Se ne parla, se ne parla e non si agisce!
Questa è la sensazione che, spesso, proviamo quando si cerca di affrontare il problema della carenza di personale, in sala e in cucina. Quando si affronta il tema delle risorse umane sembra che sia tutto complicato, a tratti scivoloso. Allora proviamo a cambiare il modo, cominciando a sostituire i termini; reintroduciamo quello di persone!
Facevo questa riflessione mentre, pensando a quale tema professionale mi stava più a cuore in questo periodo, guardavo il film Il capo perfetto, con Javier Bardem che ne interpreta il ruolo. Un capo che chiede devozione alla sua fabbrica di bilance, che fa ruotare tutta la sua vita attorno ad essa e che, alla fine, resta vittima di questo.
E mi è venuto in mente l’errore, quello principale perché ce ne sono molti altri, che si fa nei colloqui di lavoro: quello di valutare l’assunzione sulla base della devozione a un’idea di ristorazione che è solo nella mente dello chef patron.
In questi anni si è ormai interrotto, fortunatamente, il meccanismo degli chef star. Questo fa pensare che tutto si sia rotto ma non è così. Le persone esistono, non sono solo risorse umane e qui sta il primo cambiamento. Esistono e chiedono di essere valutate su basi diverse dalla devozione. Sulla serietà professionale, sulla condivisione di obiettivi, sul fatto che sono giovani e vogliono imparare quando si tratta di ragazzi e ragazze. Ma se la risposta a questo è quella che ho sentito di recente a un convegno dove uno chef di mezza età ha liquidato la faccenda con un “i giovani non sanno cos’è la fame”, allora di strada da percorrere ne resta ancora molta e il tempo a disposizione è troppo poco.
Per fortuna che non sanno cos’è la fame. I nostri padri hanno fatto di tutto per non farla più provare ai propri figli!