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Il mondo della pizza è cambiato radicalmente

13/05/2025

Il mondo della pizza è cambiato radicalmente

Ad Emergente Pizza si è tenuto un talk, condotto da Dominga Cotarella, sul tema Il mondo della pizza è cambiato radicalmente: la sua identità è stata

finalmente sdoganata nel suo ruolo d’impresa!. Il talk si è svolto al termine della gara che ha visto vincitore di Emergente Pizza 2025 Antonio Coppola della pizzeria Fratelli Coppola di Milano.

Gli interventi sono stati di: Ottavio Di Brizzi, direttore editoriale del Touring Club Italiano; Alessandro Gilmozzi, chef e presidente dell’Associazione Italiana degli Ambasciatori del Gusto; Renato Bosco – Maestro pizzaiolo e innovatore, fondatore di Saporè a San Martino Buon Albergo (VR); Giorgio Agugiaro, owner Agugiaro & Figna Molini e una delle voci più autorevoli nel settore molitorio; Ferdinando Del Vecchio, cuoco contadino e titolare dell’Agriturismo Cecauciello a Nusco (AV); Franco Pepe, maestro pizzaiolo di fama internazionale e protagonista di "Chef’s Table: Pizza".

 

Ottavio Di Brizzi

La parola, all’inizio, è stata quella di Ottavio Di Brizzi che ha ammesso di non conoscere, fino a poco tempo fa, l’evoluzione del mondo pizza anche se campano di origine e consumatore di pizza ma abitudinario: “Mangiavo quella sotto casa e mi rifiutavo di mangiarla altrove”.

”Cosa c’entra il Touring Club Italiano con la pizza? – ha continuato – Il nostro è un mestiere di cartografi ma descrivere oggi il mondo pizza significa anche saper disegnare mappe di geografia sentimentale, una geografia che ha a che fare con i sensi, io penso che si possa esplorare lo spazio in qualche modo traducendo le esperienze in racconto, la geografia è un metodo di racconto. E questo nuovo scenario della pizza è una nuova lingua universale. Cosa voglio dire con questo? Che ci sono elementi essenziali legati alla tradizione, alle radici, al patrimonio storico, culturale del nostro paese, che sono fortemente identitari, ma allo stesso tempo questi elementi sono elementi di un palinsesto che deve essere riscritto costantemente”. 

Giorgio Agugiaro

Giorgio Agugiaro, il primo a dare un volto nuovo alle farine, quando, anni fa, ideò il marchio Le 5 stagioni appositamente per le pizzerie, interpreta così il nuovo di questo settore: “Io vorrei esordire con una notizia che deve far riflettere: in Italia si producono le migliori farine del mondo. Per due motivi. Il primo è che siamo un paese importatore di grano e questo ci consente, ogni anno, di andare a scegliere nel mondo le migliori varietà di grano da trasformare. Il secondo è che in Italia esiste una clientela molto esigente e, di conseguenza, dobbiamo darle il meglio, per questo le nostre miscele sono le migliori del mondo. E fare il mugnaio non è cosa facile perché produrre una cosa che si mangia solo se trasformata rende tutto molto più complicato. Quindi io ho bisogno di avere dei clienti bravi. Perché se io produco un'ottima farina, ma il pizzaiolo fa un casino con il forno, il suo cliente va a casa e dice che è colpa della farina. Invece no, perché noi la farina la sappiamo fare ma deve esserci un bravo pizzaiolo, un bravo pasticcere, un bravo panettiere a valorizzarla. La pizza, infatti, non deve essere strana, deve essere buona. E sono due cose diverse. Perché c'è stata una gara negli ultimi anni a fare la pizza strana. Mentre è necessario tenere in mente solo una cosa: la pizza deve avere un gran sapore e un gran profumo, devo uscire dal locale sapendo che digerirò bene, non avrò sete durante la notte”.

Alessandro Gilmozzi

Alessandro Gimozzi ha esordito raccontando e ringraziando Renato Bosco e Franco Pepe che gli hanno insegnato a fare la pizza: “Sono loro che mi hanno dato veramente lo spunto di continuare a studiare e rendere la pizzeria che ho accanto a El Molin un luogo degno di tale nome. La pizza, infatti, è identità e non poteva essere altrimenti rispetto alla mia cucina che è fortemente legata al territorio in cui lavoro. Ho cominciato 34 anni fa e l’ho fatto aprendo la porta ogni mattina ai macellai, ai piccoli allevatori, ai casari del luogo che mi portavano le loro merci e con cui ho discusso fino a fargli cambiare i loro metodi di lavoro portandoli verso la qualità estrema. E questo fare rete lo considero il mio più grande risultato. Posso fare un esempio? C’è ancora un'allevatrice, che ha 84 anni, e mi chiama quando sta nascendo il vitello e io mi alzo alle 5 di mattina per andare a vedere la scena del parto. Ma vi voglio anche parlare degli Ambasciatori del Gusto, l’associazione che ho l’onore di presiedere: nata nel 2015, in concomitanza con Expo, oggi è l’interlocutore privilegiato del ministero delle politiche agricole, con le istituzioni abbiamo un tavolo di lavoro permanente che ha dato vita anche ad alcuni decreti legislativi. Siamo un gruppo di quasi 240 professionisti che amano confrontarsi sulle tematiche dell’alimentazione, della cucina italiana e della ristorazione. Perché questi sono temi che creano quella cultura italiana per la quale siamo apprezzati nel mondo intero”.

