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Enrico Bartolini

27/03/2024

Enrico Bartolini

Enrico Bartolini, 44 anni, toscano d’origine, è il più stellato degli chef italiani, con 13 stelle Michelin, e il secondo al mondo. Ben 13 ristoranti ruotano nella sua galassia – Il Mudec, tre stelle Michelin, e Milano Verticale, una stella, entrambi a Milano, il Glam a Venezia, due stelle; Locanda del Sant’Uffizio a Cioccaro di Penango (AT), due stelle; Poggiorosso a Castelnuovo Berardenga (SI), una stella e una stella verde; Villa Elena a Bergamo Alta, una stella; Il fuoco sacro a San Pantaleo (SS), una stella; il Bluh Furore a Furore (NA), una stella; La Trattoria a Castiglione della Pescaia (GR), una stella; il Roberto’s a Dubai; lo Spiga e il Fiamma a Hong Kong; gli Amici a Bali – facendo di lui uno chef imprenditore che basa sulla severità con sé stesso e sulla collaborazione e fiducia nei collaboratori una delle principali chiavi del suo successo.

La fiducia, per te, ha un grande valore dal momento che, sotto al tuo nome, hai a che fare con la gestione di 13 ristoranti; come determini le scelte delle persone a cui affidare un incarico così importante?

“Ogni persona che incontro per me è speciale e unica perché ha una propria personalità e un talento da esprimere. Cerco di osservare il carattere in modo oggettivo e di far emergere al meglio i tratti distintivi e i desideri delle persone che operano nei nostri ristoranti. È importante che ci sia sintonia e complicità con tutti i collaboratori della squadra. Da sempre sostengo che il binomio talento e territorio sono fondamentali a definire un luogo: per questo motivo, non potendo essere sempre presente nei vari ristoranti, cerco di privilegiare il talento della persona che quotidianamente esprime i valori che sente propri e ha condiviso come me. Naturalmente esiste un metodo organizzativo che coordina un ufficio risorse umane e un ufficio amministrativo, il tutto sotto la efficiente supervisione di Monica Biella, general manager del gruppo. Come per la parte gastronomica, anche l’aspetto imprenditoriale è complesso e necessita di modelli e codici che devono essere condivisi da tutto il team, come la pianificazione e la programmazione. Come imprenditore ho la responsabilità di tutte le persone che lavorano con noi e ho il dovere di tenere in equilibrio la struttura avendo sempre ben chiaro il messaggio culturale e gastronomico che vogliamo trasmettere e che ha come obiettivo il benessere di tutti gli ospiti che vengono a visitarci”. 

Ristorante Enrico Bartolini MUDEC © Fabrizio CicconiRistorante Enrico Bartolini MUDEC © Fabrizio Cicconi

Con quale criterio hai scelto i luoghi, le location, le proposte gastronomiche per ognuno dei tuoi locali?

“Talento e territorio sono i fondamenti del nostro messaggio gastronomico: ognuno dei nostri ristoranti ha dei contenuti propri da raccontare ed è condotto da uno chef che, insieme al suo team di cucina e di sala, interpreta un territorio attraverso il proprio talento. L’Italia è uno scrigno di bellezza, di cultura e di biodiversità: abbiamo città d’arte, una natura spettacolare, luoghi magici e ricchi di storia che aspettano solo di essere raccontati, anche attraverso la proposta gastronomica, che è parte della nostra cultura. A essere raccontati nei piatti dei nostri ristoranti sono le peculiarità di un territorio, dal punto di vista degli ingredienti, ma anche delle tradizioni culturali e gastronomiche. Perché ciò avvenga, è determinante riconoscere il valore della diversità ed esaltarla, per non uniformare la proposta se non nella qualità che deve essere sempre all’altezza delle aspettative degli ospiti. Da Milano a Bergamo, da Venezia al Monferrato, dalla Toscana alla Campania alla Sardegna… ogni situazione ha una propria identità e dei valori che cerchiamo di far assaporare ai nostri ospiti attraverso l’esperienza gastronomica che è fatta non solo dalla cucina, ma anche dall’ambiente e dalle persone. Anche all’estero applichiamo lo stesso “canone”: raccontare la cucina italiana attraverso gli ingredienti che ci identificano nel mondo”. 

Quando eri al Devero immaginavi questo risultato straordinario nel tuo futuro?

“Ho sempre avuto una visione chiara del messaggio gastronomico, ma ho un carattere molto pragmatico che mi porta a ponderare bene ogni scelta e ogni progetto. A guidarmi non è l’ambizione fine a sé stessa, anche se mi sento sempre ‘irrealizzato’, ma non nel senso negativo del termine: so di dover fare molto e di avere una grande responsabilità non solo verso i clienti e le aspettative del mondo gastronomico, ma anche verso tutti i collaboratori che con noi sono cresciuti e hanno a loro volta delle responsabilità. Quindi non penso assolutamente che ciò che siamo adesso sia un punto di arrivo, anzi… Lavoro ogni giorno per dare maggiore stabilità a tutti i dettagli”. 

