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Il nuovo twist di Trattoria al Sasso

13/09/2024

Il nuovo twist di Trattoria al Sasso

Quando ho raccontato la storia di Martino Granzon ad amici e colleghi ho raccolto mediamente questa risposta: “Ha avuto coraggio”. Coraggio, un termine trito e ritrito di questi tempi (non me ne vogliano i miei interlocutori!) che purtroppo la comunicazione ha spesso svuotato di significato, declinandolo praticamente ad ogni situazione imprenditoriale.

Martino il coraggio l’ha avuto e ce l’ha davvero: decidere di rilevare una delle insegne più iconiche dei Colli Euganei per mettere in piedi un progetto personale, fare i conti con una clientela storica consolidatissima, e con il legame affettivo con i precedenti gestori, è una sfida davvero non alla portata di tutti. 

Ma no, qui, riportandovi la sua intervista, non parleremo di coraggio: oggi anche averne da vendere non basta. Per far girare un locale ci vogliono idee, studio, fermezza, intelligenza, voglia e soprattutto tanta competenza. Attributi che Martino racconta ma non esibisce. Se non attraverso la cucina e le precise risposte che seguono.

Martino GranzonMartino Granzon

Dall’istituzione al nuovo percorso

Partiamo dal principio. Trattoria Al Sasso è stata dalla fine degli anni ‘80 meta per tanti avventori, appassionati di vino e per gli amanti degli angoli arroccati e silenziosi dei Colli Euganei. 

Un’istituzione a tutti gli effetti, fatta di piatti intramontabili, consuetudini stagionali, grandi bottiglie riposte in cantina, salette accoglienti e un grande portico dove in estate ci si gode una brezza a volte anche vigorosa che scende dalle colline. 

Un punto fermo per tantissimi padovani e veneti, che tra questi rilievi trovano rifugio dalle città.

Lucio Calaon e Lorenza Dal Santo, il primo in sala e la seconda in cucina, erano i fari di questo indirizzo, la cui costituzione in realtà risale al 1954.
L’insegna è ancora oggi affissa dalla parte opposta della strada, di fronte al ristorante, che compare timidamente a un paio di curve dal centro di Teolo. Non balza all’occhio se non per la scritta “pollo fritto”, appena sotto, che ricorda la specialità della casa, mai tramontata negli anni.
Non molto lontano da qui, scendendo verso la pianura, a Vo’, è nato Martino Granzon, oggi trentunenne.

Dopo gli studi alberghieri Martino ha deciso di fare esperienza altrove. Prima a Londra, poi a Montecarlo con Ducasse, in Svizzera, quindi di nuovo in Italia. Come spesso accade, per chi lascia la terra natia per formarsi fuori, il richiamo delle proprie origini prima o poi bussa alla porta. Martino è tornato con l’intenzione di dedicarsi a un progetto vicino a casa, consapevole di quali fossero i limiti e i pregi della zona. Venuto a conoscenza dell’intenzione di Lucio e Lorenza di ritirarsi dal settore, ha deciso di affacciarsi.
“Avevo voglia di tornare qui. Questa è sembrata l’occasione giusta. Sono venuto Al Sasso per dei sopralluoghi, per capire che potenzialità c’erano. Ho trovato subito delle affinità con Lucio e Lorenza. Da quelle siamo partite per ragionare su un passaggio di consegna”.

Il pollo fritto, nuova versioneIl pollo fritto, nuova versione

Piccoli passi, partendo dalle cose in comune
Come si rileva un’attività consolidata preservandone il nome, apportando novità ma anche garantendo familiarità ai clienti abituali?
Ce le racconta: “Il primo inamovibile aspetto che non doveva cambiare riguarda il numero di coperti. In qualsiasi stagione non superiamo i 40/45 ospiti. È una scelta dettata da due ragioni. La voglia di lavorare bene e di garantire pace e tranquillità ai nostri clienti, esattamente come hanno sempre fatto Lucio e Lorenza”.
Il secondo caposaldo riguarda più strettamente la cucina e la qualità delle materie prime. 

Le scegliamo per la qualità e non necessariamente per la prossimità geografica. A tal proposito abbiamo ritenuto opportuno mantenere in carta tre piatti che hanno contraddistinto Al Sasso. Sono il pollo fritto, la faraona di Bresse e le acciughe del Cantabrico servite con l’olio di un frantoio locale. Abbiamo apportato piccole modifiche solo per rendere questi assaggi ancora più vicini alla nostra idea di cucina. Il pollo fritto per esempio è stato alleggerito, rinfrescato da una marinatura con lime e zenzero e poi avvolto da una nuova panatura, a base di fecola. La faraona di Bresse, sin da quando l’ho assaggiata, è stata per me un piatto intoccabile, un prodotto straordinario di cui sono rimasto sorpreso, per la bontà e per la modalità di allevamento. Anche quella è rimasta salda, con qualche leggera modifica”.
L’interesse per il mondo del vino è l’altro grande protagonista che non si è fatto indietro in questo nuovo corso.
“Lucio è sempre stato un conoscitore del mondo enologico e un’ampia fetta di clientela giungeva qui proprio per la certezza di trovare etichette interessanti, con una vasta collezione anche dall’estero. Con Elia Tecchiato, che è il nuovo responsabile di sala e sommelier, abbiamo voluto mantenere la centralità del vino offrendo una carta un po’ per tutti, ma soprattutto individuando bottiglie che ci rappresentano, che ci piacciono, insomma che beviamo anche noi”.

