Ostinazione e libertà
Non solo il territorio e non solo il vigneto fanno il vino. I francesi ce lo hanno insegnato con quella parola magica; un termine olistico su cui tutto il mondo ha iniziato a costruire la comunicazione, ma potevamo arrivarci dalla semplice osservazione del lavoro dell’artigiano.
Quando s’incontrano produttori come Mattia si capisce che pur impiegando le stesse risorse, le stesse uve, proveniente dal medesimo vigneto, non si avrebbe mai un prodotto uguale.
Il terroir è anche mano.
“Il mio obiettivo è portare il territorio nel bicchiere, quindi intervengo il meno possibile: non irrigo e non diserbo, impiego solo rame, zolfo e zeolite. Poi c’è tutta la parte di vinificazione e affinamento. In un’azienda come la mia occupa una fetta di tempo importante, direi totalizzante. Non mi avvalgo di aiuti esterni e cerco di fare tutto in autonomia. Quello che vedete qui è l’azienda”.
Mentre ci racconta questo metodo agli antipodi rispetto alle grandi realtà franciacortine disvela la cantina, indicando il torchio, le vasche di fermentazione, le barrique su cui tutti i vini sostano fino alla messa in bottiglia.
La tecnologia all’interno è praticamente inesistente. Si effettuano, inevitabilmente, le analisi, e i parametri enologici vengono monitorati, ma c’è molto sentire, molto ascolto.
“Ho scelto di svolgere la maggior parte delle operazioni manualmente, comprese le sboccature, consapevole che un giorno molto vicino dovrò apportare dei cambiamenti. Oggi prendo in mano ciascuna bottiglia, dal primo imbottigliamento alla fine, una decina di volte. Molto tempo, molta fatica, mi direte. Però sono soddisfatto. Credo che il metodo classico sia la modalità di vinificazione in cui, per forza di cose, il produttore manifesta la sua identità, compiendo scelte precise in ogni fase, dall’inizio alla fine. Dietro c’è un investimento di tempo importante, ogni scelta o operazione sbagliata può tramutarsi in una perdita o determinare risultati inattesi, ma ci credo e mi ripaga”.
Man mano che il Subsidium - cuvèe composta da Chardonnay e Pinot nero, affinata 60 mesi - si muove nel bicchiere, esprimendosi con grande intensità, ma anche freschezza, ne abbiamo la conferma. Dietro uno spirito libero - quello di Mattia Corbellini lo è senz’altro - non può che esserci un vino vivo.