Parte del problema non può derivare anche dalle pretese un po’ assurde, a volte arroganti, degli ospiti? Penso alle intolleranze a volte presunte che creano solo problemi in cucina, oppure ai ritardi non comunicati, alle cancellazioni in ritardo o addirittura ai cosiddetti no show. Sono tante le difficoltà che fanno passare la voglia…
“Questo è sicuramente un argomento importante, le intolleranze vere vanno rispettate ma quando sento dire ‘io sono intollerante all’aglio’ mentre l’aglio non dà nessuna allergia mi deprimo. Non so se pensano che dicendo questo abbiano diritto a una maggior attenzione ma non è così. Questo dimostra quanto è necessaria l’informazione. Sul fatto che tutti questi problemi possano far dissuadere i giovani non lo credo perché questa situazione la vedi mentre la vivi in diretta. Il tema vero è che ci sono, purtroppo mi tocca dirlo, datori di lavoro che considerano i dipendenti come ‘schiavi’ da utilizzare al 3.000 per cento senza dover dare i giusti compensi. Ed è un problema anche il fatto che un ragazzino che arriva in stagione viene pagato come un professionista che da trent’anni fa questo mestiere”.
Una volta era il ristoratore a scegliere lo staff, oggi è il lavoratore a scegliere il locale. Tocca al locale rendersi appetibile. Ma quale linguaggio nuovo occorre adottare per motivare un giovane che vuole iniziare?
“Occorre una comunicazione chiara, il progetto deve essere immediatamente comprensibile. Poi deve essere un locale di tendenza, grande quel tanto che permetta di avere una rotazione per fruire di un giorno di riposo al sabato o alla domenica a rotazione”.
Nuove strategie, nuove dinamiche di mercato, la crisi climatica, i robot che sostituiscono le persone, la crisi demografica di cui non si parla mai abbastanza: argomenti grandi che, a volte, si preferisce non affrontare ma che cambieranno il volto del mondo nei prossimi cinque/dieci anni: tu come ti vedi in questo scenario e come vedi, più in generale, il futuro della tua professione?
“Hai ragione, arriveranno persone che non conoscono il territorio e il rischio sarà quello di un appiattimento se non saremo in grado di formare persone consapevoli e questo è l’impegno della scuola e dei datori di lavoro. Senza questa condizione la ristorazione finirà, diventerà una semplice mensa con il robot che ti porta il piatto al tavolo. Da parte mia spero di essermi già ritirata nel mio giardino bucolico!”