Stiamo chiudendo il 2024 e nelle prossime settimane i giornali, le riviste, i siti e i social faranno a gara per descrivere le tendenze della ristorazione per l’anno che verrà. È un gioco che si ripete ogni anno: cosa mangeremo, come lo mangeremo, dove… E quasi sempre nessuno riesce a vincere queste scommesse: come avviene per le guide, qualche giorno prima che escano. A noi piace, invece, capire e ricordare quali sono stati (se ce ne sono stati) i momenti più significativi dell’anno che sta per terminare.
Il primo è la terza stella Michelin a un cuoco che può davvero scrivere l’evoluzione della ristorazione in Italia degli ultimi decenni, essendone stato uno dei principali protagonisti: Giancarlo Perbellini.
Il secondo è invece legato alle condizioni atmosferiche e all’emergenza climatica: i mesi di maggio e di giugno sono stati molto difficoltosi per la ristorazione e questo deve farci riflettere perché non è un caso isolato. Le modifiche del clima (con mesi caldi che si prolungano nell’autunno) determinano anche una modifica delle abitudini alimentari delle persone.
Il terzo elemento significativo è la mancanza di personale. Un aspetto che non riguarda solo la ristorazione ma in questo settore si fa sentire in maniera diretta: meno personale vuol dire meno tavoli, meno consumazioni, minor reddito e minor guadagno. Su questo tema, nel 2024, si sono fatti convegni a decine, interviste a ristoratori, esempi (rari) di locali che non hanno questo problema ma, in generale, non si è riusciti a trovare una soluzione soddisfacente al punto che si inizia a delineare la prospettiva più drammatica: il futuro incerto di questa professione proprio nel momento di massimo fulgore espressivo.
Questo è il problema prioritario da risolvere, prima di cedere ai robot in sala che portano il piatto agli ospiti. Come e cosa fare lo sappiamo bene, grazie alla miriade di parole scritte e dette sull’argomento nel corso dell’anno.
Ora è venuto il momento di agire e noi crediamo che le priorità siano di due tipi: un’adeguata fiscalizzazione con la riduzione effettiva e duratura del costo del lavoro per il settore della ristorazione, dando più soldi in busta paga ai dipendenti e garantendo un trattamento lavorativo consono anche alla qualità della vita, per tutti, dipendenti e titolari. La seconda, non in ordine di importanza, è cambiare la percezione diffusa e dannosa degli istituti alberghieri che, repetita iuvant, sono le uniche occasioni vere di formazione delle persone che intendono svolgere questo mestiere, bellissimo e dannato.
Noi crediamo nel dare valore ai bravi dirigenti, concedere loro un’autonomia concreta legata anche ai territori in cui la scuola si trova ad operare; dare valore ai professori che considerano ancora il loro lavoro come una missione; dare valore ad una scuola, quella alberghiera, adeguando la didattica alla modernità, favorendone le iscrizioni come a una scuola che ti apre le porte del mondo e non lasciandola in balia delle mode televisive; spiegando agli chef che prendono in stage i ragazzi il significato stesso della parola stage e cioè ‘periodo di studio e adattamento per imparare la professione’.
Ne abbiamo di cose da fare nel 2025!!