Cosa si intende per olio esausto
Innanzitutto chiariamo cosa si intende con il termine olio esausto. Rientrano nella categoria degli oli esausti tutti i grassi alimentari che si utilizzano in cucina per friggere o soffriggere e cioè l’olio extravergine di oliva o di semi, ma non solo. Sono da considerare esausti anche:
• l’olio di conservazione dei cibi in scatola (tonno, sardine, condimenti vari);
• i grassi animali (burro, strutto, lardo);
• gli oli alimentari scaduti o deteriorati
Perché differenziare l’olio esausto
Separando l’olio esausto dal resto dei rifiuti organici si evitano gravi danni a terreni, falde acquifere, mare e corsi d’acqua. In sostanza, non disperdendolo, si evita che l’olio formi una pellicola invisibile, ma estremamente resistente, che mette in pericolo la vita della flora e della fauna marina e terrestre.
Secondo il Rapporto Ambientale Conoe 2018, un solo chilogrammo di olio vegetale esausto smaltito impropriamente può inquinare una superficie di 1.000 metri quadrati (pari quasi alla superficie di una piscina olimpionica), causando costi aggiuntivi per il pretrattamento delle acque da depurare e per evitare l'intasamento dei sistemi di pompaggio.
Da questi dati si comprende come, oltre al danno ambientale, la raccolta differenziata scongiura la beffa economica! L’olio esausto versato nella rete fognaria infatti danneggia le condutture e i depuratori gravando sui costi di gestione degli impianti, costretti a dotarsi di sistemi per separare la parte oleosa da quella acquosa.
L’olio vegetale esausto non si ferma, si rigenera
Gestendo correttamente gli oli si ottengono anche diversi benefici economici: si hanno minori costi di manutenzione, si evitano sanzioni pecuniarie e si riduce l’importazione di petrolio. Se tutto l’olio esausto prodotto nelle cucine italiane venisse rigenerato, si potrebbe importare una minore quantità di petrolio e risparmiare 75 milioni di euro/anno.
Se è vero che l’olio esausto è altamente inquinante, è altrettanto vero che, se opportunamente raccolto e trattato, può diventare anche una risorsa molto preziosa.
Arrivato alla fine del suo ciclo di vita in cucina, l'olio esausto, se riciclato correttamente, torna come una nuova risorsa utile sul mercato. Dopo averlo usato e separato dal resto dei rifiuti, viene raccolto per ricavarne vernici, inchiostri, saponi, candele ma soprattutto biodiesel. Il biocarburante così ottenuto alimenta un percorso circolare di sostenibilità, gusto e continua rigenerazione.
Il biodiesel: l’approfondimento
Ma cos’è nello specifico Il biodiesel, di cui oggi si inizia diffusamente a parlare? Il biodiesel è un biocarburante rinnovabile che riduce di circa il 40% le emissioni di CO2 rispetto al gasolio fossile. Ne esistono di diversi tipi. Quello ottenuto da scarti organici come grassi e oli vegetali esausti è il più ecologico di tutti. Infatti, diversamente da altre tipologie di biocarburante, non deriva da coltivazioni ad hoc (soia, palma, cereali o colza) e quindi non entra in competizione con l'agricoltura alimentare. Questo biocarburante è detto di seconda generazione.
“Con questa campagna Olitalia vuole veicolare ai professionisti, e non solo, un messaggio chiaro: l’olio vegetale esausto è protagonista di un circolo virtuoso! Raccogliere l’olio esausto è un gesto sostenibile che protegge l’ambiente! – afferma Andrea Marchelli – Il nostro compito è quello di sensibilizzare tutti i professionisti della ristorazione fornendo loro le chiavi di lettura di cosa vuol dire concretamente evitare la dispersione dell’olio esausto”.