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La cucina Nikkei

17/10/2024

La cucina Nikkei

Secondo un mero calcolo della probabilità, è possibile che negli ultimi anni abbiate sentito sempre più spesso il termine Nikkei, senza capire bene a cosa facesse riferimento. Questa confusione è perfettamente normale, dato che la stessa parola oggi può essere impiegata per dare un nome a molte cose, da quotidiani ad indici di borsa, fino a gruppi di persone o stili di cucina. Il denominatore comune di tutti questi campi però è uno: il Giappone. 

Tradizionalmente Nikkei o nikkei-jin è il termine ombrello usato per riferirsi agli emigrati giapponesi stabilitisi in paesi stranieri, e alla loro successiva prole. La comunità nikkei è storicamente suddivisa in generazioni, con una marcata differenza tra issei (ovvero coloro nati in Giappone e poi emigrati), nisei (i discendenti di seconda generazione nati all'estero), sansei (terza generazione), yonsei (quarta) e gosei (quinta).  

Parlare nello specifico di cucina nikkei quindi, significa fare riferimento alla cucina creata dalla diaspora giapponese. I migranti giapponesi si sono trovati in una varietà di culture e contesti, ma hanno spesso mantenuto un certo grado di fedeltà nei confronti della loro cucina d'origine, pur adattandola agli usi dei posti in cui migravano, assimilando nuovi ingredienti e combinandoli con tecniche di lavorazione tipicamente giapponesi. In linea teorica la cucina nikkei dovrebbe quindi essere quella adoperata da tutti i giapponesi espatriati del mondo, tuttavia per ragioni storiche, con questo nome si fa riferimento al mix tra la cultura nipponica e quella sudamericana, in particolare di Brasile e Perù, due paesi che hanno avuto un numero di immigrati giapponesi sostanzialmente maggiore rispetto ad altri.

Oggi il Brasile ha la più grande popolazione giapponese di qualsiasi altro paese al di fuori del Giappone stesso, e la comunità nikkei peruviana conta più di duecentomila persone, ma come sono finite tutte queste persone in Sudamerica? 

Dopo 300 anni di isolamento, la Restaurazione Meiji del 1868 aprì il Giappone al mondo, segnando la fine del secolare sistema feudale. Questa modernizzazione portò cambiamenti economici nelle zone rurali e grandi difficoltà a reintegrare i soldati di ritorno dalle guerre, in particolare quelle sino-giapponese (1894-95) e russo-giapponese (1904-05). Molte persone decisero quindi di emigrare, attratti dalle opportunità offerte dal governo, che stipulò accordi con Brasile e Perù, tra gli altri, per attrarre forza lavoro.

Nel 1899, la prima nave con migranti provenienti dal sol levante, chiamata Sakura Maru, sbarcò ad El Callao in Perù, mentre nel 1908 i primi giapponesi arrivarono a Santos, in Brasile, a bordo della Kasato Maru. In totale circa un milione di giapponesi emigrò all’estero, e la maggior parte di loro cercò fortuna soprattutto in campo agricolo: nelle piantagioni di zucchero in Perù e in quelle di caffè in Brasile, dove la manodopera giapponese risolse la crisi agricola causata dall'abolizione della schiavitù nel 1888. In Giappone, le campagne pubblicitarie sulle opportunità in Sudamerica promettevano grandi guadagni per tutti coloro che erano disposti a lavorare nei campi, e il lungo viaggio in nave era spesso sovvenzionato dal governo del paese di arrivo. I lavoratori stranieri però si trovarono presto a vivere in condizioni difficili, simili a quelle subite dagli ex schiavi.

Col tempo molti giapponesi abbandonarono i campi per trasferirsi nelle città, iniziando ad aprire piccoli negozi e ristoranti. Sebbene l'emigrazione fosse inizialmente pensata come temporanea, la Seconda Guerra Mondiale portò molti a cambiare i loro piani e a stabilirsi permanentemente in Sudamerica. A quel punto la comunità nikkei stava già iniziando ad integrarsi profondamente all’interno delle società locali, grazie anche all’aiuto di una comunità a loro molto affine, che si era stabilita in quei luoghi ben prima del loro arrivo; quella cinese. 

