Manifattura Alimentare a Ferrara: la scelta, attuale, di Pierluigi Di Diego e Laura Galantuomo
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Ci sono professionisti che nel loro percorso possono decidere di fare quello che vogliono perché tanto riusciranno sempre, magari aprendo pure nuove strade.
È la riflessione che sgorga inevitabilmente nel ripercorrere ciò di cui sono stati capaci
Pierluigi Di Diego, chef stellato, enfant prodige dell’indimenticato Trigabolo e cuoco stellato del Don Giovanni e relativo bistrot di Ferrara e a Laura Galantuomo, brillante direttrice di Hotel Duchessa Isabella e Hotel principessa Leonora, 5 e 4 stelle a Ferrara che, a un certo punto, ha deciso di portare la sua professionalità nella sala dello stesso Don Giovanni, apportando - di fatto - ulteriore valore all’attività del marito Pier Luigi.
Quattordici anni di stella Michelin quella del Don Giovanni, limpidi, con un’attività in salute che mai ha dato segno alcuno di criticità . Se non quel neo del vicino bar troppo esuberante, capace di disturbare la quiete del ristorante, a cui è seguita la decisione inesorabile da parte della coppia di non rinnovare il contratto di affitto, comunicare alla Michelin la sospensione dell’attività, ottenendo la gradita notizia del suo congelamento in attesa di valutare il nuovo, e prendersi un anno sabbatico alla ricerca di un’accogliente location da cui ripartire, perché questa era l’intenzione.
“Abbiamo iniziato a guardarci intorno – ricorda Pierluigi di Diego - finché un giorno, passando davanti a una vetrina con il cartello ‘affittasi’ siamo rimasti colpiti da quell’ interno, con quattro splendide colonne in marmo. Non restava che accordare un appuntamento per prenderne meglio visione. E qui, non appena ci ho messo piede, mi è scoccata la scintilla: ‘e se proponessimo piatti buoni e belli da consumare a casa propria, offrendo al tempo stesso anche la possibilità di fare una piccola consumazione in loco? - ho esclamato volgendomi verso Laura con aria di intesa - Sarebbe una nuova sfida per noi!”.
Un nuovo modello di alta cucina
“Da quel momento – prosegue Laura - il nostro impegno è stato quello di creare un posto di libertà che noi stessi avremmo desiderato trovare dopo anni di tanto rigore, in cui dare al cliente la possibilità di fare quello che aveva voglia di fare: mangiare come al ristorante nel comfort di casa propria? Una breve degustazione in loco di cappelletti di Re Bianco alle 10 del mattino piuttosto che alle 17 del pomeriggio? Acquistare speciali prodotti accuratamente selezionati? Tutto sotto il cappello di quella filosofia del buono, del sano e delle cose fatte bene a cui ci siamo sempre ispirati. Ci siamo occupati personalmente di ogni aspetto organizzativo di questa nuova attività, a partire dal nome: Manifattura Alimentare, importantissimo per dare immediata percezione di cosa intendessimo fare, letteralmente trasformare alimenti con le mani. Nessuna distesa di salumi appesi o grandi banchi formaggio. L’intenzione non era quella di dar vita a una gastronomia”.
“Un aspetto gratificante – ci spiega Pierluigi – è stato il poter contare su due ragazzi che lavoravano in cucina con me al Don Giovanni, da cui mi sono portato anche i miei storici fornitori. È marzo 2018 quando mettiamo piede nel locale. Lo ricordo come se fosse oggi: una volta aperta la porta ci ha avvolto un tepore, senza che ci fossero i termosifoni accesi, come di casa. Una bella sensazione”.
La nuova avventura inizia il 25 settembre dello stesso anno e da subito si focalizza sull’asporto, vantando un banco che è un tripudio di proposte ogni giorno diverse, tra verdure - tante! - pesce, carne, senza che manchi mai il pasticcio di maccheroni – piatto identitario di Ferrara - anolini con ripieno di suino Re Bianco, pasta fresca, pane autoprodotto (a partire dalla rinomata coppia ferrarese) dolci al cucchiaio, tarte tatin, cioccolateria...tutto secondo le migliori ricette di uno chef che continua a onorare il suo mestiere con lo stesso credo, lo stesso invariato entusiasmo, non dimenticando mai - come è solito dire -che proprio quello lo ha fatto diventare uomo.
