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Dumas e Il grande dizionario di cucina

12/07/2024

Dumas e Il grande dizionario di cucina

Romanziere prolifico, ha sperimentato successi e fallimenti, rovine e grandi fortune, divorando vita, pagine letterarie e tavole imbandite. Viaggiatore instancabile, collezionò amanti e avventure politiche in tutta Europa, ma fu anche un vero gourmet ottocentesco: ecco la vita e l’arte, anche gastronomica, di Alexandre Dumas. 

Di Alessia Cipolla

 

Amava così tanto mangiare che spesso concludeva i suoi pasti con questa frase: “È noioso mangiare quando hai fame, perché subito non hai più fame”.

Alexandre Dumas (1802-1870) può certamente essere considerato un gigante della letteratura mondiale per stazza, fecondità letteraria e spessore intellettuale.

Tra il 1823 e il 1870 sono 20 i racconti di viaggio pubblicati, assieme a 60 opere teatrali, 120 romanzi, 

un’autobiografia e, postumo, Il grande dizionario di cucina del 1872.

Fame e fama del grande romanziere francese

 

Origini complesse quelle di Dumas: figlio illegittimo (non a caso tema presente in molti romanzi) sua madre proveniva da una famiglia di albergatori mentre il padre fu il primo generale francese meticcio di Bonaparte, frutto dell'amore fra il marchese Davy de la Pailleterie, di antica e nobile famiglia e una schiava nera di Santo Domingo riscattata a peso d'oro. L’essere, quindi, mulatto gli comportò, per tutta la vita, non pochi problemi.

A 4 anni perse il padre in una pessima situazione economica. Dopo l’impiego a 15 anni presso un notaio a Villers-Cotterêts, suo paese d’origine nell’Alta Francia, ormai ventenne, si trasferì a Parigi dove trovò lavoro presso la casa del duca d'Orléans. Per passione letteraria ma anche per necessità economica iniziò in quegli anni a scrivere opere teatrali, riscuotendo i suoi primi grandi successi. 

Furono, però, i romanzi di cappa e spada che lo resero ricco e famoso, infarciti, com’erano, di colpi di scena e avventurosi intrighi. Proprio in quel periodo nasceva, infatti, il romanzo feuilleton, pubblicato a puntate sui giornali: dal 1844 al 1850, Dumas pubblicò su Le Siècle tutti i suoi capolavori, tra i quali “I tre moschettieri” e “Il conte di Monte Cristo”, seguito da uno stuolo di ammiratori in trepidante attesa della pubblicazione successiva, grazie alla sua maestria letteraria, alla fervida immaginazione e al senso dell’avventura.

I suoi detrattori furono molti ma, alle critiche, Dumas preferiva sfamare i suoi piccoli e grandi piaceri della vita.

Formidabile mangiatore condivideva con il moschettiere ghiottone Porthos, considerato il suo alter ego letterario, la passione per le cene pantagrueliche.

Tra i suoi appetiti noti, fu anche un grande amatore: nel 1824, appena arrivato a Parigi, dalla relazione che ebbe con una sarta nacque un bambino che portò il suo stesso nome e fece lo stesso mestiere: Alexandre Dumas figlio, autore de La signora delle camelie, ripresa nel melodramma di Giuseppe Verdi “La traviata”. Per questo motivo è chiamato Dumas padre.

Il palcoscenico fu la sua vera grande passione: a parte scrivere opere teatrali, nutrire la sua fervida creatività sotto i riflettori e, naturalmente, frequentare numerose attrici, restò affascinato dalla tavola, il teatro dove il tragico e il comico dell’umanità si rappresentano all’unisono. 

Alexandre Dumas ritratto da BellayAlexandre Dumas ritratto da Bellay

I viaggi di Dumas

 

Per sfuggire a creditori, mariti gelosi o alla polizia politica, fece lunghi viaggi in Italia, Spagna, Russia e Nord Africa, come giornalista e reporter sul campo fino ad accompagnare Garibaldi nel 1860 con i suoi Mille alla conquista dell’unità d’Italia. Insieme arrivarono a Napoli, dove Dumas restò per qualche anno, nominato direttore del giornale “L'Indipendente”, nome suggerito proprio da Garibaldi.

La sua inappagabile curiosità lo indusse ad approfondire anche la tavola dei paesi visitati, riportandone usi e costumi in maniera divertente e brillante, diventando, così, un gastronomo europeo.

Questo enorme bagaglio di conoscenze venne trasferito, negli ultimi anni, in quello che potrebbe essere considerato il romanzo della sua vita, Il grande dizionario di cucina, pubblicato postumo. 

Morì presso la casa del figlio nel 1870.

Il grande dizionario di cucina 1872Il grande dizionario di cucina 1872

Le cene di Dumas

 

All’epicureo Dumas, contrariamente a molti suoi colleghi gourmet, non piaceva solo assaggiare ma, anche e soprattutto, mettersi ai fornelli. 

Era un ottimo anfitrione e amava deliziare i suoi ospiti con piatti fantasiosi, semplici ma raffinati. È la scrittrice George Sand che descrive a Flaubert nel 1866 una delle note cene a casa Dumas, serate di gusto con scrittori, attori, cantanti e pittori: “È stato il padre Dumas a preparare tutta la cena, dalla zuppa all'insalata, da otto a dieci piatti meravigliosi, ci siamo leccati le dita”. Naturalmente erano altrettanto memorabili, le cene offerte da Dumas ai suoi ospiti nei più rinomati ristoranti parigini, a dimostrazione della sua raggiunta ricchezza e popolarità.

