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Gli agrumi nella cucina del Sud

03/07/2023

Gli agrumi nella cucina del Sud

Sono tra i frutti più utilizzati nelle cucine meridionali, merito delle tante eccellenze che impreziosiscono il territorio. Dalla Basilicata alla Sicilia, passando per la Puglia, la Campania e la Calabria, le varietà e le denominazioni si rincorrono in una geografia che segna il paesaggio e la cucina locale. Quella di ieri e quella di oggi, perché l’utilizzo degli agrumi in cucina non è un’abitudine recente, seppure si sia rafforzata con il tempo, la conoscenza e le tecnologie. Il loro utilizzo, in effetti, è cresciuto, superando il limite che li vedeva relegati in pasticceria.

Gli agrumi nella cucina del Sud

L’introduzione degli agrumi nel Sud Italia

Il valore nutraceutico degli agrumi era chiaro già alla fine del XVIII secolo, quando sulle navi commerciali se ne caricavano grandi quantità per prevenire lo scorbuto, patologia causata da carenza di acido ascorbico. 

Neutralizzare lo stress ossidativo e, di conseguenza, molte patologie umane legate all’invecchiamento: questo uno dei motivi principali per cui la vitamina C è essenziale per il nostro benessere.

È risaputo che l’origine degli agrumi è da ricercarsi in India, ma la storia del loro cammino e della loro evoluzione è molto lunga. Raggiunsero il Mediterraneo e l’Italia del Sud grazie agli Arabi, man mano si diffusero anche nelle altre regioni che oggi vantano ecotipi eccellenti.

La pratica di piantare agrumeti cominciò durante la loro dominazione in Sicilia, favorita dal clima locale e dalla fertilità del suolo. Da allora le superfici crebbero e si specializzarono, proprio come avvenne nelle altre regioni del Sud in base alle peculiarità dei singoli territori.

Le varietà più utilizzate in cucina

Se in un primo momento gli agrumi sono stati riservati alla realizzazione di bibite e di dolci, man mano che la ristorazione è cresciuta sono entrati in cucina molto più prepotentemente.

Ecco alcune delle varietà che trovano maggiormente spazio sui banchi da lavoro degli chef:

Arancia Staccia di Tursi: si coltiva nel fondovalle dei fiumi Agri e Sinni, in Basilicata. Una leggenda narra che i Saraceni avevano l’abitudine di mangiarla sbucciata, tagliata a fette, coperta da cannella e cipolla, condita con un filo d’olio. Le bucce, invece, venivano raccolte dagli abitanti e bollite con lo zucchero. Lo sciroppo, chiamato giuleppo, veniva utilizzato per condire le costolette di maiale fritte nel lardo.

Arancia del Gargano IGP: dolce e succosa, matura tra aprile ed agosto e viene coltivata nel tratto costiero del Promontorio foggiano. Protagonista dei traffici commerciali con Venezia nel Seicento, era menzionata e amata anche da Gabriele D’Annunzio.

Limone Costa di Amalfi IGP: la varietà è lo Sfusato Amalfitano, nome dovuto alla sua forma affusolata. Si caratterizza per una buccia medio spessa ricca di oli essenziali e terpeni ed è di dimensione medio grande. Il suo sapore semidolce gli consente di trovare largo spazio anche nella cucina tradizionale. Diffusa l’abitudine dei bar di servire il caffè espresso con una buccia di limone al suo interno.

Limone di Sorrento IGP: come il vicino Sfusato, anche questo ha una buccia spessa e di grandi dimensioni. Coltivato esclusivamente nei comuni della Costa di Sorrento, caratterizza il paesaggio per i tradizionali pergolati sorrentini costruiti in legno di castagno.

Bergamotto di Reggio Calabria DOP: 100 chilometri di costa jonica Reggina, sulla punta più a sud dello stivale, prospiciente allo stretto di Messina. È in quest’area dal clima tropicale temperato umido che cresce questo agrume. Qui si produce il 95% della produzione mondiale di bergamotto. Oggi impiegato soprattutto in profumeria, ha un passato in cucina come testimonia il menù di magro offerto nell’aprile del 1538 all’imperatore Carlo V, di passaggio per Roma.

