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Eugenio Rosi

28/02/2024

Eugenio Rosi

Parto da un aneddoto. Perché Eugenio Rosi è uno che li tira fuori spontaneamente, come del resto è avvenuto per questa piacevole conversazione di inizio primavera, che avrebbe potuto continuare ben più a lungo.

“Qualche anno fa un oste bolognese mi disse che gli piacevano da matti i miei vini ma non li acquistava per il suo locale. Stupito, gli chiesi il motivo: ‘dovrei avere molto più tempo per raccontarli!’ mi rispose. Fui sorpreso e lusingato” ci racconta Eugenio. 

Capiamo il timore dell’oste perché raccontare il preciso e originale lavoro di Eugenio Rosi non è impresa da poco. Eugenio è un vignaiolo, un produttore, che ha saputo dare un nuovo tono al vino in Vallagarina, in particolare valorizzando due vigneti autoctoni, il Marzemino e il Nosiola. Non c’è solo il pensiero, dietro al suo modo di intendere il vino: c’è il pensiero critico e la capacità di attuarlo.

 

Dalla cantina sociale alla propria “idea”

Tra il 1988 e il 1997 Eugenio ha lavorato nella cantina sociale di Vallagarina come enologo. Racconta di come quell’esperienza sia stata da un lato un’opportunità per conoscere tecniche di vinificazione e varietà viticole, dall’altra la miglior strada per capire quali fossero le criticità in cui stava incombendo il settore. Il suo intento, ad ogni modo, andava in direzione opposta: contrastare l’omologazione, riappropriarsi del territorio, dare spazio all’espressione libera del vino, dare alla tecnica la giusta importanza. 

Avviare l’attività non è stata un’impresa semplice, anche sul piano pratico. Eugenio è partito da pochi vigneti di Cabernet e Merlot, in affitto, man mano integrati con nuovi appezzamenti, sempre in affitto. 

“La mia è un’idea più che un’azienda, perché di fatto viviamo con incertezza non avendo nulla di proprietà. Attualmente abbiamo otto ettari dislocati in varie aree della Vallagarina. Questo, se in parte significa un futuro imprevedibile, sotto un altro punto di vista ci consente di mantenere le viti in luoghi vocati per ciascuna varietà. Per noi - dice - proteggere e preservare l’origine è uno dei nostri primi propositi”.

Eugenio Rosi

Il territorio

Dicevamo, Vallagarina, a sud di Trento. Una valle di origine glaciale che ha giovato, in composizione, delle esondazioni dell’Adige. È caratterizzata dalla presenza di rocce calcaree, depositi morenici e fluviali, ed è attraversata da un clima mite. Eugenio ha cominciato con un piccolo appezzamento di Merlot e Cabernet, allargando poi al Marzemino (vitigno autoctono), il Nosiola (altro vitigno autoctono), il Pinot Bianco e lo Chardonnay. Mentre ci racconta alcuni accorgimenti adottati in vigna, come la rivisitazione di alcune pergole per garantire una migliore esposizione alle uve di Marzemino, ci rendiamo conto di quanto la conoscenza del vitigno, dell’uva, e della pratica agricola, siano state fondamentali in questi anni da viticoltore. 

La grande capacità di Eugenio è adottare uno sguardo critico sulle azioni abituali, fatte per moto ciclico, e correggerle. Non replica, ma indaga e modifica. 

Questo metodo è affiancato da un’attenzione viscerale, mai eclatante, per il territorio. Su cui si esprime così:

“In passato non si parlava così tanto di territorio. Oggi tutti ne parlano ma la questione è capire se viene rispettato o meno. Un territorio non va messo in etichetta: va vissuto, conosciuto, e trasferito nel bicchiere, nel vino”. 

Eugenio Rosi

Il Marzemino

Ho conosciuto Eugenio Rosi nel modo più efficace e memorabile che ci possa essere: bevendolo. Due persone, prima che avessi il piacere di degustarlo, mi hanno detto “I suoi Marzemini non hanno parenti! Sono vini che non puoi non assaggiare!”. Parlo al plurale riferendomi al Poiema, da uve Marzemino, e il Doròn, ottenuto dalle stesse uve ma stramature.

Al Marzemino Eugenio ha dedicato, e dedica, molte attenzioni. È un vitigno locale la cui produzione è stata banalizzata negli anni, perdendo il carattere che - dicono le generazioni più vecchie - avesse in passato. 

“Il Marzemino, anche detto Marzemino Gentile, ha una bacca esile. Osservandolo e studiandolo ho compreso, molto tempo fa, che va raccolto a completa maturazione. Non solo: la stessa maturazione va allungata con un appassimento che aiuti a veicolare meglio le sue migliori espressioni, il suo carattere. Ho poi sperimentato diverse modalità di affinamento. Il ciliegio e il castagno sono legni che mi hanno dato ciò che cercavo: l’esaltazione dell’identità”.  

L’idea di fondo è che per vinificare non servono sofisticazioni, solo ascolto e studio delle caratteristiche dell’uva, come d’altronde abbiamo sentito da altri produttori coinvolti per questa rubrica. Aggiunge Eugenio: “Credo che il modo migliore per vinificare sia in un certo senso stare fermi. Cioè attuare meno interventi possibili; non togliere, non mettere, non apportare sofisticazioni ma ascoltare cosa quell’acino ha da dirci. La sfida più importante di oggi è che il vino recuperi l’umiltà di essere un prodotto della terra”.

Eugenio Rosi

Tra comunicazione e approcci al vino

In un’intervista video risalente al 2008, troviamo un giovane Eugenio con le idee chiarissime. Tra le esternazioni c’è anche questa: “la mia è una cantina aperta”. 

Abbiamo ripreso quell’affermazione chiedendogli se è cambiato qualcosa in questi sedici anni.

“Io e Tamara - sua compagna di vita e di lavoro - abbiamo sempre cercato di mantenere vivo il rapporto con le persone. Con gli interessati ma anche con i produttori: la nostra cantina è un luogo aperto in cui il confronto, anche con chi fa il nostro stesso mestiere, è fondamentale. Non ci devono essere segreti se l’obiettivo è il miglioramento”. 

Per quanto riguarda la distribuzione dei loro vini, non si affidano a distributori ma solo ad agenti, o vanno per vendita diretta. Il contatto con le persone è la priorità, così come lo è il senso critico, proprio come dicevamo qualche riga sopra. Lo ribadisce Eugenio poco prima di congedarci:

“Sono convinto che si debba tornare ad un rapporto con il vino più pulito, meno condizionato dalle mode e da fattori esterni. Bisogna costruirsi la propria opinione su un prodotto, capendone pregi e difetti. Bisogna sapere assaggiare. Soprattutto, per capire e apprezzare una bottiglia, bisogna sapere ascoltarsi”.

Eugenio e Tamara, foto di Mauro FermarielloEugenio e Tamara, foto di Mauro Fermariello
La cantina si trova in:
Via Tavernelle 3/B
38060 Volano (TN)
Tel.  0464 461375
a cura di

Giulia Zampieri

Giornalista, di origini padovane ma di radici mai definite, fa parte del team di sala&cucina sin dalle prime battute. Ama scrivere di territori e persone, oltre che di cucina e vini. Si dedica alle discipline digitali, al viaggio e collabora con alcune guide di settore.
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