionati o erborinati, si può accostare un sake dall’invecchiamento più lungo, dove le note di umami

primeggiano e c’è una componente lattica importante.

  • e i dolci? Perché no. Il mondo dei sake invecchiati è il più indicato da gustare con il cacao. 
Milano Sake ChallengeMilano Sake Challenge

Il sake in gara, tra sommelier e appassionati

Punto di riferimento per degustatori, operatori e appassionati, la Sake Company è oggi anche strumento di diffusione culturale con la Sake Sommelier Association (SSA), l’unica associazione specializzata nella certificazione di sake sommelier operante fuori dal Giappone. Spiega Lorenzo Ferraboschi: “è importante per noi procedere nella comunicazione dei valori del prodotto; per questo operiamo attraverso corsi, workshop e masterclass in cui si formano e certificano sake sommelier. Tra le azioni intraprese in questi anni, l’ideazione, nel 2019, della Milano Sake Challenge, evento a cadenza biennale dove vengono premiati i migliori sake. La prossima edizione si svolgerà a Milano nel mese di giugno e oltre ai consueti premi per i migliori sake, verranno premiati il miglior design delle bottiglie e i migliori sake da abbinare a specifici piatti italiani. Il sake è una bevanda che offre infiniti spunti perché è dotata di note aromatiche declinabili quasi all’infinito: si sposa idealmente con la cucina di ogni stile e tradizione perché riesce a valorizzarne le specificità con eleganza e delicata intensità. Una volta provato, non lo si lascia più”.  

a cura di

Marina Caccialanza

Milanese, un passato come traduttrice, un presente come giornalista esperta di food&beverage e autrice di libri di gastronomia.
Condividi