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Achille Zoia

30/10/2023

Achille Zoia

Le stagioni portano con sé inevitabilmente consuetudini, così dall’autunno all’inverno assistiamo da un po’   d’anni a questa parte a un’iperproduzione di panettoni e a una colorita pioggia di concorsi a tema che, nel tentativo di superarsi l’un altro, vengono caricati di aggettivi superlativi, dove il più diffuso è “mondiale”, bastevoli a far entrare il consumatore in uno stato confusionale.
Ma come “Non era quello il campione del mondo? E questo da dove salta fuori?”. Hanno ragione anche loro dal momento che il mondo è uno solo, e pure molto esteso, e non sarà certo un piccolo nugolo di partecipanti ad un concorso a rappresentarlo!
Quando si arriva a simili punti è chiaro che la parola d’ordine sia ridimensionare, ricondurre a ragionevolezza gli eccessi. Può essere un utile esercizio, in questo caso, tornare a chi ha segnato uno scatto evolutivo per il panettone artigianale, aprendo le danze al panettone moderno. Quello sì che è stato un traguardo, un punto segnato per tutti, dal momento che chi ha fatto questo passo non lo ha tenuto per sé ma lo ha condiviso, per la crescita dell’intero settore.
Se c’è un pasticcere, un maestro pasticcere, amato all’unisono dai colleghi, da nord a sud dell’Italia, quello è Achille Zoia. Sono in tanti, fra i volti oggi più noti, ad aver fatto propri l’approccio tecnico-scientifico da lui messo a punto e pure le sue ricette. Il tutto trasmesso instancabilmente in 40 anni di consulenze in giro per lo Stivale e 25 anni di corsi tenuti in Cast Alimenti. In quanti sono passati dal suo sguardo rigoroso!

Achille Zoia

I pomeriggi, quelli belli
Abbiamo trascorso un intero pomeriggio in compagnia della mente vivida del maestro Zoia, dei suoi ricordi scanditi come i minuti di un orologio, del qui e ora fatto di meravigliosi impasti che ancora oggi cura personalmente per la Boutique del dolce, la sua storica pasticceria (ora gestita dalla figlia e dal genero)  che ha sede a Concorezzo (MB) e Cologno Monzese (MI), le lettere di gratitudine dei suoi allievi (i giovani che vogliono imparare sono la sua vera passione), le caricature accettate di buon grado e le sue epiche battute, sinonimo di grande acume, a stemperare il rigore di un mestiere che non concede sconti. E poi foto pazzesche, introvabili, che lo ritraggono in situazioni importanti e insieme al compagno di avventure di una vita e amico fraterno, Iginio Massari. E che sia chiaro che ciascuno dei due ha camminato con le proprie gambe, delineando un percorso personale fatto di intuizioni che non di rado hanno trovato convergenza in iniziative comuni.
Non è ben definito se il concetto di professionalità debba necessariamente includere anche la clausola della non ostentazione, ma di certo quest’ultima conferisce a chi esercita un mestiere una sorta di stile ed eleganza facilmente identificabili, proprio perché sempre più rari. Ed è a partire da queste basi che Achille Zoia ha costruito un solido percorso professionale, di cui vale la pena ripercorrere le tappe più significative, per comprendere come abbia improntato il suo approccio alla pasticceria, in particolare agli impasti di cui è divenuto indiscusso maestro (per alcuni mago, alla stregua di un piccolo chimico).

da sinistra Achille Zoia con Iginio Massari, agli albori della loro amiciziada sinistra Achille Zoia con Iginio Massari, agli albori della loro amicizia

Piccoli inediti nella storia di un professionista
Ha solo 12 anni  Achille quando inizia la sua esperienza nel mondo dolce, prima con il padre, poi insieme allo zio nella prestigiosa pasticceria Baracca di Milano. La sua formazione prosegue nelle più grandi pasticcerie di Milano (Tarchiati, Porati, Frontini...) per poi rientrare a casa e prendere le redini dell’attività di famiglia. Si sposa e inizia a farsi strada l’idea di trovare spazi più adeguati per un’attività che è in crescita.
Conosce il proprietario di un panificio industriale nei paraggi della sua pasticceria che sta spostando altrove la produzione e gli mette a disposizione il suo laboratorio per entrare in società. Il sodalizio si interrompe dopo un triennio e Zoia si ritrova, con moglie e tre figli, senza la possibilità economica di aprire una sua pasticceria. Parlando con un rappresentante della Van Den Berg Pasticceria (una delle divisioni alimentari di Unilever) si propone per lavorare come tecnico alimentare per quell’azienda. Viene convocato e, dopo una serie di test, confermato nel ruolo di tecnico (altrove denominato anche dimostratore). Dopo un periodo di formazione di 3/4 mesi all’interno dell’azienda dove, come è solito dire, gli insegnano a “vedere l’erba dalla parte delle radici”, lo affiancano a un tecnico esperto per poi fargli intraprendere la sua strada.

