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Cotto di fichi

07/12/2023

Cotto di fichi

Nero come la notte e denso come un miele. Dolce e profumato, ricorda sentori di frutta appassita e spezie, mentre in bocca lascia un persistente finale. Inserito tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali dal 2001, relativamente all’intero territorio regionale della Puglia, il cotto di fichi è un prodotto antico. Prima di ogni altra cosa lo si utilizzava per realizzare granite espresse ai bambini quando nevicava, ma anche per dare sollievo alla gola arrossata. Golosità e cura, che trova ancora spazio soprattutto durante le feste comandate, in particolare quelle natalizie. Usato per guarnire cartellate e calzoncelli, in molte zone della Puglia viene semplicemente chiamato vincotto.

Cotto di fichi

La ricetta tradizionale del cotto di fichi

Un tempo ogni famiglia lo preparava prima di affrontare l’inverno, realizzandolo artigianalmente tra fine agosto e i primi di settembre, quando di fichi freschi se n’erano già mangiati tanti e si pensava alle conserve. E se quelli intatti venivano essiccati al sole, tutti gli altri si trasformavano in cotto di fichi. Una preparazione tutto sommato semplice ma lunga, che coinvolgeva le donne della famiglia.

La ricetta tradizionale vuole che i fichi freschi vengano sciacquati e tagliati in quattro parti, senza eliminare la buccia esterna. Una volta messi in un grande pentolone, venivano ricoperti completamente di acqua e lasciati cuocere a fuoco molto lento, fin quando non si riducevano in poltiglia.

A quel punto si aspettava si intiepidisse e si passava a filtrarla con l’aiuto di un telo bianco pulito, meglio se di lino. Il succo che se ne otteneva finiva in un’altra pentola che andava ad addensarsi sul fuoco lento per ancora qualche ora. Quando il liquido raggiungeva la consistenza del miele, il cotto era considerato pronto e veniva invasettato. Oggi è una tradizione meno in uso nelle famiglie, ma alcune piccole aziende che fanno conserve si dedicano alla sua produzione.

Cotto di fichi

Il matrimonio perfetto: le cartellate e il cotto di fichi

Sono un simbolo indiscusso dei dolci tipici natalizi pugliesi e continuano ad essere le protagoniste delle tavole moderne. Le cartellate, semplici e versatili, si realizzano con pochissimi ingredienti: farina, vino bianco, olio evo e poco più.

Ricordano un merletto o i rosoni di alcune cattedrali, ma sono il frutto della manualità delle donne, impegnate prima a tirare una sfoglia a regola d’arte e poi a comporre la propria opera.

Con tutta probabilità il nome farebbe riferimento alla forma arabesca incartocciata, ricordando la carta nel momento in cui si ripiega la sfoglia su sé stessa e si formano le rose. Ma, nella tradizione cristiana, c’è chi fa riferimento alle fasce che avvolgevano Gesù nella culla o alle corone di spine della crocifissione.

Tante le testimonianze delle lunghe radici delle cartellate, le quali trovano traccia in un manicaretto simile, disegnato in una pittura rupestre del VI secolo Avanti Cristo, nel barese. 

L’altro dolce pilastro del Natale che prevede l’utilizzo del cotto di fichi sono i calzoncelli. Che siano ripieni di castagne o di ceci, molto di frequente è questa salsa dolce che li accompagna in tavola. Utilizzato proprio come si farebbe con il miele, intensifica il sapore del ripieno di questi dolci cuscini della tradizione. In alcune varianti c’è chi unisce il cotto, in piccole quantità, anche per realizzare il composto di farcitura.
 

Nel materano il cotto di fichi fa parte dell’Arca del Gusto

I confini delle tradizioni non rispecchiano quasi mai quelli geografici. Sono molte le comunanze tra Puglia e Basilicata. Infatti, anche il cotto di fichi lo si ritrova inserito tra i prodotti lucani dell’Arca del Gusto di Slow Food.

Anch’esso realizzato esclusivamente con fichi freschi e senza l’aggiunta di zucchero. Si trattava di un vero e proprio dolcificante, seppure molto intenso, diffuso particolarmente nell’area materana. 

