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Inno alla cucina di tradizione

13/06/2024

Inno alla cucina di tradizione

C’è stato un tempo, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 del secolo scorso, in cui si guardava alla cucina di tradizione come obsoleta.
Quelle stesse ricette riproposte abitualmente pareva che non bastassero a fare risaltare la professionalità del cuoco di contro alle spinte propulsive che arrivavano dalle cucine d’oltralpe.
Oggi possiamo dire che è un tempo passato che, anzi, sta portando a galla quelle ragioni che la ragione, allora, faceva fatica a riconoscere.
La cucina di tradizione ha riguadagnato il suo posto di custode delle radici e dell’identità di un territorio. Per dirla con Gianni Mura “si parla sempre più di cucina del territorio in un eterno presente, fino a renderla una formula vuota, mentre dietro a ogni ricetta c’è una storia da non trascurare. O di poesia, di canzone popolare, di proverbio, tutto quello che, saldato insieme illumina la vita di una gens”.

Inno alla cucina di tradizione

Ritratto di Andrea Pesci, un oste dei giorni nostri
Ostinato a intraprendere la professione di cuoco sin da ragazzino e deciso sulla linea da seguire, tanto da non aver mai cambiato idea sulla cucina da proporre: questo è Andrea Pesci, patron oltre che cuoco dell’ Osteria della Stazione di Felino (PR), interprete della cucina parmense, più precisamente di una delle cucine di Parma, come dimostra l’acuto studioso  Marino Marini nell’omonimo libro, spiegando a chiare lettere – e gliene siamo grati – che la peculiarità e differenza tra i territori parmensi ha determinato diverse tradizioni culinarie, non una sola come si è soliti dire erroneamente.
Una vita in cucina quella di Andrea Pesci, dopo la frequentazione di una scuola di sostanza, gli stagionali estivi voluti a costo di rinunciare alle vacanze caldeggiate dai genitori, il lavoro alle dipendenze e poi la scelta di spiccare il volo da solo, insieme alla moglie Michela Ponzi, con la Locanda del sale a Mulazzano di Langhirano (PR) per arrivare, 13 anni fa,  a riprendere il filo della storica Osteria della stazione di Felino, posizionata giusto nei pressi della stazione tramviaria del paese, che lì aveva posto le sue basi all’inizio del ‘900 con un’assai caratteristica struttura in legno dal tetto festonato,  in stile svizzero, poi sostituita negli anni ‘60 da un edificio in muratura, sotto la gestione della famiglia Pelosi.

Un tuffo nel passato
All’epoca l’Osteria della Stazione era un luogo riconosciuto innanzitutto per la provata bontà dei prodotti tipici serviti dall’oste, Massimino, che andava personalmente a selezionare un Parmigiano Reggiano profumato e fragrante, salumi da stagionare nella sua grande cantina con muri di sasso (i prosciutti dolci che sapeva scegliere avvalendosi dell’osso di cavallo, la Spalla Cotta che cuoceva personalmente con tutte le verdure, i salami che facevano l’olio e che affettava magistralmente a mano, ricavando lunghe e sottili fette oblique, l’una uguale all’altra), il Lambrusco che procurava nel reggiano con il suo inseparabile “cucciolo” (l’antenato del motorino), stando via da casa qualche giorno. E quella torta fritta gonfia, friabile ma soprattutto non unta - per la cui realizzazione aveva progettato e fatto realizzare un’impastatrice - che richiamava clienti anche dal reggiano.
E poi quei piatti, pochi ma fatti davvero bene, dove la moglie Rosa e la sorella Mina riponevano tutta la loro cura, in quella cucina linda dove la prima regola era l’igiene.
“ È appagante – ci confida il patron dell’Osteria della stazione - il pensiero di cosa ci sia stato prima giusto in questo luogo, perché senti che le radici affondano ancora di più. La tradizione sta resistendo da una vita e bisogna continuare a portarla avanti”.

