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Incàlmo ci insegna la coralità

11/02/2025

Incàlmo ci insegna la coralità

Foto: Benedetta Bassanelli
 

Non è inusuale incrociare un ristorante gestito a più mani - otto, in questo caso - ma è decisamente più improbabile che quelle mani si assentino dalla routine lavorativa per posarsi sulle ginocchia, nello stesso momento, per più di sessanta minuti, a un paio d’ore dall’inizio servizio serale. No, in agenda non erano a corto di prenotazioni e non c’era un giornalista del New York Times ad attenderli, se vi fosse venuto il dubbio. Da Incàlmo, a Este, hanno trovato tutti il tempo per questa conversazione per un motivo più semplice: sanno esercitare insieme.

È da questa accortezza che si percepisce quanto questo ristorante, che dal 2022 ha smosso la scena fine dining dalla bassa padovana, sia un progetto corale come se ne vedono pochi. 

Non dalle foto di gruppo (che, certo, non mancano e sono pure originali). Non dalla pagina web che sintetizza il chi siamo. E nemmeno dalle firme o dai post che raccontano le attitudini di ciascun volto. Ma piuttosto sì, da questo modo di raccontarsi con equità, senza pestarsi i piedi, interferire, prevaricare.

Michele Carretta e Ricardo Scacchetti, i soci fondatori, gestiscono la sala e il rapporto con il cliente (oltre che l’albergo attiguo). Francesco Massenz e Leonardo Zanon, entrambi bellunesi, si dedicano invece a cucina e pasticceria; lavorano braccio a braccio da tempo. Le loro storie varrebbe la pena raccontarle una ad una, hanno aneddoti e cambi di fronte ammirevoli, ma il senso di questo articolo va in un’altra direzione: capire come in un contesto di forte instabilità lavorativa nel settore dell’ospitalità si riesca a far convergere più figure creando stabilità e serenità.

Incàlmo ci insegna la coralità

La condivisione
Diciamocelo: i ristoranti 4.0 oggi raccontano di squadre che stanno bene insieme. Che lavorano e poi escono in gruppo; organizzano uscite, bevute, ritrovi, formazione. E questo sicuramente contribuisce a una fidelizzazione del personale, a un’affezione al progetto, a saldare il sentirsi parte. Poi, però, è più o meno all’ordine del giorno che giunga quella notizia: lo chef ha lasciato, il responsabile di sala è andato, chi si occupava della carta vini ha preso un’altra strada. Avevano bisogno di nuovi stimoli, avevano visioni diverse. In alcuni casi è concesso e comprensibile, in altri meno. Ma ecco, mi soffermo su quanto mi hanno trasmesso i ragazzi di Incàlmo: un rapporto lavorativo vissuto con maturità. Dove la condivisione non manca ma non è invadente. Non si mescola alla vita privata, non crea fraintendimenti. Non c’è quella sbagliata interpretazione dell’ambiente di lavoro-ristorante come nucleo familiare. Non si tratta di essere famiglia, se non lo si è davvero, si tratta di navigare insieme e saper mettere dei confini, in favore della qualità della vita.

Alla domanda “come gestite i vostri rapporti interni?” mi risponde subito Michele.
“Abbiamo delle gerarchie, per questioni organizzative, ma partiamo sempre dal presupposto che nessuno di noi sia in grado di fare tutto e ci sia bisogno degli altri. Ognuno ha quindi i suoi incarichi e le sue responsabilità, una sorta di specializzazione che mettiamo in mezzo per crescere insieme”.
Continua Ricardo:
“Diversamente sarebbe difficile perché arriviamo da tante esperienze diverse, nello stesso settore e non solo. Se ognuno dicesse la sua senza delle regole sarebbe un caos. Abbiamo la fortuna di essere molto diversi e complementari ma la complementarietà va’ curata”. 

Il dialogo è in cima alla lista delle buone pratiche di Incàlmo. Lo è per davvero, e anche se non ce lo spiegassero si capirebbe dalla capacità di gestire i tempi di questa conversazione. 

Francesco, che ha sempre un piglio pragmatico, ci conferma: “Il dialogo si concretizza con due appuntamenti mensili, due riunioni per dedicare un momento, senza pentole o altre distrazioni di mezzo, per fare il punto su tutto. Poi ci sono tutte le comunicazioni più pratiche, da quelle strettamente legate alla cucina al briefing che facciamo al pass, che è il nostro momento di raccoglimento prima del servizio in cui ci confrontiamo su quali sono gli ospiti che arriveranno in sala. Questo ci consente di avere tutti una panoramica delle richieste speciali, eventuali intolleranze, altre informazioni importanti”. 

“Infine - aggiunge Michele - facciamo una calendarizzazione precisa degli appuntamenti che si svolgeranno nel corso dell’anno, ovvero eventi, cambio menu, shooting, partecipazioni. Ognuno deve essere a conoscenza per tempo per poter sviluppare idee e organizzare al meglio il lavoro”.

