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Il Rapporto Ristorazione FIPE 2024

09/05/2024

Il Rapporto Ristorazione FIPE 2024

Come ogni anno la FIPE – Federazione Italiana Pubblici Esercizi presenta il Rapporto Ristorazione nel corso di una conferenza stampa presso la sede nazionale di Confcommercio a Roma e, come ogni anno, è un’occasione per fare il punto di come sta il comparto.

Il Centro Studi FIPE, diretto da Luciano Sbraga, svolge questa ricerca in maniera seria, puntuale e concreta, grazie al fatto che la federazione è il principale sindacato di settore, con migliaia di aderenti e una ramificazione diffusa sull’intero territorio nazionale e proprio da questo derivano i dati che il direttore del Centro Studi ha snocciolato con autorevolezza.

 

Il settore ha reagito bene 

Il primo dato che balza agli occhi è il valore aggiunto della ristorazione nel 2023: 54 miliardi di euro che stanno a indicare come i gravissimi problemi che il comparto ha dovuto affrontare durante l’emergenza pandemica sono ormai alle spalle. Un valore aggiunto che supera quello dell’agricoltura (40,5%) e dell’industria alimentare (36,1%) e che si somma a un altro dato importante: il superamento del 2019, quando la spesa per consumi fuoricasa aveva raggiunto il massimo storico di 83 miliardi di euro: nel 2023, con un aumento del 7%, si è arrivati a 91,7 miliardi di euro con una spesa pro-capite di 1.528 euro, pari al 32% del più generale consumo alimentare.

Il tutto tenendo conto che gli aumenti nel settore sono sempre stati inferiori al tasso d’inflazione, lasciando sul campo un po’ di marginalità: 5,3% nei ristoranti, 6,2% nelle pizzerie, 4,6% nei bar e 0,6% nelle mense.

Da questi dati si evince come l’Italia sia il fanalino di coda, al quart’ultimo posto tra i paesi europei per i prezzi al consumo, con un 5,8% rispetto alla media europea dell’8,1%.

 

Quanti sono i pubblici esercizi in Italia

Il tessuto imprenditoriale è costituito da 331.888 imprese attive, ma se calcoliamo che diverse imprese hanno più di un punto vendita arriviamo a superare le 400.000.

Di queste 132.004 sono bar, 195.471 ristoranti, pizzerie, take away, gelaterie e pasticcerie e 3.703 sono aziende che offrono servizi di banqueting e catering. 

Sono molte per il tessuto italiano? Si, in alcune aree metropolitane, infatti il dato negativo è che il 50% delle imprese non supera il quinto anno di attività. Questo denota un problema di scarsa imprenditorialità che il presidente FIPE, Lino Enrico Stoppani, ha affrontato, a una nostra domanda, con queste parole: “Questo è stato uno degli effetti negativi della liberalizzazione delle licenze che, se da un lato, è stata giusta perché di stimolo alla concorrenza, dall’altro sta generando questi altissimi tassi di mortalità delle imprese, consentendo a tutti di fare tutto e, di conseguenza, a molti di fare poco e male, soprattutto in questo settore dove si pensa, in modo sbagliato, che non ci vuol niente a saper fare un caffè o un piatto di pasta. Che ha portato ad aumentare l’alcolismo in questo Paese grazie a punti di consumo troppo facilmente raggiungibili da chiunque, c’è un problema di infiltrazione malavitosa causato dall’abbassamento della guardia dovuto alla facilità con cui si possono aprire e chiudere locali pubblici. Nel momento in cui i requisiti professionali non sono misurabili e controllati si creano questi fenomeni che causano anche la mortalità del 50% delle imprese. C’è poca imprenditorialità nel settore e come FIPE stiamo attenti, anche grazie agli enti bilaterali, a tutte le possibili soluzioni di un problema che danneggia l’intera categoria di un settore determinante per la qualità della vita e della sicurezza nelle città”.

Nel 2023 si sono iscritte 10.319 nuove imprese con alcune sorprese molto positive: il 28,9% delle imprese sono gestite da donne e il 12.9% da giovani under 35, concentrate principalmente nel segmento ristorazione (60,3%).

 

La ristorazione attiva tante filiere

È ormai acclarato il ruolo che la ristorazione ha nella società e nell’economia: agricoltura, pesca e industria alimentare sono in testa, seguiti dalla parte commerciale (dettaglio e distribuzione). Per quest’ultima, la distribuzione, è in atto un profondo cambiamento di prospettiva: se fino a pochi anni fa il distributore (che si chiamava grossista) era di fatto un servizio di magazzino e consegna delle merci, oggi nel distributore gli chef e i ristoratori vedono anche un consulente in grado di selezionare le materie prime migliori per i propri menu. Poi vengono le attrezzature, gli arredamenti, la carta e le stoffe, gli aspetti legati agli investimenti immobiliari, le locazioni, gli strumenti informatici, la comunicazione e via dicendo.