Tra le ricette tramandate oralmente si nota la sua presenza nella preparazione di biscotti, dolci, ma anche primi piatti tipici come la “lag’na recc pu mier’cutt”. Lo si realizza ancora ad Irsina e lo si consuma tradizionalmente la Domenica delle Palme. Si tratta di una pasta riccia condita con la mollica del pane raffermo, grattugiata e fritta in olio evo, e il cotto di fichi. 

Cotto di fichi

Il fico: l’albero della sopravvivenza

Fino a pochi decenni fa il fico ha rappresentato una coltura di sostegno importante per le comunità rurali. Basti pensare al valore energetico dei frutti secchi, i quali - correttamente conservati – rappresentavano una scorta invernale di grande importanza nell’economia domestica di molti popoli del Mediterraneo. E in Puglia, dopo la vite e l’ulivo, è tra le specie legnose che hanno caratterizzato (e caratterizzano) maggiormente il paesaggio. Un frutto minore, però, legato alla tradizione familiare più che al commercio, tranne per i nuovi impianti.

Definito anche “pane dei poveri”, il fico è originario dell’Asia Minore e si è diffuso velocemente assieme all’agricoltura in tutta l’area mediterranea. Amato da Greci e Romani, continua ad essere sinonimo di povertà. Nel linguaggio comune è ancora usuale dire “non vali un fico secco”, come a dire non vali nemmeno così poco!

Una pianta diffusa anche in altre regioni, in particolare del Sud Italia, che si adatta e non richiede particolari cure, purché si trovi in zone con climi caldi e temperati.

Nonostante siano decine le varietà diffuse in tutta la Puglia, è il Dottato che ha catalizzato l’attenzione di consumatori, artigiani e industrie. Merito della sua polpa carnosa, della sua buccia verde chiaro e della forma a goccia.  Zuccherini e ricchi di calorie, i fichi sono anche carichi di fibre e di vitamine.

I Fratelli CremoniniI Fratelli Cremonini

Le cartellate

Un dolce semplice della tradizione pugliese, oggi sempre più proposto con abbinamenti inusuali, sia dolci che salati. Da sempre sono servite in tavola accompagnate semplicemente dal cotto di fichi.
 

Ingredienti

500 g di farina 00

150 g di vino bianco secco

100 g di olio evo

un paio di cucchiaini di zucchero

un pizzico di sale

buccia grattugiata di un’arancia o un limone

vincotto di fichi q.b.

Procedimento

Impastare la farina, l’olio evo, il vino bianco, il sale e lo zucchero su di un piano di lavoro. L’impasto dovrà risultare sodo, se serve aggiungete ancora un poco di vino per ammorbidire. In alcune zone si aggiungono anche le bucce di agrumi, grattugiate sottilissime, oppure delle spezie. Amalgamare bene il tutto fino a ottenere un impasto liscio ed elastico. Lasciar riposare per almeno 30 minuti. È consigliabile coprire il composto con un panno.

Prendere la pasta, stenderla fino a renderla molto sottile (in questo modo le cartellate risulteranno più leggere e croccanti) e ritagliare con la rotella dentellata delle strisce lunghe circa 50 cm e larghe 3 cm.

Mantenendo la stessa distanza si procede dapprima pizzicando la striscia e poi, partendo da una estremità, andando a comporre una sorta di rosa e andando a pizzicare in altri punti affinché non si smonti.

Procedere allo stesso modo per tutto l’impasto e adagiare le cartellate su uno strofinaccio di cotone, evitando di metterle l’una sull’altra. Necessitano di riposare ed asciugare per tutta la notte.

Al mattino preparare un tegame largo con abbondante olio, una volta caldo cominciate a friggere le cartellate. Basterà che si gonfino leggermente, in uno o due minuti sono pronte, l’importante è che risultino leggermente dorate. Lasciate asciugare l’olio in eccesso su della carta da cucina e raffreddare.

Le cartellate vanno guarnite soltanto all’occorrenza, il rischio è che perdano di fragranza. Alcuni preferiscono riscaldare il cotto di fichi prima di cospargere o intingere i dolci. In alternativa, possono essere servite anche con granella di noci e miele.

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