Alexandre Dumas ritratto da Étinne CarjatAlexandre Dumas ritratto da Étinne Carjat
Alexandre Dumas ritratto da Nadar nel 1855Alexandre Dumas ritratto da Nadar nel 1855

Il grande dizionario di cucina

 

Nell’introduzione si legge: “L'uomo ha ricevuto dal suo stomaco, alla nascita, l'ordine di mangiare almeno tre volte al giorno, per riparare le forze tolte dal lavoro e, ancor più spesso, dalla pigrizia”. 

L’opera colossale di Dumas non è un vero e proprio libro di cucina: non si trovano nuove ricette, pesi o misure, consigli o descrizioni tecniche di preparazioni ma si gusta un magnifico invito letterario a pensare alla cucina come arte, cultura e storia, farcendola di aneddoti conditi con arguzia, mescolando memorie personali con racconti di viaggio e incontri insoliti, apparecchiando, infine, numerosi riferimenti storici: poco importa se reali o immaginari, come nei suoi romanzi, perché sempre e comunque ricchi di un fascino travolgente. 

Il testo è un vero e proprio dizionario in ordine alfabetico: si parte dalla parola Abaisse, una sorta di pasta frolla fino a Zucchetti uno stufato italiano. Ogni voce è farcita di numerose ricette: in totale sono circa 3000, molte delle quali dedicate alla carne e soprattutto alla selvaggina, “carne tra le carni”. Se Dumas considerava il vino come “la parte intellettuale del pasto”, la carne ne era “la parte materiale”.

Molte preparazioni fanno parte della grande cucina classica francese e internazionale, alcune ricette sono riportate da altri cuochi, citati o meno nel testo, mentre altre solo immaginate, come quella a base di canguro (“facciamo con la coda del canguro, molto muscolosa e molto forte, una zuppa che supera ogni altra nel suo sapore e nella sua bontà”) o di piedi di elefante. 

La descrizione dell'ostrica, presente in tutti i menu dell’epoca, non manca di sapore: “uno dei molluschi più deprivati ​​della natura perché non ha testa, né vista, né udito, né olfatto; il suo unico esercizio è dormire e il suo unico piacere è mangiare.” Tra le sue ricette esotiche e ironiche, Dumas propone quella delle zampe d'orso impanate con gelatina di ribes rosso o la frittata delle grandi uova di struzzo.

Molte sono le imprecisioni come, ad esempio, l’origine del tacchino, secondo l’autore portato dai gesuiti dall'India e non dall’America, ma rese accettabili dal punto di vista letterario. C’è da immaginare il divertimento di Dumas nell’ideare alcuni nomi di recette: Testa di cinghiale alla Machiavelli, Aragosta alla Borgia, Braciola di vitello al Doge di Venezia, senza dimenticare Il pollo alla Cinque Giornate di Milano, La beccaccia al quadrilatero veneziano e La piramide al ritorno degli eserciti. Grazie alla sua permanenza a Napoli fu un estimatore dei “Macheroni alla napoletana”, ricetta che esportò a Parigi, in antitesi con la versione con il tartufo e spacciata come napoletana, servitagli dal suo amico e musicista Gioacchino Rossini: fu la fine di una grande amicizia, naturalmente. 

Dumas e il vino

Lo scrittore e gastronomo dedicò un testo interessante alle voci del dizionario “cantina” e “vino” occupandosi della conservazione, della produzione (ricette ottocentesche) e del servizio dei vini come anche della loro classificazione tra “grandi vini”, “vini pregiati”, “grandi vini ordinari” e, infine, “vini ordinari”.

Astemio di lunga data si tuffò nei piaceri del bere bene fino a diventare un enofilo curioso e internazionale: “Ho assaggiato tutti questi vini, proprio nei luoghi dove le viti li avevano prodotti”. 

La voce vino del dizionario rappresenta una grande fonte di informazioni sul periodo pre-fillossera ( la malattia che decimò le vigne europee a fine Ottocento), ma anche dell’uso che se ne faceva a tavola. 

È nota la sua passione per la Borgogna e il Montrachet, ma stila un interessante inventario anche di vini di altri territori da lui visitati. Tra i vini italiani immancabili nella cantina di un buon anfitrione cita i seguenti, taluni oggi misteriosi: Benicarlo, Calabria, Falerno, Firenze, Lacryma Christi, Malga, Monte Fiascone. Monte Pulciano, Occhi di pernice, Picoli e Siracusa. Vi è, poi, l’ Est, Est, Est e tra i vini rossi fini d’Italia inserisce il Carmignano, Monte-Serrato, Albano, Orvieto, Terni, Bari e Reggio, mentre tra i vini bianchi fini e secchi Marsala e Castel-Veterano. Interessanti tra i “vin de liqueur” il moscato rosso e l’Aliatico, i vini moscati di Canelli, le malvasie della Sardegna, di Lipari e il Vino-santo di Castiglione.

Da impiegato a grande romanziere, da provinciale francese a viaggiatore omaggiato in tutta Europa, da povero bambino vessato a ricco viveur, da giovane affamato a colto gastronomo: Dumas ha raccolto tutte le sue vite, in ordine, nel suo testamento che è Il grande dizionario di cucina

A noi, con riconoscenza, il grande piacere di avventurarsi tra le sue splendide righe.



Alessia Cipolla

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