Soprattutto la ristorazione è sempre di più un asset formidabile del turismo, la principale tra le industrie italiane. Molti turisti, nella scelta dell’Italia, pongono il mangiar bene tra i principali motivi di scelta della destinazione.

Gli investimenti programmati nel 2024

Con un valore potenziale di quattro miliardi di euro nel 2024, il 55,4% degli esercizi pubblici intende investire: in attrezzature con una predisposizione per strumenti di cottura che possano alleviare la carenza di personale; nel digitale favorendo una maggior interfaccia con il cliente, quindi in gestionali che possano tenere traccia dei gusti e delle abitudini del cliente, che ne agevolino i metodi di prenotazione. Anche in comunicazione il digitale vedrà un investimento da parte delle strutture, con attività più marcate sul sito proprietario e sui social. Infine da non trascurare i processi di ammodernamento e innovazione tramite lavori di ristrutturazione, rifacimento degli impianti, isolamento termico e acustico, allestimento dei dehors esterni.

In pratica il comparto vuole davvero essere al passo con i tempi superando quel negativo 10% che caratterizzava, prima del Covid, la predisposizione verso gli strumenti digitali da parte dei ristoratori.

 

I dati sull’occupazione

Come per molti altri settori il problema dell’occupazione si fa serio anche nella ristorazione seppur sia stato il 2023 l’anno in cui i contratti a tempo indeterminato hanno superato qualsiasi altra forma di rapporto di lavoro, arrivando al 58,5% del totale.

Sono 1,4 milioni gli addetti nel pubblico esercizio, di cui 1.070.839 lavoratori dipendenti (+8,5% sul 2019), equamente divisi tra uomini e donne, di cui 626.503 a tempo indeterminato.

Esiste comunque il problema di essere sottostimati per le necessità reali del settore e, a una nostra domanda in conferenza stampa, il presidente FIPE ha risposto così: “Innanzitutto è fondamentale che un governo non si caratterizzi per il sussidio ma attivi e sostenga serie politiche di formazione. C’è un problema sociale dettato dalla demografia italiana, e oggi c’è necessità di regolare i flussi, per risolvere i problemi del lavoro. Il nostro settore, in questo, può fare molto per garantire gli aspetti di inclusione e accompagnamento dei nuovi italiani nel nostro Paese”.

Luciano Sbraga ha completato il quadro sul discorso della formazione: “Noi stiamo facendo diverse attività, ne cito solamente due. Abbiamo realizzato delle guide di business che consentono agli imprenditori di capire in quale mondo stanno entrando con i loro investimenti; abbiamo avviato dei corsi di formazione per gli imprenditori perché vogliamo che siano riconosciuti per la loro qualificazione manageriale. Infine stiamo lavorando a un progetto di cultura imprenditoriale nelle scuole, non solo alberghiere e di ristorazione, per parlare di imprenditoria nel settore della ristorazione”.

Crescono le catene

Uno dei fattori più dinamici dei consumi fuori casa è la crescita costante delle catene di ristorazione: nel 2023 rappresentano circa l’11% del mercato (pari a 9,9 miliardi di euro), segnando quasi il raddoppio rispetto al 2011 (5,8% e 4,2 miliardi di euro).

Le catene si differenziano rispetto agli imprenditori indipendenti per elevata dimensione e scalabilità, per gli investimenti in marketing, per offrire prezzi più competitivi e adottare soluzioni digitali più avanzate. 

Per questi motivi stanno attirando l’attenzione degli investitori finanziari che, nel periodo 2018-2022, hanno concluso 28 operazioni di fusione e acquisizione nel settore della ristorazione commerciale.

 

L’impatto della domanda di prodotti salutari e sostenibili

Se lo scorso anno uno dei dati più sorprendenti del Rapporto Ristorazione è stata la crescita dell’attenzione verso una cucina salutistica che passava da un 32% a un 42%, in questa edizione la sostenibilità è diventata elemento centrale di scelta anche nel fuoricasa. In Europa, come in Italia, si preferiscono sempre di più i prodotti locali, naturali e sostenibili, mentre cala l’interesse per quelli a base di carne, grassi e zuccheri. Una forte crescita si registra nel vegetale che, nel nostro Paese, vede una crescita della percentuale di vegetariani raddoppiata negli ultimi dieci anni, raggiungendo il 9% nel 2023, secondo i dati Euromonitor. In questo contesto stanno emergendo numerosi operatori in linea con queste tendenze.

Il Rapporto Ristorazione FIPE 2024
Il Rapporto Ristorazione FIPE 2024
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Il Rapporto Ristorazione FIPE 2024
Il Rapporto Ristorazione FIPE 2024
a cura di

Luigi Franchi

La passione per la ristorazione è avvenuta facendo il fotografo nei primi anni ’90. Lì conobbe ed ebbe la stima di Gino Veronelli, Franco Colombani e Antonio Santini. Quella stima lo ha accompagnato nel percorso per diventare giornalista e direttore di sala&cucina, magazine di accoglienza e ristorazione.
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