A rincarare la dose dell’impegno quotidiano anche la volontà di consentire ai clienti una breve e informale sosta in loco, dove sono dislocati tavolini alti di appoggio, per poter degustare piatti espressi, secondo il menù del giorno, fra cui certi indimenticabili piatti del Don Giovanni, come il celebre AOP – aglio, olio e peperoncino su vellutata di Parmigiano Reggiano; la terrina di canocchie con pomodori confit e pesto di basilico; tagliolini ostriche, limone e caviale.
La selezione di prodotti di Laura Galantuomo
A coronamento di questo stimolante viaggio nel gusto c’è una selezione di prodotti, curata personalmente da Laura, forte delle precedenti esperienze lavorative ma anche di una meticolosa e continua ricerca. Eccellenze vere che si palesano a partire da qualche riconoscimento (pochi perché la selezione è veramente particolarissima) come nel caso del latte Salvaderi, la cui qualità è ormai nota e al tempo stesso la distribuzione è molto centellinata. Per il resto si spazia di regione in regione ma anche fuori dall’Italia (interessantissima una pasta marchigiana di semola di grano duro e orzo, cannolicchi naturali di un’azienda portoghese, biscotti fatti a mano da una ragazza giramondo che della pasticceria ha raccolto tanti segreti...).
Proposte battezzate in modo deciso: una per tipo e non di più (una sola azienda di pasta, caffè, confetture ecc.). Il periodo natalizio rappresenta certamente un’apoteosi di proposte, tant’è che da dopo il 10 dicembre viene sospeso il servizio ai tavoli per lasciare spazio al rito della personalizzazione dei pacchi da regalo.
“Le aziende che scelgo -spiega Laura- devo sentirle mie, sapere bene cosa c’è dietro il prodotto e raccontarlo, dato che hanno pure un costo. Fare informazione sul cibo è un altro dei motivi per cui è nata Manifattura Alimentare. A parte le nozioni che i nostri clienti acquisiscono frequentandoci, per cui imparano a chiamare - ad esempio - le cose con il loro nome, abbiamo deciso di creare anche una libreria con parte dei nostri libri, nella speranza che qualcuno mentre degusta anche solo un caffè con un buon dolce sia tentato di sfogliarne uno. Il messaggio che svetta dalla libreria a muro è chiaro “ I libri si possono visionare, leggere, fotografare”.
Anticipare i tempi
“Ci sono voluti un paio di anni di rodaggio per metterci in bolla - racconta Pierluigi. Abbiamo dovuto
rifidelizzare i clienti in un’altra veste. Con diversi di loro il passaggio è stato naturale, per altri difficile da comprendere. Ma come ripete Laura, memore degli insegnamenti del suo maestro di hôtellerie, il cliente più ostico deve diventare il cliente del cuore e allora sì che sai fare il tuo lavoro”.
“Si trattava di fargli capire – prosegue Laura - che ora l’attenzione andava spostata sul contenuto e non sul contenitore. In compenso abbiamo guadagnato clienti nuovi. C’è anche da considerare che il banco è alla portata di più tasche, rispetto al Don Giovanni. Sta di fatto che il sopraggiungere della pandemia ci ha trovati pronti, ci è scoppiato il lavoro in mano. E devo dire che stiamo continuando a lavorare”.
Senza volerlo, o in un qualche modo intuendolo, Pierluigi e Laura è come se avessero intercettato i tempi che stavano per maturare. Nel loro caso non c’è stato bisogno di alcuna conversione, erano già sul pezzo.
Oggi contano una clientela variegata, dal vecchietto al giovane, dal professionista alla famigliola a cui si preoccupano di fare trovare un banco ricco, che comporta di essere sempre di corsa per poterlo riempire a dovere. “Le nostre giornate – racconta Pierluigi - iniziano presto. Io personalmente vado ad acquistare il pesce. Quello che trovo determinerà il menù della giornata. E questa per me è libertà: non essere vincolato ad un menù. E cosa ancora più bella quando il cliente, e ce ne sono diversi, mi dice ‘fai tu!’. Quanto alla carne acquisto un quarto di bestia alla volta, lo smonto io (non sono per le scorciatoie ma per l’esercizio della tecnica) e ci ricavo tantissime ricette, tutte accolte con favore. Vorrei avere il tempo per farne ancora di più!”
