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“Ad ogni tavolo la sua storia”

26/05/2023

Se il menù è lo strumento principe di un ristorante, l'esperienza del cliente passa anche attraverso la capacità del ristoratore e del personale di sala di saper presentare le pietanze e teatralizzare l'intera esperienza di visita. A volte si tratta di azioni semplicissime, come un sorriso autentico al momento di salutare la clientela, così come la capacità del personale in sala di massimizzare l'esperienza del cliente attraverso le storie.

Le storie, generando una intensa attività cerebrale, hanno una enorme capacità di attrarre l'attenzione, di emozionare e di essere ricordate. E il mondo della ristorazione è un universo di storie: persone, luoghi, lavorazioni, passione, sfide, tradizioni, innovazione; e non parliamo dei soli ristoranti stellati o grandi vini.
 

Una buona narrazione favorisce l'attenzione e il rilascio da parte del cervello di ossitocina, ormone legato a situazioni sociali particolarmente gradevoli e da alcuni definito "ormone della fiducia" per la sua capacità di generare empatia. Come emerso dagli studi di Paul Zak: “il racconto di una storia cambia il comportamento intervenendo sulla chimica del cervello".

Quale storia potrebbe interessare il consumatore? È questo un esempio di domanda da cui partire per definire alcune possibilità di racconto e far così leva sul fascino che i consumatori attribuiscono alle storie e il loro apprezzamento verso la possibilità di apprendere cose nuove (esiste infatti un meccanismo cerebrale che ricompensa questa acquisizione di conoscenza). Con l'obiettivo di valorizzare al massimo l'esperienza del cliente.


Se ad esempio ci raccontano dell'intenso profumo che è possibile sentire passeggiando in

primavera in un determinato bosco si attivano, in chi ascolta, le aree cerebrali sensoriali dell'olfatto. Se ascoltiamo la storia delle difficoltà attraversate da un imprenditore per mantenere attiva l'azienda di famiglia, ci immedesimiamo in lui e sviluppiamo empatia.

Certo non è pensabile avere tutti sommelier, ma il personale di sala, tramite anche una maggiore interazione con chi opera in cucina, deve arrivare a conoscere tutto del piatto. Non deve essere più ammessa la frase "chiedo in cucina".  Un utile esercizio è riunire il personale, scegliere un piatto dal menù o dalla lista delle bevande e provare a raccontare una storia in grado di valorizzare la pietanza.
 

Durante la raccolta delle ordinazioni c'è un piccolo "trucchetto" di neuromarketing che può permettere ai camerieri di attivare più facilmente il principio del piacere. Come emerso dalle ricerche di Rick van Baaren, infatti, i camerieri che ripetono al cliente l'ordinazione parola per parola, esattamente come ricevuta, arrivano a ottenere mance più alte anche del 70%.

Abituiamoci pertanto a comunicare con le storie, consapevoli che il cliente non sceglie solo il piatto ma quel che raccontiamo di quel piatto.


Lorenzo Dornetti

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