Qual è il limite principale della ristorazione italiana?
Spesso quello di ragionare come una piccola impresa, quindi sull’urgenza e la quotidianità. Con tutti i problemi che questo comporta: non avere una visione di lungo periodo, tenere i conti in un ordine occasionale, non conoscere come si evolve rapidamente il mercato e le richieste di una clientela sempre più preparata e, di conseguenza, esigente.
È pur vero che in Italia la ristorazione è una piccola impresa ma anche se piccola è tra le imprese più globali che esistano: una clientela internazionale che si rivolge non solo ai ristoranti fine dining, anzi; la riscoperta di osterie e trattorie è all’ordine del giorno, luoghi dove si respira la vera italianità, dove andarci a mangiare significa capire davvero come si è consolidata l’ospitalità e l’accoglienza nel nostro Paese. Del resto lo straniero che viene in Italia quando torna al paese d’origine e vuole mangiare italiano oggi trova un livello di ristorazione che tiene conto principalmente dell’esperienza che il suo cliente ha vissuto in Italia e vuole fargli trovare, preparata alla perfezione, quella cucina fatta di cose semplici ma di una bontà sopraffina.
Quindi è oltremodo necessario che le visioni e le esperienze di gestione positive della ristorazione in Italia siano raccontate, dai diretti protagonisti, da noi che ci occupiamo di comunicazione ma anche grazie alle reti.
Anche per questo abbiamo dato vita ad Amodo, la rete dei ristoranti etici! Per rendere più visibili le storie positive, belle, interessanti sul piano imprenditoriale dei ristoranti che vi aderiscono. La convention, di cui parliamo diffusamente in altra parte della rivista, è stata un concentrato di belle storie che, tra loro, possono dare un’immagine concreta di cosa significa, oggi, fare il ristoratore tenendo presenti tutte le componenti di questo lavoro: la qualità delle materie prime, la competenza professionale, la condivisione dei risultati con tutta la squadra, i problemi legati al no-show, la cura del proprio locale, un comportamento ‘a modo’, etico, responsabile, onesto.
Da soli non si va da nessuna parte e neppure la mediaticità sull’effimero porterà un risultato di lunga durata al settore.
Amodo intende creare le condizioni dove il confronto, anche semplicemente andando l’uno a casa dell’altro ristoratore, contribuisce ad affermare il valore di questa professione. Un valore che è riconosciuto dalla società, non è un caso che il ristorante sia stato il primo luogo da raggiungere alla fine del lockdown, ma che deve emergere ancora di più. Occorre una nuova consapevolezza di cosa significa fare il ristoratore, l’oste; nei vostri locali le persone cercano una tregua dalla quotidianità fatta di problemi, attriti, corse contro il tempo molte volte inutili ma quasi obbligatorie. E, durante questa tregua, vogliono mangiare e bere bene, vogliono essere al centro dei pensieri di chi li ospita, anche se non lo danno a vedere.
Un lavoro duro quello del ristoratore che solo se condiviso è più sopportabile. Ecco, Amodo dovrà servire anche a questo e ci impegneremo per farlo, tutti insieme!