I buoni rapporti favorirono la nascita di una cucina di mezzo, combinando tecniche giapponesi con ingredienti locali. Il primo ristorante nikkei, La Buena Muerte, fondato a Lima negli anni '50, consolidò questa tradizione, che diventerà poi, a partire dagli anni ’80, una parte importante della gastronomia peruviana.

Il Perù, pur avendo una popolazione nikkei inferiore rispetto al Brasile, ha sviluppato una cultura culinaria molto più vivace e riconosciuta a livello mondiale, grazie probabilmente anche alla sua posizione sull’Oceano Pacifico, che lo rende un territorio per certi versi simile a quello da cui provenivano i giapponesi. La cucina nikkei peruviana sfrutta l’abbondanza di specie ittiche condivise tra i due popoli e l'utilizzo di prodotti locali come molte varietà di peperoni, come aji amarillo e il rocoto, il lime e il mais. Tra i contributi giapponesi invece spiccano l’introduzione della coltivazione del riso e di elementi come i derivati della soia. Un esempio iconico di questo incontro è il yucamochi, una reinterpretazione del mochi giapponese che utilizza la yucca peruviana tra gli ingredienti.

 

La cucina Nikkei

Le tecniche culinarie giapponesi
Come la cottura a vapore e la preparazione a crudo, si sono integrate perfettamente con gli ingredienti locali, dando vita a piatti innovativi come il tiradito, forse il più iconico dei piatti nikkei. Simile al più noto ceviche, questo piatto prevede l’utilizzo di sottili fette di pesce crudo, molto simili al sashimi, marinate con agrumi.

Questo matrimonio ha prodotto anche altri piatti celebri, come il sudado de pescado, una zuppa di pesce piccante con ají, e il pulpo al olivo, una creazione della cuoca Rosita Yimura, una delle prime cuoche peruviane a legarsi a doppio filo alla cucina nikkei. 

Dalla fine del XX secolo, la cucina nikkei ha registrato una crescita esponenziale, guidata da chef di fama mondiale come Nobu Matsuhisa. Fu nel suo ristorante di Los Angeles che il cuoco incontrò Robert De Niro, rimasto particolarmente colpito dalla sua ricetta del merluzzo nero al miso. L’attore lo incoraggiò ad aprire un ristorante a New York, e nel 1994 nacque il primo "Nobu" a Tribeca, grazie a una joint venture tra i due. Da allora, la catena ha riscosso un enorme successo, con ristoranti in città come Londra e Milano, contribuendo a diffondere lo stile nikkei a livello globale.

Oggi però l’esponente più noto della cucina nikkei è senza dubbio Micha Tsumura, chef del ristorante Maido di Lima. Grazie alla sua formazione internazionale e alla sua capacità di integrare profondamente l'identità peruviana nella cucina giapponese, Maido è stato riconosciuto tra i migliori dieci ristoranti al mondo dal 2016 al 2021 nella prestigiosa classifica dei 50 best, posizionandosi in prima posizione trai ristoranti dell’America Latina nel 2023, confermando la centralità odierna della cucina nikkei nella scena culinaria mondiale. 

Quello che sta vivendo il Perù è un vero e proprio boom gastronomico, tanto che anche il governo, insieme al settore privato, sta iniziando a promuovere attivamente il ‘suo’ cibo come motore di crescita, unità nazionale e immagine del paese. Oggi la cucina nikkei è probabilmente il sottogenere della cucina peruviana di maggior successo nel mercato gastronomico globale, tanto che qualcuno si spinge a sostenere che proprio il Perù sarà la nuova meta dei gourmet di tutto il mondo, nel prossimo futuro. Se sarà davvero così lo scopriremo nei prossimi anni. 

a cura di

Federico Panetta

Varesotto di origine, è come una biglia nel flipper dell'enogastronomia. Dopo la formazione alberghiera lavora in cucina e si laurea in Scienze Gastronomiche presso l’Università di Parma. Oggi si occupa di comunicazione gastronomica collaborando con diverse riviste di settore.
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