Il mangiar bene non deve essere dato per scontato, nemmeno a Parma
Parma è un territorio che parte dal vantaggio che gli conferiscono i suoi prodotti, ma questa nomea - bisogna dirlo - non deve confondere le idee, e fare attribuire facili giudizi: “Sei di Parma? Come si mangia bene!”. Diciamolo subito che la proprietà transitiva qui non funziona.
A proposito di prodotti, Andrea Pesci ha le idee chiare “Siamo arrivati ad avere produzioni di elevata qualità, a noi cuochi spetta di fare ricerca personalmente, senza abbandonarci al sentito dire: la scelta la dobbiamo fare noi. Ne consegue l’orgoglio di rappresentarli, questi prodotti, trasformandoli il meno possibile perché sono già naturalmente buoni”.
Tortelli d‘erbetta, tortelli di zucca, anolini, bomba di riso, gnocchi con pasta di salame e soffritto, punta ripiena, faraona o anatra arrosto, salame fritto al Lambrusco, torta Duchessa di Parma sono i piatti preponderanti nel menu dell’Osteria della Stazione, preparati in modo rigoroso, secondo canoni fissi che - come abbiamo visto – rispondono ai dettami della cucina di quella zona collinare della provincia di Parma e in particolare a quelli che il cuoco si dà per rinverdire la tradizione stessa.
 

Torta Duchessa di ParmaTorta Duchessa di Parma


Il sacro rituale della preparazione di certi piatti
“I piatti di tradizione che proponi oggi – ci tiene a precisare Pesci – devono essere uguali a quelli che riproponi domani, partendo dalle stesse grammature, gli stessi metodi, gli stessi tempi. Il rituale è sempre quello”.
Lo ha espresso molto bene a suo tempo Baldassarre Molossi, direttore della Gazzetta di Parma e raffinato gourmet: “Il rito si ripete nel tempo, senza fantasia. La forza sta qui: i bastioni della perseveranza stroncano gli attacchi delle contraffazioni, difendono la civiltà della cucina”.
Prendiamo ad esempio gli anolini che in città si usa preparare scottando il pangrattato con il sugo dello stracotto mentre nella bassa parmense con Parmigiano Reggiano e brodo. Andrea li prepara con lo stracotto e il suo sugo (sottolineando che “a sud della città viene aggiunta anche la carne”) con i dovuti tempi. 
Solo lo stracotto richiede due giorni di bollitura, con inframezzo il riposo di una notte. Poi si passa alla separazione del liquido dalla carne, che viene macinata. Segue l’assemblaggio di tutti gli ingredienti fino ad ottenere il ripieno, poi messo a riposo in attesa di essere rivestito della pasta.

Il tipico solletica la memoria
“C’è un legame tra tipicità e memoria: le cose tipiche arrivano dalla memoria ma riportano anche alla memoria - osserva Michela, moglie di Andrea - con il polso di chi è in sala e vede e vive direttamente i commensali. Sono diversi i casi in cui dagli ospiti ci arrivano testimonianze: c’è chi torna bambino, chi rievoca versioni diverse delle stesse ricette e magari ce le passa. E noi siamo felici di acquisire queste informazioni per farne tesoro. Lo spunto arriva sempre ed è prontamente condiviso con mio marito. È vero, non è semplice lavorare insieme ma il livello di condivisione, come del resto di confidenza, fra me e lui è altissimo. Io lo metto al corrente di ogni minima sfaccettatura circa la sala e d’altro lato passo molto tempo in cucina con lui, per assorbire il più possibile.  Insomma il confronto è continuo, come è continuo lo studio. Si esce a cena per imparare, si organizzano le nostre vacanze in funzione del bere e del mangiare”.

C’è una pacata consapevolezza in entrambi che una cucina risulterà rassicurante solo se l’ambiente saprà essere rassicurante. Non hanno smanie, Andrea e Michela, ma sono semplicemente rigorosi, come la cucina che hanno scelto di rappresentare in larga parte. Che a ben guardare esprime il loro stile di vita.
 

 Andrea e la moglie Michela, in sala Andrea e la moglie Michela, in sala
Scorcio estivo del cortilettoScorcio estivo del cortiletto

Osteria della Stazione
Via Calestano 14
43035 Felino (PR)
Tel. 0521 831125

www.osteriastazionefelino.it 


 

a cura di

Simona Vitali

Parma, la sua terra di origine, e il nonno - sì, il nonno! - Massimino, specialissimo oste, le hanno insegnato che sono i prodotti, senza troppe elaborazioni, a fare buoni i piatti.
Non è mai sazia di scoprire luoghi e storie meritevoli di essere raccontati.
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