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Biodistretto Alte Valli: il più grande d’Europa

30/01/2024

Biodistretto Alte Valli: il più grande d’Europa


È nato nel 2019 ed è stato accolto con un tale favore che c’è chi non ci ha pensato nemmeno un attimo ad aderire, e chi – fuori da quella zona - ha insistito a tal punto da ottenere di poter essere coinvolto.
Stiamo parlando del Biodistretto delle Alte Valli, sorto – è il caso di dirlo - intorno al monte Penna (affacciato su ben tre regioni: Emilia Romagna, Liguria e Toscana) ad opera di un piccolo comitato che, con il coinvolgimento progressivo di amministratori locali e altre aziende, ne ha fatto il più grande Biodistretto d’Europa.
Rispetto al primo nucleo costitutivo di 8 aziende e 13 comuni attualmente sono 150 le realtà aderenti, tra aziende e comuni (ben 57); tre le regioni coinvolte (Emilia Romagna, Liguria e Toscana); quattro le province (PR,PC, GE, MS) e 17 le alte valli (Taro, Ceno, Baganza, Aveto, Nure, Val Parma, Trebbia, Boreca, Arda, Cenedola, Mozzola, Stirone, Val Petronio, Lunigiana, Sturla e Graveglia, Val Tidone).
Riusciamo solo a immaginare cosa possa significare per chi vive e lavora in un territorio appenninico, tendente allo spopolamento, il crearsi di una rete che riunisca e valorizzi sotto un unico cappello gli sforzi di tutti (agricoltori, allevatori,  operatori dell’ospitalità e del mondo gastronomico, amministrazioni locali e associazioni) per dare un futuro alla propria terra? 
Noi l’idea ce la siamo fatta scegliendo di solcare quel territorio, ammirarlo coi i nostri occhi ma soprattutto parlare, confrontarci, con chi ha il merito, grandissimo, di tenerlo vivo ma vuole fare ancora di più per la sua sopravvivenza. Un itinerario che si è snodato tra l’Appennino parmense e quello ligure, dalla Valle del Ceno alla Val di Taro fino alla Val Graveglia, passando per l’intrigante Passo del Bocco, bastevole a farci incontrare i protagonisti di questi luoghi aderenti all’ambiziosissimo progetto, che sta prendendo sempre più corpo, per carpirne meglio gli intenti, la direzione e i passi che si stanno compiendo.

 Cascata della Ravezza del Lecca Bardi PR di Roberto Chilosi Cascata della Ravezza del Lecca Bardi PR di Roberto Chilosi

Alle origini di una scelta impegnativa
Le ragioni iniziali, quelle che spingono a riunirsi in pochi intorno a un piatto o un buon bicchiere per mettere in ordine le idee sono sempre le più illuminanti, anche a posteriori, quando sono sopraggiunti statuti che hanno messo tutto nero su bianco.
È da qui che vogliamo partire insieme a Michele Sartori, uomo della terra – come ama definirsi - nell’azienda agricola Bioflora, in quel di Masanti di sopra a Bedonia (PR) in altissima Valceno, e vicepresidente del Biodistretto Alte Valli,  che ci racconta di quando nel 2016 con un piccolo gruppo di agricoltori si sono dati appuntamento a casa sua, per cercare di dare forma a un progetto comune che mettesse insieme le varie realtà nel nome della loro montagna. “ Siamo partiti - ricorda Sartori - dall’analizzare, al contrario di come si fa di solito, i punti di debolezza: la nostra è una terra che si sta spopolando, ci sono coltivazioni povere, allevamenti piccoli, molti luoghi sconosciuti… ma a ben vedere chi coltiva qui lo fa in modo naturale o biologico, per lo più, ed è così da oltre quarant’anni; un piccolo allevamento realizza meno numeri ma fa prodotti di eccellente qualità; di aziende inquinanti qui non ce ne sono; i luoghi che non conosce nessuno sono il piacere della scoperta... In realtà, ci siamo detti che quelle che possono essere considerate sfortune diventano punti di forza su cui fare leva. Il nostro territorio è vivo, nonostante si pensi che sia addormentato in realtà ha continuato a vivere. Però la montagna, per farcela, deve fare la montagna. Non deve scimmiottare la città, pretendendo per esempio di avere i suoi stessi servizi. Come la città o la pianura non devono fare la montagna. Il riconoscimento dei ruoli è importante, ma questo avviene se la montagna o meglio chi la abita sa di avere queste potenzialità o quantomeno la consapevolezza di avere delle opportunità ed eventualmente dei problemi. Questa è una montagna fruibile da tutti, da tutti quelli che hanno voglia di rispettare i suoi tempi, che vuol dire che non ci sono i grandi impianti sciistici, non ci sono grandi servizi. È una montagna diversa perché è rimasta più vergine rispetto ad altre. Il fatto di avere un Planetario presso il seminario di Bedonia, luogo eclettico e straordinariamente aperto a tutti per la ricchezza della sua offerta culturale, la dice lunga anche sull’assenza di inquinamento luminoso. Chi viene qua lo fa per trovare situazioni opposte a quelle che vive giornalmente”.
 

