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Il primo a prender fuoco fu Totò

13/05/2025

Il primo a prender fuoco fu Totò

Bruno Damini, l’autore di questo veritiero romanzo, torna nei luoghi della sua infanzia, a Napoli, per iniziare una faticosissima ricerca su Giuseppe Masotola, per tutti monsù Peppino, vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento. I monsù, nel sud dell’Italia, erano i cuochi dell’aristocrazia nobiliare che, finita quell’epoca, si sono ritrovati a doversi inventare un lavoro. In Francia hanno dato vita alla ristorazione pubblica, in Italia sono durati più a lungo nelle case nobiliari ma poi, come monsù Peppino, hanno fatto altre scelte obbligate.

Lui trascorse la sua vita sulle imbarcazioni a cucinare in viaggio per il mondo, nelle guerre mondiali, e nelle ville che puntellano il Vesuvio. La magnifica storia scritta da Bruno Damini inizia proprio da Villa Olivella, ai tempi di Ingrid Bergman e Roberto Rossellini che qui vivevano, ospiti del conte Paolo Caetani, durante le riprese del film Viaggio in Italia. Ma, in un effetto straniante, è come se le prime pagine del libro ne raccontassero la fine. La storia vera e appassionante comincia nel secondo capitolo quando monsù Peppino racconta il sapore dei ricordi, facendosi passare tra le dita, prima di bruciarle tutte, le foto di una vita e la prima a prender fuoco è quella con Totò. E sta proprio qui il magistrale lavoro dell’autore: ricostruire, pezzo dopo pezzo, una storia di cui si erano perse tutte le traccie o quasi. 

L’amore per la cucina, per monsù Peppino, inizia da bambino, quando suo padre, impiegato negli Uffici di Bocca della Real Casa a Napoli, lo portava nelle cucine di Palazzo Reale: chissà che non t’impari un mestiere, gli diceva.

E Peppino lo imparò talmente bene che, grazie al capocuoco, il signor Pettini, a dodici anni iniziò una carriera che lo portò, dapprima a imparare il francese, la lingua dei ricchi come la definisce lui, per poter leggere i ricettari e poi ad assolvere ai compiti della cucina reale come chef de partie. Finita quell’esperienza si imbarcò a Livorno come cuoco borghese per le cucine della corazzata. Era il 1910. Ma la sua vita a bordo delle navi fu al culmine quando divenne cuoco di bordo della nave di Guglielmo Marconi, sulla quale lo scienziato faceva i suoi esperimenti. Poi la guerra che lo porta con gli americani a cucinare sulle corazzate fino al 1950 quando torna in una Napoli ancora semidistrutta. Una storia davvero coinvolgente che si chiude con una riflessione profonda: “quello che so l’ho imparato in silenzio, osservando come si muovevano le mani degli altri in cucina. Quella del cuoco è un’arte effimera. Nulla resta dei nostri piatti, se non nella memoria di qualcuno… Le ricette non bastano, sono solo tracce… ma la scrittura non emana odori, non lievita, non frigge, non arrostisce, non brucia, non fuma, non cambia colore”.

Un libro avvincente, che ti tiene inchiodato fino alla fine!

 

Il primo a prender fuoco fu Totò

Bruno Damini

Edizioni Minerva 

191 pagine

Euro 16,90

www.minervaedizioni.com 

a cura di

Luigi Franchi

La passione per la ristorazione è avvenuta facendo il fotografo nei primi anni ’90. Lì conobbe ed ebbe la stima di Gino Veronelli, Franco Colombani e Antonio Santini. Quella stima lo ha accompagnato nel percorso per diventare giornalista e direttore di sala&cucina, magazine di accoglienza e ristorazione.
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