Come sei arrivata dal mare alle montagne dolomitiche?
“Avevo finito una bella esperienza alla Gioconda di Gabicce e lo chef resident Davide Di Fabio mi ha chiesto di andare con lui a fare un pop-up ristorativo a Cortina d’Ampezzo, dove ho servito durante la cena a quattro mani di Davide e Riccardo Gaspari. Ho conosciuto lì lo chef patron del San Brite. Poi sono andata a pranzo in malga a El Brite de Larieto, poi a cena al ristorante stellato e la sensazione che mi portavo dietro da questi due momenti era rimasta a lungo nella mia memoria. In quel periodo ricevevo molte proposte di lavoro a cui dicevo di no perché le aziende con cui volevo lavorare dovevano colpirmi al cuore prima di tutto. Io ho bisogno di credere in quello che faccio! Un ristorante, per me, non è solo una semplice azienda, deve essere un concentrato di empatia, emozione, rispetto. Riccardo e Ludovica mi sembrava, a ragione, che rappresentassero tutto questo e, quindi, scrissi a loro proponendo la mia candidatura che venne accettata. Nel febbraio dello scorso anno sono arrivata qui e le mie sensazioni hanno subito trovato conferma. Riccardo e Ludovica, anche nelle piccole cose quotidiane danno libro spazio alle persone, ascoltano anche le idee di un’ultima arrivata quale ero io. Cercano, anche nell’organizzazione del lavoro, di rispettare il tempo di ciascuno; offrono un metodo e questa cosa, per me, è molto più importante di mille altre”.
Cosa ti piace di più del San Brite?
“Mi piace il lato umano! Mi piace raccontarne la storia, la filosofia che sta dietro a un piatto, quando metto il piatto davanti al commensale non ho un’unica definizione per spiegare quel momento. In sala non si servono piatti, si serve davvero un’emozione e non è un modo di dire abusato. Non qui! C’è un pensiero in ogni dettaglio, è questo che rende il San Brite un luogo dell’anima, c’è il desiderio di far dimenticare agli ospiti il tempo, proiettarli in una dimensione diversa per qualche ora, di gioia, di divertimento, di benessere”.
Si parla tanto, molte volte a sproposito, delle difficoltà di questa professione di sala, qual è il tuo pensiero?
“Quale lavoro, se ben fatto, non richiede impegno?! Io credo che ci sia una narrazione che va cambiata quando si parla di questo settore. Oggi ci sono ragazze e ragazzi, pur laureati come me, che scelgono questo mestiere, perché? Perché è bellissimo aver a che fare, ogni giorno in modo diverso, con persone di tutto il mondo. Offrire loro un momento di piacere. La narrazione, invece, usa ancora parole come fatica, sacrificio. Ma quale sacrificio può mai essere avere libero il mercoledì anziché il sabato? Dipende da cosa ci metti dentro al tuo tempo libero. La difficoltà più grande sta proprio lì, nel cambiare la mentalità di chi pensa che il sabato libero sia più bello di un altro giorno. E cambiare anche la visione da caserma che resiste in alcuni ristoratori. Trasparenza nelle azioni, rispetto di chi lavora per rendere sempre bello il tuo ristorante. Queste sono le cose da fare e qui, al San Brite, sono una realtà ogni giorno. È per quello che sono qui e ci voglio restare”.
San Brite
Località Alverà, 32043 - Cortina d'Ampezzo (BL)
www.sanbrite.it