La vocazione del Biodistretto
“ A questa montagna - continua il vicepresidente del Biodistretto - c’era bisogno di dare simbolicamente una maglia per giocare la partita del suo futuro: ecco il motivo di quell’incontro iniziale a casa mia. Questa maglia in realtà l’abbiamo trovata nella soffitta del nonno poi l’abbiamo lavata, stirata e messa su. Abbiamo tirato fuori la vocazione di questa montagna: il biologico. Sono oltre 40 anni che si fa il biologico. Non abbiamo dovuto inventare nulla di nuovo. Il nostro problema è che qui ci sono prodotti di un’eccellenza straordinaria però non siamo bravi a raccontarli o, spesso, non troviamo il tempo per farlo.
Interviene a confermarlo, Luca De Martin, altra colonna portante del Biodistretto insieme al presidente Simone Andrei e Michele Sartori, in agricoltura da 30 anni e nell’accoglienza da 21 con l’agriturismo Casa delle erbe in località Pieve dei Campi ad Albareto, “vivendo – come dice lui - ai confini della società ma con il mondo che ruota attorno”. E in effetti, a parte i turisti, da lui arrivano persone da tutto il mondo (Australia, Stati Uniti, Giappone...) che vogliono imparare un’agricoltura biologica (fatta di piccoli frutti e orticole) che tiene conto del preservare le varietà coltivate già negli anni precedenti.

 Le capre Camosciate delle alpi di Michelle Sartori, la pastora Le capre Camosciate delle alpi di Michelle Sartori, la pastora

Il prodotto di nicchia protagonista di storie bellissime
“Questo Biodistretto – ci spiega Luca De Martin - non è un insieme di aziende agricole biologiche (se fosse solo questo cosa ci sarebbe di innovativo?) ma un intero territorio che va in questa direzione. Sul fronte produttivo chi coltiva, chi fa formaggi, chi fa carne, che produce vino cerca di portare avanti un prodotto di nicchia, che non è il prodotto biologico di massa che troviamo in qualsiasi catena di supermercati o nella grande distribuzione. È la specificità di prodotto che ci distingue e ci consente di uscire dal mondo della concorrenza. Nello stesso immaginario collettivo ormai ciò che ha più valore non è tanto il biologico quanto il “di montagna”, per quell’idea di salubrità, naturalezza, diversa fattura che la montagna gravita con sé”.
“Abbiamo storie bellissime – lo dice con orgoglio Michele Sartori - che centrano questioni di attualità schiacciante. Potremmo parlare, a proposito di sostenibilità, della carne prodotta dal nostro socio di Passo Cento Croci (Tornolo -PR), l’azienda agricola Ferrari Angelo, che alleva biologicamente una novantina di bovini Limousine da carne su un centinaio di ettari di pascolo, dove bevono solo acqua del ruscello (non c’è consumo d’acqua dell’acquedotto) e tutto si svolge secondo i tempi della natura. Noi viviamo con un metronomo che è la natura”.
Potremmo, aggiungiamo noi, raccontare – e lo faremo più estesamente – le storie di chi abbiamo incontrato nella due giorni di esplorazione del Biodistretto, a partire da quella della pastora di Terenzo (PR), Michelle Sartori, diventata anche veterinaria per poter curare personalmente le sue capre Camosciate delle Alpi, da cui ricava formaggi che svettano anche in ristoranti con il culto del carrello dei formaggi, o la storia di Daniele Parma dell’azienda agricola La Ricolla di Ne (GE) , vignaiolo biodinamico che si definisce “ragioniere prestato all’agricoltura (dove ogni cosa è ragionata)”. Un dirompente spirito libero che, partendo dalla ricerca di vitigni abbandonati e dal recupero delle varietà storiche per poter riproporre vini tradizionali, è arrivato a realizzare vini macerati sulle bucce, fermentati in cemento e affinati in anfore di terracotta, che oggi vengono veicolati da Triple A.