 

Il nuovo twist di Trattoria al Sasso

Come ci si scambia un locale quando di mezzo non c’è un legame familiare o un rapporto di lavoro continuativo? Come si fa a prendere in mano un’insegna che non ha mai chiuso senza peccare d’identità e coerenza?
“Per un certo periodo, circa quattro mesi, ho lavorato al fianco di Lucio e Lorenza, in cucina. Era necessario per capire le dinamiche, l’organizzazione, studiare eventuali cambiamenti, conoscere la clientela. Quel periodo mi ha permesso di “tarare” gli interventi, capire fino a dove potevo spingere e dove, invece, dovevo fermarmi. L’obiettivo non è mai stato copiare pari pari ciò che facevano loro. Sarebbe stato controproducente. Era necessario accompagnare la pagina voltandola lentamente, sfruttando il vantaggio di una clientela tendenzialmente già abituata all’approfondimento e alla ricerca. Il tutto ricordandosi che il cambio passo, la virata, doveva essere percepita dal cliente sin da subito”.
 

Il nuovo twist di Trattoria al Sasso

La tradizione, una patata bollente
Ricordo nitidamente le parole di Martino, a cena conclusa, prima che ci concedessimo questa conversazione più approfondita qualche settimana dopo. Si parlava della sua percezione del territorio e della cucina italiana. Non nascondo che da quei concetti è nata la voglia di costruire quest’intervista.

“Molti parlano di tradizioni, pretendono le tradizioni, si rifugiano nelle tradizioni. Credo invece che si dovrebbe scavare un po’ più a fondo. La mia regola è che non si può reclamare una tradizione se alla base non c’è una tradizione vera da cui partire. Mi sono documentato molto, sia per dovere che per passione, sulle tradizioni gastronomiche che connoterebbero i Colli Euganei e ho trovato poco. Bisogna avere il coraggio di dirlo. Ci sono dei prodotti eccellenti, come gli asparagi di Pernumia, le erbe spontanee, ma tanti altri cibi spacciati per locali, o dati come esito di lunghe tradizioni, non lo sono. Bisognerebbe avere l’onestà di dire al cliente quando una materia prima non è del territorio, ma la si spaccia per tale e la si acquista altrove. A quel punto non c’è differenza con le nostre scelte di includere nel menu prodotti stranieri come le acciughe e la faraona di Bresse. E poi, bisogna fare i conti con quantità e disponibilità. I bisi (i piselli ndr) sono un ingrediente molto amato, anche da noi. Sono buonissimi ma non sono presenti in quantità sufficienti per stare a lungo nelle carte dei ristoranti locali. Crediamo sia ragionevole proporli quando ci sono davvero ed evitare forzature. Una forzatura per noi sarebbe anche, al momento, il menu degustazione: per me non dovrebbe contenere i piatti presenti in carta ma avere una sua logica di assaggio. Presuppone anche una squadra di sala numericamente più ampia per gestire correttamente il ritmo. Le mezze porzioni ci aiutano a fare assaggiare ai clienti che lo desiderano più piatti”.

 

 

Obiettivi
Parlare di obiettivi oggi è essenziale: navigare a vista non è una pratica che ci si può più permettere nella ristorazione. Per questo abbiamo chiesto a Martino quali propositi si è dato sin dal giorno di apertura.
“Il primo è fare funzionare questo ristorante intercettando le cose che fanno stare bene la clientela. A cominciare dal servizio, curato ma informale per davvero. Il secondo è creare una rete di collaborazione con produttori e altri ristoratori. Nelle precedenti esperienze ho visto che è fattibile. Non si devono costituire delle nicchie, dei gruppi per pochi, ma creare delle occasioni di scambio che facciano crescere il territorio e la qualità dei ristoranti stessi. Per i nuovi è spesso difficile. Tutto parte concettualmente anche dal nostro esercizio quotidiano, quindi da una collaborazione dentro alle mura del ristorante. Tra me, Elia, Giulio che è con me in cucina e Sofia che si occupa della sala non manca mai il dialogo. Ognuno è libero di esprimersi, di valorizzare il proprio progetto, e gli altri ascoltano, così come dovrebbe essere in un rapporto sinergico con le altre realtà del territorio. Ci auguriamo che possa esserci una piccola evoluzione su questo fronte”.
Ci sono altre aspirazioni che Martino ci cita ma una ci rimane impressa.
“Amo questo lavoro perché non riesco a smettere di pensare. Non smettere di pensare significa evolvere, ma anche studiare: prodotti, tecniche, comunicazione, nuove frontiere”.
Ecco più o meno tutti gli ingredienti per il nuovo twist da Trattoria Al Sasso, già in carta al solito civico di Via Ronco a Teolo.



Trattoria Al Sasso
Via Ronco, 11
35037 Teolo (PD)
Tel. 049 992 5073

a cura di

Giulia Zampieri

Giornalista, di origini padovane ma di radici mai definite, fa parte del team di sala&cucina sin dalle prime battute. Ama scrivere di territori e persone, oltre che di cucina e vini. Si dedica alle discipline digitali, al viaggio e collabora con alcune guide di settore.
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