 

Tu fai spesso un richiamo alla modestia nei comportamenti, non rincorri la televisione, non presti la tua immagine agli spot pubblicitari; nonostante ciò, sei il più importante tra gli chef per capacità imprenditoriale, questo significa che, forse, la televisione non è poi così importante per la carriera?

“Ho fatto un’esperienza televisiva e anche da quella, come cerco di fare sempre, ho cercato di trarre tutto ciò che di positivo in termini di crescita e confronto poteva arricchirmi. È vero, ho un carattere riservato e quindi non amo la ribalta, ma non per questo giudico i colleghi che invece partecipano a programmi televisivi o prestano la loro immagine per promuovere un prodotto. Credo che la tv possa aiutare a raccontare con un po’ di leggerezza e ironia il grande impegno e la dedizione che richiede il mestiere del cuoco. La figura dello chef è spesso mitizzata, ma dietro ci sono tanti sacrifici e sono necessarie passione e competenza”. 

Risotto alle rape rosse e salsa gorgonzola Evoluzione © Marco PoderiRisotto alle rape rosse e salsa gorgonzola Evoluzione © Marco Poderi

Come comunichi le tue attività, i 13 ristoranti, il numero di stelle Michelin, le due strutture che ti hanno affidato in esclusiva le loro location per gli eventi?

“La comunicazione è gestita attraverso i nostri profili social ufficiali e attraverso un ufficio che gestisce e coordina le relazioni e i rapporti con i media”. 

 

Ogni quanto vi vedete con tutti i responsabili dei ristoranti? Come affronti la formazione del personale?

“In Italia mi reco di persona una volta al mese in tutti i ristoranti e mi confronto con gli chef resident e i direttori di sala, ma parlo al telefono ogni giorno con ognuno di loro. 

Per quanto concerne la formazione, tutti i nostri chef resident hanno fatto un training al Mudec, insieme condividiamo il messaggio gastronomico e i valori che vogliamo raccontare in quel luogo, si studia il menu e poi viene fatta una prova generale dei piatti. Una volta definito il tutto, lo chef resident è pronto per iniziare a svolgere il proprio lavoro”. 

 

C’è un turn-over elevato tra i dipendenti? Quante persone sono coinvolte complessivamente? Riscontri problemi di reperibilità del personale?

“Abbiamo un turn over piuttosto elevato ma non nelle figure diciamo apicali, quindi che hanno una responsabilità in cucina e in sala.  Tra Italia, estero e consulenze sono coinvolte quasi settecento persone. In questo periodo si fa abbastanza fatica a reperire personale qualificato, ma è una tendenza abbastanza generalizzata nella ristorazione”. 

Definisci la tua cucina di “classicità contemporanea”: puoi dettagliare in maniera più approfondita questo concetto?

“Classico identifica qualcosa che è universale e che porta con sé dei valori ‘antichi’ che valgono ancora oggi e saranno riconosciuti anche nel futuro. In cucina, la tradizione è un patrimonio di saperi e sapori che oggi noi andiamo a raccontare nei piatti con un approccio moderno agli ingredienti e alle tecniche. Nella cucina che proponiamo in tutti i nostri ristoranti ci sono ingredienti che danno vita a piatti che in ogni stagione esprimono un messaggio e sanno farsi riconoscere. L’unicità non risiede solo in un piatto, ma è nell’esperienza complessiva che si fa nell’insieme e quando la si apprezza si è in un luogo preciso. Nei piatti mettiamo l’approfondimento dei contenuti, che è una cifra totalmente personale. Scegliere i migliori ingredienti che raccontano un territorio, trasformarli, portarli in tavola, servirli in un particolare luogo: è questo a fare di un pranzo o di una cena un’esperienza unica”. 

 

Nonostante l’aria sempre compassata hai una buona dose di ironia: basta guardare la frase che si apre su MUDEC: un giorno farò piangere le cipolle! Perché quella frase e perché proprio lì?

“Desidero che l’ironia sia sul nostro volto. Con professionalità e talento basta un po’ di ironia per rendere tutto più vero e bello”. 


Progetti futuri?

”Continuare a lavorare con passione e concentrazione grazie alla collaborazione e al fondamentale sostegno di tutta la squadra, a breve riapriranno anche i ristoranti stagionali e stiamo mettendo a punto tutti i menu e le novità nelle varie strutture. Abbiamo in programma una nuova apertura in Italia questa primavera e in cantiere alcune idee anche per l’estero, ma ancora è prematuro parlarne”. 

Ristorante Glam © Paolo ChiodiniRistorante Glam © Paolo Chiodini
Foto di copertina - Enrico Bartolini © Guido Stazzoni 
a cura di

Luigi Franchi

La passione per la ristorazione è avvenuta facendo il fotografo nei primi anni ’90. Lì conobbe ed ebbe la stima di Gino Veronelli, Franco Colombani e Antonio Santini. Quella stima lo ha accompagnato nel percorso per diventare giornalista e direttore di sala&cucina, magazine di accoglienza e ristorazione.
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