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APCI, identikit e manifesto del cuoco contemporaneo

28/03/2022

APCI, identikit e manifesto del cuoco contemporaneo

Chi è il cuoco moderno e come può rispondere alle trasformazioni culturali, economiche e imprenditoriali che il settore e la società stanno vivendo? A questi interrogativi ha cercato di rispondere il palco del Simposio annuale di APCI – Associazione Professionale Cuochi Italiani, con le riflessioni e le testimonianze di illustri rappresentanti del mondo della ristorazione italiana. 

Competenza e talento – ha affermato in apertura dei lavori Sonia Re, Direttore Generale di APCI – sono le parole chiave e gli strumenti per interpretare e rispondere a nuovi modelli di consumo che richiedono una revisione importante del profilo del cuoco e imprenditore moderno. Un professionista che, dopo una pandemia che ha messo in evidenza problemi già esistenti ma sopiti,  deve identificare i bisogni per sapere come rispondere in maniera adeguata”. 

Platea del Simposio APCI, Stelle della RistorazionePlatea del Simposio APCI, Stelle della Ristorazione

Il dibattito ha evidenziato diversi punti cruciali. In primo piano ha ribadito un fenomeno dilagante: pochi giovani, oggi, si rivelano interessati a intraprendere la carriera di cuoco o, comunque, a entrare nel mondo della ristorazione. Assistiamo a un ribaltamento delle aspettative rispetto agli ultimi anni quando frotte di ragazzi abbracciavano il mestiere spinti da false illusioni create dai media. La TV ha fallito divulgando un messaggio erroneo e creando, nei giovani, aspettative infrante dalla realtà. Ha diffuso l’idea che entrare in cucina potesse essere un trampolino per una facile affermazione, ha insegnato competitività al posto di collaborazione e, invece, ha trascurato di comunicare la bellezza di un lavoro fatto di fatica ma anche di grandi soddisfazioni

 

Relatori Tavola rotonda APCI, Stelle della RistorazioneRelatori Tavola rotonda APCI, Stelle della Ristorazione

Diventa fondamentale riuscire a ricreare l’attrattività del mestiere che, causa la pandemia o semplicemente il sistema e l’evoluzione dei costumi, è andata scemando. 

Diventa fondamentale, dunque, saper comunicare il valore del mestiere ma, prima di poterlo fare, serve una riprogrammazione dell’attività che comprenda l’analisi degli aspetti culturali, educativi, sociali e formativi allo scopo di modulare su di essi la ristrutturazione imprenditoriale ed economica dell’attività. 


Alla domanda fondamentale – perché la ristorazione non attrae più? – bisogna rispondere inevitabilmente analizzando le criticità di un sistema che non è supportato da condizioni economiche adeguate. Una delle accuse più frequentemente mosse ai ristoratori/imprenditori italiani riguarda il trattamento economico dei dipendenti, considerato al di sotto della media europea. Qui, si alza il richiamo alle istituzioni, spesso legate a un sistema che penalizza l’imprenditorialità e non concede margine a garantire una qualità della vita adeguata ai suoi operatori. E il problema diventa un gatto che si morde la coda. 

 Sonia Re, Direttore Generale di APCI Sonia Re, Direttore Generale di APCI

Emerge la consapevolezza di essere a una svolta. Opinione comune è che non sia solo la politica a non comprendere le esigenze della categoria, ma la società stessa: per il cuoco serve chiarezza legislativa, il contratto nazionale non corrisponde alle mansioni richieste; non viene dato il giusto valore al prezzo della trasformazione e della gestione; infine, nella famiglia italiana si è persa la cultura del lavoro, l’etica e il senso del dovere. 


Anche il profilo del cliente è cambiato: è più preparato, è più critico, esigente. Rispondere adeguatamente non è sempre facile e richiede da parte del cuoco la capacità di intercettare le nuove esigenze e, soprattutto, saper trasmettere le risposte ai suoi collaboratori i quali, disorientati essi stessi dai cambiamenti in atto, hanno assaporato una libertà che non conoscevano e non vi rinunciano. Chi sceglie la professione di cuoco, oggi, deve essere consapevole dei sacrifici insiti nel mestiere, ma deve anche poterli affrontare con serenità. La risposta potrebbe essere, dunque, un ambiente di lavoro senza conflitti, senza situazioni militaresche, dove 7 giorni su 7 di lavoro possano essere gestiti su turni adeguati. Per ottenere ciò servirebbe minore pressione fiscale e il gatto torna a mordersi la coda. 

Roberto Carcangiu, Chicco Cerea e Cristina BowewermanRoberto Carcangiu, Chicco Cerea e Cristina Bowewerman

Dalle discussioni emerge, però, un elemento indiscutibile: i giovani sono il futuro e attrarli al mestiere, trattenerli appassionandoli, è l’unico modo possibile per garantire la continuità del settore. Come? Con una presa di coscienza delle proprie responsabilità; con un’attività di formazione che trasmetta l’emozione e l’interazione oltre che l’istruzione; valorizzando i talenti e accompagnando chi dubita verso la scelta migliore; trasmettendo cultura del territorio, che si può fare anche restando nel proprio Paese, senza voli pindarici; con la sostenibilità intesa come cultura e qualità della vita. Che non si costringa più i giovani a scegliere tra la vita e il lavoro. 
 

“A questo punto – dichiara Sonia Re – emerge la necessità, secondo noi di APCI, di formulare una sorta di manifesto della figura professionale del cuoco. Cultura e consapevolezza i termini che definiscono il processo. Cultura è una delle parole emerse più spesso nel corso del dibattito; cultura intesa come educazione civica, legame con la scuola e il mondo della formazione, coinvolgimento delle famiglie affinché comprendano il valore del lavoro al quale i nostri giovani si sentono chiamati. Consapevolezza, ovvero presa di coscienza del lavoro che si va a intraprendere; con la giusta percezione, il futuro assume un senso e prende forma. È una sorta di rivoluzione gentile quella che ci prepariamo a intraprendere”. 

È giunto il momento di attuare il cambiamento, che è già annunciato ma ha bisogno di essere definito. Dare ai giovani motivazioni emozionali e, al tempo stesso, concrete è fondamentale per evitare delusioni; ottimizzare i loro sforzi e dare fiducia in loro stessi e in coloro che li guidano di basilare importanza. 

Il punto di partenza è la scuola, che gioca un ruolo indispensabile; le sue criticità, evidenti e difficili da superare, hanno bisogno di sostegno: creare una filiera che unisca istituti alberghieri e imprese potrebbe essere una via percorribile per fornire contenuti adeguati e supportati in maniera concreta. Resta il ruolo educativo del mondo scolastico il cui compito non è solo quello di istruire i giovani ma di accompagnarli, ascoltarli e motivarli, creare punti di contatto col mondo reale e accompagnarli nelle scelte dando loro la possibilità di diventare professionisti preparati e consapevoli. 
 

Partner strategico e protagonista attivo del proprio presente, il cuoco moderno esprime, dunque, la volontà di migliorare la condizione professionale attuando una rivoluzione (gentile) culturale, formativa, sociale, economica e imprenditoriale. Collaborare col mondo della politica e della scuola è un passaggio fondamentale per fare rete e, insieme, creare le condizioni per una nuova ristorazione

 

Foto ©Carlo Fico

a cura di

Marina Caccialanza

Milanese, un passato come traduttrice, un presente come giornalista esperta di food&beverage e autrice di libri di gastronomia.
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