Renato Bosco

Renato Bosco, invece, ha parlato degli stimoli che lo hanno portato a credere nella figura del pizzaiolo: “Ho avuto la fortuna, tantissimi anni fa, di partecipare a degli approfondimenti proprio nel momento in cui Agugiaro lanciava il suo progetto di farine dedicate alle pizze e questo mi ha favorito un’apertura mentale diversa, mi ha dato la possibilità di vedere quel futuro nel mondo pizza che oggi è realtà. Incontrarsi, parlare, confrontare le diverse idee è stato l’elemento che ha consentito la svolta, ha permesso a un prodotto popolare come la pizza di assurgere a una dimensione così importante nei consumi fuori casa, di far diventare i nostri locali luoghi dove si resta più a lungo perché sono belli, comodi, alla portata di tutti”.

 

Ferdinando Del Vecchio

Ferdinando Del Vecchio è stato presentato da Dominga Cotarella come uomo contadino, imprenditore che fa agricoltura multifunzionale.

“Per chi non ha conoscenza profonda dell'agricoltura multifunzionale, – afferma Del Vecchio - è quella legge di orientamento che ha permesso di trasformare il produttore in imprenditore. Quindi non è soltanto uno che produce, è quello che trasforma, colui che gestisce anche un agriturismo. Io produco vino a Nusco, sono un'azienda multifunzionale, cerealicola, castagne, vino, faccio quasi un po' tutto ad eccezione della carne. Produciamo pasta fresca e, essendo io un appassionato di farina, mi sono dedicato anche alle pizze. Ma quello che voglio dire è che bisogna rispettarsi i tempi della stagionalità, avere amore verso la terra, lasciare che viva i tempi giusti per dare sempre i suoi frutti migliori”.

 

Franco Pepe

Franco Pepe è il testimone diretto di come la pizza possa cambiare un territorio: la sua Pepe in Grani sposta decine di migliaia di persone ogni anno a Caiazzo e lui inizia da qui il suo racconto: “Vennero da me Luigi Cremona e Lorenza Vitali mentre stavo ristrutturando i locali che avrebbero ospitato Pepe in grani, a quel tempo lavoravo nella pizzeria di mio padre e vollero visitare il cantiere. Io ero in preda al panico per il salto che avevo deciso di fare. Giorni dopo Luigi scrisse che a Caiazzo stava nascendo il Relais e Chateaux della pizza. Non volevo crederci, eppure dopo anni quella profezia è realtà. Vengo al tema della pizza strana: io faccio la margherita sbagliata che potrebbe rientrare nelle stranezze ma la mia margherita sbagliata è la margherita della semplicità. Con essa voglio far capire che l'identità della pizza e l'identità della pizzeria deve essere sempre popolare, un luogo popolare. Quindi dobbiamo lavorare con la semplicità. Io dico che più elementi abbiamo a disposizione, più riusciamo a regalare delle emozioni ai nostri ospiti. Per farlo dobbiamo partire, non dal topping, ma dall’impasto. Noi dobbiamo saper conoscere le farine che utilizziamo, dobbiamo tirarne fuori le caratteristiche migliori. Dobbiamo far parlare l’impasto per dare valore al nostro lavoro. Poi dobbiamo coinvolgere i produttori del nostro territorio. Io ho cominciato con sette contadini, oggi sono una quarantina quelli che mi forniscono i prodotti. Ho ridato vita a un’agricoltura che era di sussistenza. E per dare certezze all’ospite ho dato vita a un team scientifico con una biologa, un agronomo che lavora insieme ai contadini, a una squadra di ragazzi che condividono le mie idee”.

 

a cura di

Luigi Franchi

La passione per la ristorazione è avvenuta facendo il fotografo nei primi anni ’90. Lì conobbe ed ebbe la stima di Gino Veronelli, Franco Colombani e Antonio Santini. Quella stima lo ha accompagnato nel percorso per diventare giornalista e direttore di sala&cucina, magazine di accoglienza e ristorazione.
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