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Degustare Champagne in compagnia di un francese

13/03/2025

Degustare Champagne in compagnia di un francese

“Provate l’esperimento a una cena o a un aperitivo. I bicchieri delle donne che portano il rossetto non presentano il “collarino” di bollicine caratteristiche che si formano contro il vetro, alla superficie dello Champagne, chiamato anche collare di schiuma. “È il grasso del rossetto che fa scoppiare prematuramente queste bollicine di superficie. – spiega Gérard Liger-Belair, professore di fisica all’Università di Reims – Ciò non influisce sulle qualità del prodotto, né sul suo perlage. È puramente visivo, ma per un appassionato di Champagne non è del tutto irrilevante. Fa parte del fascino di una degustazione”.

Leggevo questo breve scampolo di informazione su un cataloghino che parlava di un distributore, a un evento dei Cuochi Veronesi a Peschiera del Garda, quando mi si avvicina un personaggio praticamente uscito da una scenografia parigina: erre francese, abbigliamento da bon-vivant, sorriso accattivante.

“Mi chiamo Stéphane Berthoux, sono il distributore degli Champagne che trova su quel piccolo depliant”.

Trovando curiosa la notizia del rossetto inizio una conversazione con lui per capire cosa ci faceva un francese a una manifestazione di cuochi veronesi.

“Abito a Desenzano del Garda da qualche mese, sono un giornalista parigino che si è stancato di quegli ambienti, ho conosciuto anni fa una splendida donna italiana ed eccomi qui”.

Un francese in Italia che ha scelto di far conoscere, in maniera un po’ più approfondita, lo Champagne agli italiani?
“È una giusta domanda – mi risponde Stéphane – ma più che questo ho pensato che in Italia dovevo trovare un nuovo lavoro e, visto che con lo Champagne ho un buon rapporto mi sono detto: perché non provarci. Da qualche mese ho selezionato solo Champagne di aziende che conosco personalmente, poche, tutte maison indipendenti che coltivano le proprie vigne, raccolgono le proprie uve, non aggiungono nessun tipo di additivo, raramente raggiungono le 100.000 bottiglie e, di conseguenza, non hanno ancora un mercato italiano. Questa è stata la scelta per diventare distributore in Italia. Qui a Peschiera non sono venuto per vendere, infatti ho con me solo quel piccolo depliant che avevo dimenticato sul tavolo, ma se ti va di approfondire un giorno di questi ti invito a casa mia per farti assaggiare qualcosa”.

Detto e fatto, tre giorni dopo, in una bella giornata di sole vado a Desenzano. Stéphane mi accoglie come se fossi il suo più caro amico, appena entrato in casa vedo un bancone dove fa bella mostra di sé un foie-gras tagliato a fettine.

“Non si può proporre champagne senza aggiungere al catalogo un buon foie-gras. – mi confessa candidamente mentre, dal frigo, toglie la prima bottiglia – Ma sia per lo champagne, come ti dicevo solo di maison indipendenti, che per il foie-gras, ho selezionato zone specifiche e produttori che conosco personalmente. Per lo Champagne i produttori sono tutti della montagna di Reims, il territorio originale e ideale dello Champagne, dove il Pinot Noir trova il terreno perfetto per esprimersi al meglio. Per il foie-gras dal territorio dell’AOC Périgord. Provenienti da piccole aziende artigianali questi foie-gras rispettano il rigido disciplinare dall’AOC (la vostra DOP) e una tradizione secolare”.

Come fai a trovare clienti? Quanto conta l’essere francese?

“I clienti li trovo andando a bussare alle porte dei tanti ristoranti fine dining che costellano il lago di Garda ma anche le provincie di Mantova, Verona e Brescia. È questo il territorio che voglio coinvolgere. Non ho ambizioni di diventare un grande distributore perché significherebbe trovare persone che lavorano per te, perdere anche un po’ il rapporto umano che voglio stabilire con il cliente. Poi ti confesso che per me scegliere persone con cui lavorare significa che, con quelle persone devo star bene a pranzo o a cena. Quello è il mio metro di giudizio. Non escludo di trovarne un paio ma ho tutto il tempo davanti”.

Un atteggiamento decisamente singolare, mi trovo a pensare, ma bello sentir parlare qualcuno di buoni rapporti umani e non solo di business.

“Mi hai chiesto se essere francese aiuta? Si, è un fattore importante, è come se a proporre Parmigiano Reggiano all’estero ci fosse un italiano che conosce quel prodotto e quel territorio. Finora sono sempre stato accolto molto bene dai ristoratori che vado a trovare, anche perché mi sono subito adeguato ai loro tempi e ai loro orari più consoni, ma assaggia anche queste ostriche che arrivano dalla Normandia”.

Tratti anche queste?

“No, le ho comprate per il nostro incontro”.

Intanto il perlage del bicchiere fa il suo lavoro e mi stimola una domanda: qual è il bicchiere più adatto per lo Champagne?

“Ti rispondo con le parole del noto ricercatore che parla del rossetto, Gérard Liger-Belair: se preferite le bollicine fini scegliete la coppa dove le bollicine crescono man mano che risalgono nel bicchiere. I nostri studi hanno dimostrato che il miglior compromesso è con un bicchiere più ampio la cui forma ricorda quella di un bicchiere di vino della Borgogna”.

Mi sento quasi un intenditore, dal momento che Stéphane, al momento di farmi scegliere il bicchiere mi ha posto il quesito coppa o bicchiere e ho scelto il bicchiere.

Un’altra domanda visto che ho davanti a me un francese amante dello Champagne: quanto contano le bollicine, il cosiddetto perlage nella qualità di uno Champagne?

“Nulla o quasi nulla, la finezza delle bollicine non è sinonimo di qualità ma di servizio, di piacere visivo. E a questo proposito ti do un consiglio: versa sempre lo Champagne inclinando il bicchiere, avrai meno turbolenza e oltre dieci minuti di effervescenza in più”.

Che dire? Se fossi un ristoratore accoglierei molto volentieri una visita di Stéphane, si imparano un sacco di cose!

 

Stéphane Bertoux Distribuzione
Desenzano del Garda (BS)
Tel. 351 8130402

a cura di

Luigi Franchi

La passione per la ristorazione è avvenuta facendo il fotografo nei primi anni ’90. Lì conobbe ed ebbe la stima di Gino Veronelli, Franco Colombani e Antonio Santini. Quella stima lo ha accompagnato nel percorso per diventare giornalista e direttore di sala&cucina, magazine di accoglienza e ristorazione.
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