Renato Bosco
Renato Bosco, invece, ha parlato degli stimoli che lo hanno portato a credere nella figura del pizzaiolo: “Ho avuto la fortuna, tantissimi anni fa, di partecipare a degli approfondimenti proprio nel momento in cui Agugiaro lanciava il suo progetto di farine dedicate alle pizze e questo mi ha favorito un’apertura mentale diversa, mi ha dato la possibilità di vedere quel futuro nel mondo pizza che oggi è realtà. Incontrarsi, parlare, confrontare le diverse idee è stato l’elemento che ha consentito la svolta, ha permesso a un prodotto popolare come la pizza di assurgere a una dimensione così importante nei consumi fuori casa, di far diventare i nostri locali luoghi dove si resta più a lungo perché sono belli, comodi, alla portata di tutti”.
Ferdinando Del Vecchio
Ferdinando Del Vecchio è stato presentato da Dominga Cotarella come uomo contadino, imprenditore che fa agricoltura multifunzionale.
“Per chi non ha conoscenza profonda dell'agricoltura multifunzionale, – afferma Del Vecchio - è quella legge di orientamento che ha permesso di trasformare il produttore in imprenditore. Quindi non è soltanto uno che produce, è quello che trasforma, colui che gestisce anche un agriturismo. Io produco vino a Nusco, sono un'azienda multifunzionale, cerealicola, castagne, vino, faccio quasi un po' tutto ad eccezione della carne. Produciamo pasta fresca e, essendo io un appassionato di farina, mi sono dedicato anche alle pizze. Ma quello che voglio dire è che bisogna rispettarsi i tempi della stagionalità, avere amore verso la terra, lasciare che viva i tempi giusti per dare sempre i suoi frutti migliori”.
Franco Pepe
Franco Pepe è il testimone diretto di come la pizza possa cambiare un territorio: la sua Pepe in Grani sposta decine di migliaia di persone ogni anno a Caiazzo e lui inizia da qui il suo racconto: “Vennero da me Luigi Cremona e Lorenza Vitali mentre stavo ristrutturando i locali che avrebbero ospitato Pepe in grani, a quel tempo lavoravo nella pizzeria di mio padre e vollero visitare il cantiere. Io ero in preda al panico per il salto che avevo deciso di fare. Giorni dopo Luigi scrisse che a Caiazzo stava nascendo il Relais e Chateaux della pizza. Non volevo crederci, eppure dopo anni quella profezia è realtà. Vengo al tema della pizza strana: io faccio la margherita sbagliata che potrebbe rientrare nelle stranezze ma la mia margherita sbagliata è la margherita della semplicità. Con essa voglio far capire che l'identità della pizza e l'identità della pizzeria deve essere sempre popolare, un luogo popolare. Quindi dobbiamo lavorare con la semplicità. Io dico che più elementi abbiamo a disposizione, più riusciamo a regalare delle emozioni ai nostri ospiti. Per farlo dobbiamo partire, non dal topping, ma dall’impasto. Noi dobbiamo saper conoscere le farine che utilizziamo, dobbiamo tirarne fuori le caratteristiche migliori. Dobbiamo far parlare l’impasto per dare valore al nostro lavoro. Poi dobbiamo coinvolgere i produttori del nostro territorio. Io ho cominciato con sette contadini, oggi sono una quarantina quelli che mi forniscono i prodotti. Ho ridato vita a un’agricoltura che era di sussistenza. E per dare certezze all’ospite ho dato vita a un team scientifico con una biologa, un agronomo che lavora insieme ai contadini, a una squadra di ragazzi che condividono le mie idee”.