“Entrando nel merito delle dimostrazioni - ci racconta - decido di aumentare la quantità dei miei impasti, che secondo le regole dell’azienda si doveva attestare attorno al kg, dal momento che i miei interlocutori non sono più il singolo pasticcere ma aziende con una 15/20 collaboratori. Questa mia iniziativa viene talmente gradita che in azienda arrivano lettere in cui i clienti esprimono la loro soddisfazione. Un giorno il Ceo in persona, di cui c’era una certa soggezione, viene a complimentarsi con me per i positivi riscontri che l’azienda sta ricevendo e, al tempo stesso, mi ricorda che io sto trasgredendo. Prontamente gli porto le mie motivazioni. In tutta riposta mi invita a cena a casa sua la sera stessa. Immaginabile la reazione dei colleghi, per non parlare degli ispettori a cui eravamo sottoposti. Altre volte sono stato invitato a cena da lui. Nel frattempo guadagno sempre più terreno fino a diventare il primo dei dimostratori. Intanto Iginio Massari, che a quell’epoca è alla Star ed è un signor dimostratore, nel senso che si è ritagliato un suo autorevole spazio anche lì arrivando a dialogare con il proprietario come se fosse suo fratello, a forza di imbattersi in aziende che gli dicono ‘Noi siamo già con Zoia’ matura l’idea di farmi diventare suo collega, ottenendo l’ok dalla proprietà per propormi l’assunzione. Io accetto ma tribolo non poco a licenziarmi: ci impiego un anno.
Mi ritengo fortunato ad aver fatto questo passaggio perché è da lì che Iginio è diventato mio grande amico. L’amicizia maturata con lui, con Maria e tutta la famiglia mi ha gratificato per tutta la vita. Siamo ancora come fratelli”.
Nel 1971 Iginio apre la pasticceria Vittorio Veneto a Brescia. Qualche anno dopo, nel 1974, è la volta di Achille con la Boutique del dolce a Concorezzo (MB).
Achille Zoia

La svolta professionale di Achille Zoia
“Se non avessi avuto l’opportunità di lavorare come tecnico alla Van Den Berg – lo dice a chiare lettere Achille Zoia – sarei certamente potuto diventare un bravo pasticcere (considerando anche le esperienze pregresse in importanti pasticcerie milanesi) ma senza le nozioni che ho adesso. Essendo sempre a contatto, in quel contesto, con figure in grado di dare spiegazioni scientifiche e di dimostrare che ogni azione provoca una reazione (quindi il perché di ogni processo), ho capito cosa volesse dire produrre con simili riferimenti e tutta la vita l’ho dedicata allo studio. Mi sono sempre fatto accompagnare da grandi professionisti. Non mi sono mai spacciato per quello che non sono. Anche in CAST Alimenti non ho mai fatto un corso senza avere al mio fianco una figura di supporto scientifico. Perché si può diventare bravi a fare una sfoglia senza sapere cosa si stia facendo. E non conoscere il motivo per cui una frolla sia friabile... non parliamo poi della complessità del processo di lievitazione...”

I giovani, la vera passione di Achille ZoiaI giovani, la vera passione di Achille Zoia