Cos’è cambiato nel passaggio dal Don Giovanni a Manifattura Alimentare
“Questa attività ci impegna tantissimo – riflette Laura - tuttavia bisogna riconoscere che è cambiato completamente il nostro stile di vita. Pur facendo ancora tante ore, e sempre di corsa, la nostra vita si è più normalizzata, nel senso che alle ore 20 chiudiamo, per cui se – ad esempio – vogliamo andare al ristorante lo facciamo”.
Ciò che invece è rimasto invariato sono è il concetto di qualità, tenuto alto come una bandiera, e quella professionalità su cui entrambi hanno investito negli anni e che mettono a frutto ogni giorno.
Aveva 25 anni Pierluigi quando ha avuto la grande opportunità di lavorare al Trigabolo, il ristorante italiano che ha cambiato la visione della cucina nel nostro Paese.
“Un’esperienza straordinaria – così la descrive Pierlugi - rispetto a quel che avevo vissuto fino a quel momento, peraltro in buoni ristoranti, che mi ha stregato per l’energia che correva in quella cucina, la gran voglia di fare, l’utilizzo di materie prime mai viste, la nascita di piatti di senso con pochi elementi...”.
Una sorta di reset per lui che pensava di conoscere già il mestiere, una ‘rinascita’ che certamente ha avuto la sua incidenza sui risultati raggiunti a seguire .
Laura, invece, nella sua esperienza di 25 anni di hôtellerie si è forgiata, complice anche un importante percorso di formazione, nel rapporto con il pubblico: “Ti passano davanti tante persone– dice - e tu devi sapere dare il meglio e accontentare tutti e – importantissimo- non fare distinzioni”.
Una brigata felice
Se c’è una cosa di cui Pierluigi va fiero è l’avere con sé due dei suoi ragazzi, quegli stessi della brigata al Don Giovanni. Corre una bella energia nella cucina di Manifattura Alimentare e molto dinamismo. “Qui non c’è il capo-partita che si dedica solo a quello – spiega Pierlugi - Mattia Fiore ad esempio al mattino prepara un grande assortimento di verdure e durante il servizio si dedica ai primi, Francesco Edipi realizza i dolci, che sono tanti e molto golosi, ma all’occorrenza si presta per altre produzioni. Martina Veronese, si dedica alla pasta fresca e, se le avanza tempo, a ciò di cui c’è bisogno”.
La regola è che tutti quanti devono essere in grado di fare tutto (compreso servire al banco! E bisogna vedere come prendono il cliente...)
Sorridenti, simpatici, scambiano una battuta volentieri.
Mattia racconta di quanto sia stato gratificato dalla chiamata di Pierluigi in procinto di aprire questa nuova attività, una sorta di convocazione in nazionale per un allora ventenne!
E poi non ha dubbi sul preferire questa formula a quella del ristorante, per quel poter variare le preparazioni che consente di imparare molto di più.
Anche Francesco rimarca il concetto espresso da Mattia, sottolineando come rispetto a prima, la qualità è sempre quella ma non avendo ciascuno soltanto una propria linea, si fanno molte più lavorazioni, per cui si cambia sempre. Inoltre ci si aiuta più.
Martina è l’ultima arrivata. Laureata in giurisprudenza, grande appassionata di cucina, lavorava nello studio di un avvocato, finché non ha maturato la decisione di frequentare un’accademia di cucina a Bologna. Poi lo stage in Manifattura e l’assunzione. Da quasi due anni fa parte della brigata.
Su una cosa sono tutti d’accordissimo: terminare il lavoro alle 20 di sera gli consente di vivere!
“Abbiamo tempo – Francesco si fa portavoce per tutti- per la nostra vita sentimentale, per stare con gli amici, in una parola per fare una vita normale!”. Affermazione che viene accompagnata da una sorta di ovazione di pieno consenso.
Sorridono Pierluigi e Laura a questi ragazzi di cui, si vede, vogliono il bene.
Un flusso di ingressi continuo, ininterrotto, mai fastidioso ha animato lo spazio di Manifattura Alimentare nel tempo, non breve, della nostra permanenza. La clientela è come uno specchio: riflette.
Simona Vitali