Incàlmo ci insegna la coralità

Gestire la comunicazione, in tutti i sensi

Non siamo ancora arrivati a parlare di menu, cucina e sala in senso lato, ma facciamo una premessa sulla comunicazione, uno degli elementi di Incàlmo che balzano subito all’occhio. È tutt’altro che scontato trovare un locale che risponda alle recensioni, curi così bene la sua presenza online, dia risposte personalizzate ai clienti o potenziali clienti. Se ne occupa direttamente Ricardo, che ha un lungo trascorso nel mondo delle agenzie pubblicitarie.
“Creiamo un rapporto molto stretto con i nostri ospiti. Cerchiamo di anticipare o allungare l’esperienza comunicando direttamente con loro. Ci piace che le risposte siano spontanee ma formulate sulla persona. Sicuramente ci aiuta a stabilire una connessione”.
Francesco: “In tante attività, e non parlo solo di ristorazione, non si conoscono i propri clienti, anche quando sono abituali. Non è facile gestire il rapporto con le persone, lo sappiamo bene, ma farle sentire a proprio agio, anche solo chiamandole per nome, rende tutto diverso. Mi piacerebbe entrare al mattino nel solito bar per il caffè e sentire che mi chiamano per nome!”.
Fa incursione Ricardo:
“Diciamo che siamo clienti a nostra volta quindi sia in cucina che in sala cerchiamo di prestare moltissima attenzione ai dettagli. Intendo nella conoscenza di chi abbiamo davanti ma anche nella gestione dei tempi di ingresso e di uscita dei piatti, nella lettura dei bisogni, nel capire quando c’è interesse per conversare con noi”.
Michele interviene: “Sì, naturalmente queste accortezze sono possibili quando c’è anche un’ottima comunicazione interna. Abbiamo capito che gestendo al meglio anche la comunicazione tra noi non solo riusciamo e maneggiare qualsiasi imprevisto ma riusciamo anche ad allinearci sulla gestione del cliente”.

Non morto ma ridefinito
Siamo al tramonto del fine dining? È un tema che abbiamo affrontato negli ultimi numeri della rivista. Non potevamo non farlo anche qui, trovandoci in un’insegna abbastanza singolare rispetto alla tipologia di ristorazione che offre la zona.

Michele: “Parto dal definirlo. Per me fine dining è una cucina ricerca in un contesto raffinato. Le persone lo vivono come un’occasione speciale. Molti clienti ci dicono “è la prima volta” e cogliamo con piacere lo stupore, la voglia di piacere. Ripensando a loro mi viene da dire che no, non è morto e anzi si sta ridefinendo”.
Si accoda Francesco: “Aggiungerei che è sempre meno legato alla figura dello chef ed è sempre più un momento cucito sul benessere del cliente. Rispetto a qualche anno fa sono cambiate proprio le priorità”.

Ricardo: “La risposta la trovo nelle parole dei nostri clienti. Molti, soprattutto i più giovani, ci confessano di uscire meno ma di voler concedersi delle esperienze che non proverebbero in un locale canonico. Prima di dire quale sarà il futuro partiamo dal presupposto che le persone scelgono”.

Leonardo: “Non credo sia finito, anzi, ma sia necessario definire il fine dining vero da ciò che abbiamo visto in questi anni, in cui bastava mettere la foto di un impiattamento fatto anche in casa e aggiungere l’hashtag #finedining. Ecco, dobbiamo impegnarci a difenderlo e a raccontarlo quando lo è davvero”.

Incàlmo ci insegna la coralità

Al netto di questa conversazione, tutta questa coralità come si percepisce quando si è seduti da Incàlmo? 

È una sensazione più che un codice. C’è un ritmo piacevole, un modo affabile di porsi e alternarsi ai tavoli, di presentare e ascoltare. Il menu stesso - composto da un percorso vegetariano, uno alla cieca, più le opzioni alla carta - racconta una confluenza di idee. Ci sono rimandi ai viaggi, fusioni con la cucina della tradizione, considerazioni personali.
E poi c’è molta gentilezza. Ci riferiamo sì a quella ‘gentilezza’ formale che riguarda la cura dei dettagli, dalla mise en place all’ambiente, dall’accomodare all’accompagnare, ma soprattutto a quel modo implicito (e qui condiviso) che ti fa sentire in un luogo sano e plurale.

 

INCÀLMO RISTORANTE

viale Rimembranze 1, 35042, Este (PD)

Tel. 0429 1761472 

www.incalmoristorante.com

a cura di

Giulia Zampieri

Giornalista, di origini padovane ma di radici mai definite, fa parte del team di sala&cucina sin dalle prime battute. Ama scrivere di territori e persone, oltre che di cucina e vini. Si dedica alle discipline digitali, al viaggio e collabora con alcune guide di settore.
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