L’evoluzione del panettone
Non sono poche le creazioni rivoluzionarie di Achille Zoia, per quella sua innata vocazione a sperimentare e ad avventurarsi in terreni difficili, ma quando ti conforta la conoscenza puoi arrivare a risultati insperati.
Grazie a lui è avvenuta quella che è universalmente conosciuta come l’evoluzione del panettone, o se vogliamo la nascita del panettone moderno, il citatissimo Panettone Paradiso “nato per causa di forza maggiore” come ci racconta Zoia, sul finire degli anni ’70, una data cha da sola la dice lunga...
“Davanti alla mia pasticceria – racconta Zoia – avevo un salumiere che vendeva panettoni Besana a tonnellate. Quando ho aperto l’attività ho pensato che avrei potuto fare qualcosa di più buono. Ho così realizzato 60 panettoni, tipo Milano, vendendone però solo 40. Il secondo anno mi è toccata la stessa sorte. Ho detto così a me stesso che di panettone Milano non ne avrei più fatto. Ho iniziato quindi a fare prove. È nato un panettone più ricco del Milano (un tripudio di zucchero e burro, con gherigli di noce spezzettati, uvetta passa extra e gocce di cioccolato fondente) ricoperto da mandorciocco nocciolato (una golosa glassa di zucchero, mandorle, nocciole e poco cacao), che inizialmente viene chiamato panettone di Concorezzo (MB) poi, con l’apertura di un nuovo punto vendita a Cologno Monzese, diventa panettone Paradiso, giusto per quella ricchezza di ingredienti che richiama la torta Paradiso”. 

Dicevamo che la grande maestria di Achille Zoia si esprime nei lievitati. Fra i suoi accorgimenti ce n’è uno che è stato subito poco compreso e poi è diventato pratica abituale, ed è il fatto di aggiungere ad ogni kg di farina un grammo di lievito di birra, nonostante la presenza di lievito naturale. All’epoca qualcuno diceva “Ma chi è Zoia, quello che fa il panettone con il lievito di birra?”. Tre anni fa i francesi hanno legalizzato che tre grammi di lievito di birra su un kg di farina non interagiscono assolutamente con il lievito naturale. “Serve soltanto ad attivare la lievitazione, tanto poi il lievito naturale nella sua trasformazione lo annienta” spiega il maestro pasticcere.
Vogliamo citare un’altra delle sue sorprendenti invenzioni l: il babà in 15 secondi.
“Premesso che – spiega Zoia - per l’originale occorre una giornata (e in questo Iginio Massari è davvero imbattibile), a me è venuto in mente di fare un impasto liquido, mettendo tutti gli ingredienti nel carter per amalgamarli velocemente e poi trasferire  il tutto in un sac à poche, riempire gli stampi e via in forno”. 
E aggiunge ridendo:” Quando in CAST Alimenti me l’han visto fare si sono tutti spaventati!”.

Achille Zoia

Cresci, l’arte della pasta lievitata
A segnare una sorta di spartiacque fra l’industria e l’artigianalità nella produzione di pasta lievitata arriva a un certo punto un libro, Cresci, che Zoia scrive a quattro mani insieme a Massari, svelando con grande generosità i segreti dei lievitati, tra nozioni scientifiche, preziose ricette e splendide foto. Un piccolo capolavoro, ancora di grande attualità,  che ha meritato il prestigioso premio “The world cup book” presso la Fiera francese di Perigeux ed è stato tradotto anche in inglese e ristampato tre volte.
“Con Iginio abbiamo inteso fare quello che la Van Den Berg ha fatto con me: aprire la coscienza delle persone insegnando loro una metodologia di lavoro con le innovazioni delle nuove ricette”.
Lo stesso titolo del libro nelle intenzioni degli autori intende richiamare due significati: “lievita” ma anche “evolviti” una sorta di sprone ad aumentare la propria competenza.
“Da quando è uscito Cresci – confessa Zoia – ho iniziato a fare il panettone Paradiso anche in giro per l’Italia. Questo ha contribuito a farne esplodere la nomea. Ancora oggi mi occupo personalmente di realizzarlo per la Boutique del dolce. Il lievito lo curo io e non mi fermo a tenerlo a una temperatura preconcetta (28°) ma arrivo a portarlo anche 32°,33°,34°perché possa sviluppare tutti i profumi possibili”.
Che dire? Di un simile professionista si andrebbe avanti a scrivere a oltranza ma ce n’è a sufficienza perché, proprio a partire da questa lezione di professionalità vera, meditiamo e ripensiamo agli eccessi a cui assisteremo da qui a Natale.

a cura di

Simona Vitali

Parma, la sua terra di origine, e il nonno - sì, il nonno! - Massimino, specialissimo oste, le hanno insegnato che sono i prodotti, senza troppe elaborazioni, a fare buoni i piatti.
Non è mai sazia di scoprire luoghi e storie meritevoli di essere raccontati.
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