Le ragioni che spingono a chiudere o a riformularsi
Marcello ha annunciato la chiusura di Magorabin - locale che ha nutrito per 22 anni, di cui 13 insignito della stella Michelin - con un post sui social, a metà febbraio. Lo abbiamo sentito non per cavalcare l’onda, bensì per come si è espresso, con onestà e chiarezza, rispetto alle ragioni di questa decisione. La premessa è che in queste settimane non ha smesso di cucinare: conduce Casamago; locale inaugurato sei anni fa, dall’anima decisamente più funky, dove girano cibo, vino e musica su binari più leggeri rispetto a Magorabin.
“Prima del 2020 in Italia si stava consumando un’epoca d’oro per la ristorazione. Un’onda lunga, determinata dalla mediaticizzazione della cucina e dall’assegnazione di valore alla figura del cuoco, sempre più sovrapposto all’immagine della rock star o del calciatore. L’affermazione del cuoco come personaggio mediatico ha aperto tante opportunità per il fine dining, è chiaro. Si sono ‘scoperti’ gli stellati, prima erano un campionato a parte. Era evidente che questa bolla fosse destinata ad esplodere o a ridimensionarsi notevolmente. Ora, complici più fattori, siamo dentro a questa esplosione”.
Marcello Trentini continua la sua lucida analisi di quanto avvenuto negli ultimi anni, prima di giungere alle condizioni personali - ma enormemente diffuse - che stanno spingendo molti locali alla chiusura.
“In quell’arco di tempo sono aumentate persino le iscrizioni agli istituti alberghieri, c’era veramente un interesse smodato. Con la pandemia, oltre ad essersi ridimensionato l’appeal per un certo tipo di ristorazione, la maggioranza degli italiani ha dato fondo ai propri risparmi. Ci ricordiamo, dopo le chiusure forzate, quanta voglia di uscire, andare al ristorante e godersi la vita, c’era nel nostro Paese?”.
Eccome se ce lo ricordiamo. Era una corsa alle prenotazioni.
“È inutile girarci tanto attorno, rispetto a quel periodo sono cambiate le disponibilità economiche delle persone e, di pari passo, i costi di gestione di un ristorante sono saliti alle stelle. Le bollette, il personale, le materie prime: tutto concorre a scoraggiare l’attività imprenditoriale. Se dimezzi gli incassi e raddoppi le spese non ci vuole un genio della matematica per capire che il sistema non è più sostenibile. E tenere aperto un locale a pranzo per un paio di tavoli, come vediamo nell’infrasettimanale di tantissime attività, è una follia”.
Queste considerazioni di Trentini si sovrappongono ai racconti di molti altri ristoratori, soprattutto in quelle insegne in cui le spese necessarie a mantenere in piedi l’attività sono tante, variegate, consistenti (pensando a un ristorante di fine dining, dal tovagliato a, banalmente, il costo dei calici da vino, fino ad arrivare a tutte le inezie… che sono inezie solo in apparenza).
“Oltre ad aver maturato l’idea piano piano, ho analizzato il recente trend di chiusure dei locali simili a Magorabin negli ultimi mesi. Davanti all’ineluttabilità dei fatti ho preso questa decisione. Chiudere non è un dramma se si ha l’attitudine a reinventarsi e se si vive l’ambito professionale con flessibilità. In Italia, a differenza di molti altri paesi, abbiamo l’idea che ‘una strada sia per sempre’. Spesso, invece, cambiano i requisiti e bisogna sapersi plasmare. Ho scelto il lavoro del cuoco e del ristoratore perché ne sono innamorato ma so che non esiste un solo modo per svolgere queste professioni. Non so cosa riserverà il futuro… al momento sento di volermi dedicare con più serenità a uno spazio semplice, più facile e privo di sovrastrutture”.