Cosa spinge a scegliere una destinazione turistica piuttosto che un’altra?
Le neuroscienze cognitive offrono oggi strumenti sempre più raffinati per comprendere i meccanismi che governano le decisioni, comprese quelle legate alle vacanze. L'immaginazione di un viaggio attiva specifiche aree cerebrali. La corteccia visiva elabora immagini mentali vivide, mentre il sistema limbico, la “centralina” delle emozioni, genera piacere anticipato e desiderio. Accanto ai fattori razionali (tempo disponibile, logistica, …), emerge un elemento fortemente emotivo: l’enogastronomia. Mangiare non è solo una necessità fisiologica, ma un’esperienza multisensoriale capace di attivare il circuito dopaminergico del piacere, lo stesso coinvolto nei processi di ricompensa e motivazione.
Gli studi parlano chiaro. Immaginare il gusto di un piatto tipico vissuto nel contesto dove è stato pensato e creato genera una risposta emotiva più intensa di quella evocata dall’immagine di un monumento o di un paesaggio di quel luogo. Il cibo diventa così un attivatore emozionale potente, in grado di orientare le scelte turistiche. I ricercatori parlano di contrasto al “pain of paying”, il dolore associato alla spesa. In altri termini il film mentale della vacanza si scontra con la necessità finale del pagamento.
Quando l’immagine mentale della vacanza – costruita su esperienze enogastronomiche coinvolgenti – supera questo attrito emotivo, la decisione diventa prenotazione. In altre parole, un piatto immaginato, diventa il fattore decisivo della scelta turistica.
Tradizionalmente due sono i driver principali che guidano la scelta di una destinazione: heritage ed experience.
Il primo include storia, arte, paesaggi e cultura. Il secondo è il vissuto diretto, concreto e sensoriale. Ed è qui che l’enogastronomia emerge con forza. Rappresenta l’esperienza per eccellenza, capace di connettere luogo, identità, tradizione e piacere. Mangiare una pizza napoletana in una pizzeria storica, assaporare una ribollita in una trattoria toscana o gustare una pasta alla Norma sotto il sole siciliano non è solo un atto gastronomico.
È un’immersione totale, che coinvolge vista, olfatto, tatto, gusto e perfino udito. Per questo motivo, le destinazioni che riescono a integrare un forte patrimonio culturale con un’offerta enogastronomica autentica creano immagini mentali più influenti, diventando dei magneti turistici. Si potrebbe fare ancora meglio, usando questa leva di marketing per valorizzare le aree meno turistiche tradizionalmente, ma che hanno una forte tradizionale enogastronomica, oggi che se ne comprende il peso decisionale.
Il cuore pulsante del turismo è la ristorazione, che passa da essere servizio a driver fondante la scelta.
Il turismo è oggi la prima industria italiana, con un valore superiore al 13% del PIL e milioni di occupati. Ma spesso si dimentica che gran parte di questa ricchezza passa in primis dalle mani e dal talento dei professionisti dell’ospitalità: ristoratori, chef e camerieri.
La ricerca neuroscientifica lo conferma. Il cibo è un linguaggio emotivo e culturale, capace di guidare le scelte. Ecco perché chi lavora nella ristorazione non offre semplicemente un pasto, ma crea valore, identità e desiderio di viaggio.
Perché in un mondo dove tutto è replicabile, ciò che resta unico è l’esperienza. E quella esperienza, molto spesso, inizia con un piatto sul tavolo, immaginato da chi sceglie dove andare in vacanza. Queste ricerche sul cervello che sceglie mostrano ancora di più la centralità del mondo Ho.Re.Ca. per l’intero sistema paese, creando negli operatori del settore un senso di importanza e di accresciuta responsabilità.
Lorenzo Dornetti