Arancio biondo di Trebisacce: coltivato nel comune dell’Alto Jonio, questo agrume gode da una parte dell’influenza del mare e dall’altra del Massiccio del Pollino. Un frutto ovoidale che pesa in media 180 grammi, si caratterizza per il fatto che può rimanere sulla pianta fino a primavera inoltrata e inizio estate.

Arancia di Ribera DOP: assieme alla più nota arancia rossa di Sicilia, quella di Ribera impreziosisce le denominazioni siciliane. La sua coltivazione si estende lungo 14 comuni della provincia di Agrigento e i suoi frutti sono disponibili da inizio novembre a fine maggio. Polpa bionda e senza semi, la DOP comprende ben tre varietà.

Limone dell’Etna IGP: sono 16 i comuni pedemontani che rappresentano il suo areale di coltivazione. Le due cultivar sono Monachello e Femminello ed entrambe, grazie ad un’antica tecnica, che risale ad oltre 300 anni fa, riescono a produrre sia limoni estivi che invernali.

Limone di Siracusa DOP: coltivato tra il mare e l’entroterra nei dintorni di Siracusa, mai oltre i 210 metri. Si caratterizza per una elevata quantità di succo ed il disciplinare di produzione dispone il divieto assoluto di applicare cere e fungicidi prima del confezionamento, dunque, il frutto certificato è sempre commestibile in ogni sua parte.

La lista avrebbe potuto essere più lunga, la biodiversità agrumicola nell’Italia meridionale è entusiasmante. Un patrimonio sostenuto proprio da un rinnovato desiderio della ristorazione di dare rilievo alle tipicità locali.

Gli agrumi nella cucina del Sud

Gli agrumi nella cucina contemporanea

Perfetti per le marinature e per aromatizzare, sdoganati nelle insalate e nei risotti, gli agrumi si sono rivelati particolarmente versatili in una infinità di altri modi. Interessante l’utilizzo nel pane di una sorta di farina ottenuta dagli agrumi, al fine di arricchirlo di buone fibre. E se le marmellate presenziano negli antipasti accanto ai formaggi, le zeste fanno bella mostra di sé nei primi piatti, il succo supporta carne e pesce, integrandosi anche nella realizzazione di innumerevoli dolci. 

Tra i classici celebri, tra gli altri, gli spaghetti al limone della Costiera amalfitana, così come appassiona l’abbinamento limone e alici negli antipasti. Negli ultimi anni, inoltre, da quando è cominciato il boom delle birre artigianali realizzate con i prodotti tipici, le aromatizzazioni con gli agrumi si sono moltiplicate grazie al consenso dei consumatori.

Il Birrificio Sorrento è nato proprio partendo da due birre agli agrumi: una con bucce fresche di limoni di Sorrento IGP e l’altra con bucce fresche di arance di Sorrento. Medesima scelta per Birra del Gargano che elegge l’arancia del Gargano IGP per la Blanche e per la birra scura di ispirazione anglosassone Porto Galla. Esperienze similari anche per il Birrificio dell’Etna in Sicilia che ha realizzato una American pale ale con le scorze del limone dell’Etna. Molti altri, anche nel segmento industriale, hanno scelto il succo per realizzare le proprie Radler.

Impossibile non citare, per il fine pasto, un intramontabile classico: il limoncello. Tradizionale, ma sempre verde, resta un simbolo (assieme alle granite) in tutte le zone costiere dove si coltivano agrumi.

a cura di

Antonella Petitti

Giornalista, autrice e sommelier. Collabora con diverse testate, tra radio, web e carta stampata. Ama declinare la sua passione per il cibo e i viaggi senza dimenticare la sostenibilità. Sempre più “foodtrotter” è convinta che non v’è cibo senza territorio e viceversa.

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