Dopo averli ascoltati, uno ad uno, con la massima attenzione, raccontare le loro aspirazioni, il motivo che li ha portati a frequentare il corso sul servizio di sala in ALMA, la scuola internazionale di cucina con sede a Colorno (PR), Antonio Santini, patron del ristorante Dal Pescatore, ha iniziato la sua lezione puntualizzando “il massimo del rispetto e della stima” che nutre nei loro confronti.
I motivi risiedono nel fatto che tutti, proprio tutti, hanno spiegato con grande lucidità il perché si trovano lì, anche confessando la casualità, a volte; poi Santini è rimasto colpito dalla forte percezione di desiderio di fare, ma ancor prima di apprendere, che contraddistingue il loro percorso.
“Dovete cercare di capire ogni cosa che vi viene insegnata e adattarla alle diversissime situazioni che vi troverete a fronteggiare. La professione che state per intraprendere non è e non sarà mai uguale a sé stessa, in nessun giorno e in nessuna condizione. Quindi l’apprendimento della teoria prima e della pratica conseguente vi potrà essere di grande aiuto se saprete coniugarli alla flessibilità”.
Antonio Santini è entrato subito nel vivo di una serie di riflessioni che disegnano la società contemporanea e come oggi ci si rapporta alla ristorazione, spiegando che “ci sono due modi per andare al ristorante: per criticare o per capire. Viviamo in un periodo dove ad essere esaltata, dai media e dal linguaggio comune, è la negatività. Troppo spesso solo per sentito dire. Oppure l’altro eccesso, parlando di ristorazione, che è l’affascinante professione del cuoco. Uso con ironia il termine perché quella del cuoco è, in realtà, una delle professioni più dure che ci siano. Ancora oggi!”
Entriamo nel campo dei condizionamenti mediatici che edulcorano la professione come una delle più ambite nello star-system, ma non è così. Sono pochi, molto pochi quelli che emergono fino al punto di dirigere in giacca bianca, sempre perfettamente linda, la brigata di cucina. Per tutti gli altri si tratta ancora di un mestiere che comporta dalle 12 alle 14 ore in cucina, senza vedere cosa succede fuori da quella porta.
“E poi è statisticamente provato che tutti quelli che oggi frequentano i corsi di cucina negli istituti alberghieri non potranno trovare il posto di lavoro qui in Italia”, prosegue Antonio Santini prima di addentrarsi nel sintetico racconto della sua storia professionale che lo vede, nel 1974, prendere in mano le redini del locale fondato da suo nonno pescatore, inizialmente per la vendita del pesce di fiume e poi, negli anni ’60, trasformato nel ristorante Dal Pescatore. Il successo è arrivato a cadenze regolari: la prima stella nel 1982, la seconda nel 1988, la terza nel 1996.
“Non ho fatto la scuola alberghiera. – prosegue Antonio Santini – Ho sempre dormito sopra al locale e il tintinnio di piatti e bicchieri, che a volte innervosisce le persone, per me è stato un piacevole accompagnamento verso il sonno”.
Nasce così il rapporto di Santini con la ristorazione, accompagnato da un’altra delle sue grandi passioni: “Ho sempre amato andare per ristoranti. Di ogni genere perché sono i luoghi dove, più che altrove, si entra in contatto con la cultura, l’ambiente, la storia. E si impara. Sempre, in ogni occasione”:
Da questa confidenza Antonio Santini trae spunto per trasferire ai ragazzi uno dei tanti preziosi suggerimenti che emergeranno nel corso della lectio magistralis: “Quando deciderete di fare un’esperienza, fatela durare almeno due anni. È il tempo necessario per capire come ci si muove in una sala, conoscere i gusti e le esigenze della clientela, imparare le infinite variabili della gestione. Infine, per noi, è importante vedere curriculum che non siano la sommatoria di un mese qui, uno là; tra noi ristoratori ci parliamo e quando arriva un curriculum lo verifichiamo”.