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La Fiammante, un pomodoro buono. Davvero.

18/10/2024

La Fiammante, un pomodoro buono. Davvero.

www.lafiammante.it 

 

Fin dal 1987, grazie alla redazione del celeberrimo Manifesto, il movimento Slow Food ha contribuito in modo significativo a restituire valore alla narrazione del cibo, e quindi a chi lo produce, ai territori e alle tradizioni locali di cui è espressione. Da oltre trent’anni, passo dopo passo, nella comunicazione e nella ristorazione, nel fine dining come nel mondo pizza, si è imposto alla sensibilità dei consumatori un nuovo rispetto per prodotti e materie prime, con la diffusione di informazioni dettagliate sull’origine, sulla provenienza, sui produttori agricoli e sui marchi. 

 

Stagione dopo stagione, abbiamo appreso tutto, ma proprio tutto, sulla indiscussa qualità del maialino nero casertano, dell’olio di Ravece, del Conciato Romano, dell’aglio rosso di Nubia o della cipolla ramata di Montoro. Abbiamo recuperato nomi persi nella memoria, riscoprendo la bontà delle farine di saragolla, timilia, russella, per citare solo alcuni dei grani antichi che campeggiano in bella vista in etichetta o in menu. Una rivoluzione culturale necessaria, che valorizza le materie prime e il lavoro impiegato a produrle, assieme alle tradizioni delle diverse aree produttive, promuovendo al contempo la trasparenza. 

 

Solo un alimento resta ancora inspiegabilmente negletto, nella comunicazione e nel mondo della ristorazione, solo una materia prima non riesce a godere, salvo timide eccezioni, dell’attenzione del consumatore più accorto: il pomodoro. Malgrado la larghissima diffusione e l’impiego indiscusso nelle cucine italiane, in particolare nel mondo pizza, il valore del pomodoro rimane nascosto, misconosciuto ai più, cuochi e pizzaioli compresi.

Eppure, il pomodoro è stato a lungo e a ragione soprannominato ‘oro rosso’ e ancora oggi siamo il terzo produttore mondiale di pomodoro fresco da conserva, con circa 5,4 milioni di tonnellate di pomodoro prodotte in Italia nel 2023, circa metà della produzione europea. Accendere i riflettori sulla sua filiera e sulla qualità del pomodoro italiano aiuterebbe a far conoscere gli areali più vocati, le realtà più virtuose e, perché no, ad approfondire le caratteristiche delle sue molteplici varietà. 

 

Da circa dieci anni, un’azienda produttrice campana di lunghissima tradizione familiare ha intrapreso il cammino di una nuova narrazione del pomodoro, che lega la valorizzazione del prodotto alla valorizzazione del lavoro, delle comunità, dei territori. La Fiammante è una filiera italiana completamente tracciata in blockchain e il marchio di punta di una produzione semi artigianale di conserve che va avanti da oltre 50 anni (ICAB, Industria Conserve Alimentari Buccino), e che ha saputo cogliere le opportunità offerte dalle nuove tecnologie per promuovere buone pratiche lungo tutta la catena del valore.

La Fiammante, un pomodoro buono. Davvero.

Forte di una rete di distribuzione in costante espansione e dell’apprezzamento di talenti indiscussi della cucina internazionale e di maestri pizzaioli come Enzo Coccia, Peppe Cutraro in Francia o l’amatissimo Gino Sorbillo, consapevole dell’importanza del contributo di tutti gli attori della filiera per un’agricoltura più giusta e una produzione più sostenibile, La Fiammante da oltre 10 anni si impegna a costruire relazioni autentiche. 

La Fiammante, un pomodoro buono. Davvero.

La Fiammante stringe accordi diretti di filiera corta

In questo modo si elimina il ruolo dei mediatori commerciali e si riconosce un prezzo giusto agli agricoltori, in largo anticipo sulla campagna, con anticipi a sostegno degli investimenti iniziali. Un approccio responsabile, grazie al quale l’azienda si sottrae al gioco al massacro della negoziazione continua, condividendo passo passo con la parte agricola problemi e soluzioni. 

 

Ad oggi sono quasi 100 le aziende agricole in filiera corta, sei le regioni italiane coinvolte, diversamente vocate alla produzione delle varie tipologie di pomodoro che La Fiammante mette in conserva: la Puglia, in particolare per la produzione del pomodoro lungo per la lavorazione in conserva del Pelato; la Basilicata, dove si coltiva il tondo per la polpa di pomodoro e per le passate, ma anche il Cesarino, il Datterino giallo, e il meraviglioso peperone (un’altra conserva artigianale di lunghissima tradizione in azienda); e ancora il Molise, l’Abruzzo e la Maremma toscana con l’eccellente tondo biologico; infine, ovviamente, la Campania, innanzi tutto per le dop San Marzano dell’agro Sarnese Nocerino e Pomodorino del Piennolo del Vesuvio, ma anche per l’eccellente pomodoro lungo coltivato in Terra di Lavoro.

Una rete agricola che rappresenta un cambiamento radicale per il settore, e che in virtù di valori condivisi e impegni reciproci, nel rispetto di rigorosi disciplinari produttivi, promuove scelte virtuose, come la raccolta meccanica contro ogni sfruttamento della manodopera, il risparmio idrico nelle coltivazioni e l’abbattimento dell’impiego di fitofarmaci, a tutela della salute, dell’ambiente e, non da ultimo, della qualità. 

 

Una qualità trasparente, che negli ultimi anni si avvale di nuove tecnologie e nuovi strumenti di condivisione con tutti gli attori della filiera: tutti i dati produttivi dell’azienda sono infatti tracciati in blockchain con DNV (Det Norske Veritas) e resi disponibili alla consultazione, tramite un semplice click su Qr Code in etichetta. 

 

Di anno in anno, il consumatore manifesta un’attenzione sempre maggiore alla qualità sostenibile, a un’idea di ‘buono’ che vada oltre l’aspetto meramente sensoriale dei prodotti e prenda in considerazione le implicazioni ambientali e sociali della produzione. E un consumatore attento e consapevole è una garanzia per l’intera filiera.

 

E ulteriore aspetto dell’impegno de La Fiammante, per costruire una nuova narrazione del pomodoro, consiste proprio nell’abilitazione dei consumatori a compiere scelte consapevoli: #solodapomodorofresco è la campagna, lanciata nel 2021, per spiegare come leggere il codice di produzione della passata, e individuare così la data precisa di produzione, distinguendola dalla data di imbottigliamento.

 

Il pomodoro matura in pieno campo solo d’estate e la sua raccolta va da luglio agli inizi di ottobre, ma pochi sanno che la sua trasformazione in conserva segue strade diverse: c’è chi, come La Fiammante, produce e imbottiglia durante i mesi di raccolta (anzi, a poche ore dalla raccolta per preservare la naturale fragranza), e chi invece concentra il succo di pomodoro nei mesi di raccolta e lo tiene stoccato in silos per poi rilavorarlo e imbottigliarlo, anche a distanza di molti mesi dalla produzione. Nulla di illegale, ma di sicuro una pratica meno trasparente e una diversa qualità di prodotto. 

 

Contadino, azienda, consumatore: un’alleanza per la trasparenza, utile a promuovere l’autentico made in Italy ma anche, più semplicemente, un cibo sano, pulito e giusto.

 

a cura di

Marina Caccialanza

Milanese, un passato come traduttrice, un presente come giornalista esperta di food&beverage e autrice di libri di gastronomia.
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