La raccolta del sambuco di Franca Maietti di Fantasiosa BottegaLa raccolta del sambuco di Franca Maietti di Fantasiosa Bottega

Volere fortemente
Michelle Sartori e Daniele Parma, l’espressione di due facce diverse (emiliana e ligure) di un Appennino che solca tutto lo Stivale ma che esprime le stesse esigenze di attenzione, rivitalizzazione.
Michelle ha fatto pressione sul suo comune finché non ha aderito al Biodistretto, Daniele Parma non ci ha pensato un attimo: “Mi è partito subito il film. Abbiamo bisogno di simili iniziative: l’Appennino si sta scollegando” – ci ha confessato. Questo per rendere tangibile la carica motivazionale che sottende una simile iniziativa, ingrediente da non sottovalutare.
Sono un fiume in piena, Michele Sartori e Luca De Martin, nel fornirci elementi per meglio comprendere le peculiarità del Biodistretto “In pianura – ci spiegano - per fare maturare prima il grano buttano il glifosato. Qui non sappiamo neanche cosa sia perché, a parte che è tutto biologico, anche volendo costerebbe troppo... quindi le nostre sfortune diventano un punto di forza... E poi: un territorio che non ha chissà quali servizi e per questo riesce a preservarsi senza fonti inquinanti consente di poter dar vita a un santuario delle api, progetto mirato perché si tuteli il mondo delle api e degli impollinatori selvatici”.
E che dire del progetto di valorizzazione e diffusione del corniolo rosso (un arbusto che produce bacche rosse edibili) che rientra nel più vasto ambito della tutela dei frutti antichi e che proprio Michele Sartori si è adoperato a salvaguardare....  “Il corniolo – ci spiega- cresce per lo più dove finisce il prato e inizia il bosco. Ecco, stava accadendo che l’avanzamento del bosco facesse sparire l’habitat di questa pianta dalle proprietà importanti. Nella nostra azienda, artefice mia moglie, Federica Squeri, che è farmacista di formazione, ci ricaviamo un liquore, il Curné , che è il più richiesto - fra quelli che produciamo - dalle enoteche e ristoranti nostri clienti”.
E potremmo continuare con altri esempi, come l’individuazione e la caratterizzazione sotto il profilo del DNA di quattro vitigni tradizionali che si intende rimettere a coltivazione con metodo biologico.
Insomma dall’unicità di territori e prodotti,  di cui peraltro ci stiamo preoccupando di fare degli approfondimenti, dobbiamo trovare spunti importanti per fare nuovo business nei mercati. Le aziende dimostrano di essere sensibili alle peculiarità”.
 

LL'affinamento nelle anfore dei vini di Daniele Parma (Az.agicola La Ricolla, Ne - GE-)

A chiunque nutrisse dubbi su un’effettiva concretezza che controbilanci questo sguardo alto, diciamo questa ambizione, rispondiamo che il Biodistretto sta facendo passi strutturalmente importanti.
Il primo in ordine temporale è la realizzazione di Cibaria, mercato coperto dei produttori del Biodistretto Alte Valli nell’antica e suggestiva fornace di Ghiare di Berceto, già sottoposta a una ristrutturazione seria e ora in fase di completamento. Un altro passo, anche questo già in corso, riguarderà il mondo della formazione ed è talmente bello che per ora merita il nostro silenzio, come si deve alle idee straordinarie.

Alcuni dei tanti prodotti del BiodistrettoAlcuni dei tanti prodotti del Biodistretto
a cura di

Simona Vitali

Parma, la sua terra di origine, e il nonno - sì, il nonno! - Massimino, specialissimo oste, le hanno insegnato che sono i prodotti, senza troppe elaborazioni, a fare buoni i piatti.
Non è mai sazia di scoprire luoghi e storie meritevoli di essere raccontati.
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