Quell’osteria con bottega nel borgo medioevale di Rivalta
Così la coppia si mette a scandagliare tutta la provincia di Piacenza, finché non viene a conoscenza di quella locanda che vogliono cedere giusto nel piccolo borgo medioevale del castello di Rivalta, lungo il corso del fiume Trebbia, di cui Luigi si innamora letteralmente fino a decidere di fare il passo.
Sensibili alla bellezza li siamo tutti ma c’è chi è più affinato in questo, sa vedere oltre, e sulla bellezza ci scommette, nonostante – come in questo caso – ci sia da lavorare per risollevare le sorti di quell’osteria un po’ spenta e appartata, seppure dentro una fascinosa nicchia.
Una scommessa su cui marito e moglie si mettono di buona lena, lei applicandosi alla cucina dove coinvolge le donne del luogo per imparare le ricette tipiche, e lui, ossessionato dalla qualità delle cose, sa bene dove approvvigionarsi per l’attività, conoscendo ogni angolo di quella provincia. “In seno all’osteria – ci racconta Sabrina – c’è sempre stata una bottega che oltre ai generi alimentari teneva veramente di tutto, dalla brillantina all’ago e filo fino ai pennini con l’inchiostro….in quei cassetti, fatti con le cassette della frutta, ho trovato anche tanti cartellini scritti a mano. Non appena ci siamo insediati mio padre si è preoccupato di procurare bei cesti da riempire della frutta e verdura acquistate per l’osteria, curando la disposizione di ogni singolo pezzo e l’accostamento dei colori.
Quella bottega, dove si era sempre venduto al dettaglio, con la nostra gestione è diventata una vetrina per comunicare la freschezza e la qualità dei prodotti utilizzati in cucina. E di fatto non la si è mai voluta sfruttare come bottega vera e propria”.
Mutuare il senso della bellezza
Era bimba, Sabrina, e ancora ricorda di quelle domeniche in cui non vedeva l’ora di andare a giocare con i suoi amichetti, quando veniva chiamata a rapporto per lucidare le mele o realizzare piramidi perfette di fragole, scelte tutte della stessa misura, ma anche creare i giri di colore con kiwi, mela e mandarino sulla parete del balon di cognac gigante, che conteneva macedonia. Oltre alla bottega, all’ingresso del ristorante, c’era un tavolo chiamato “mostra” che veniva allestito con cesti di funghi, cacciagione, pezzi di costate intere, ciambelle piacentine…sempre per ribadire che tipo di prodotti si utilizzava in cucina (altri tempi rispetto all’avvento deL HACCP!). L’effetto era come di quei bei quadri che rappresentano eleganti e sontuose nature morte. È così che Sabrina ha mutuato dal padre (lei dice per osmosi) e fatto suo quel senso della bellezza che non l’hai più abbandonata, nemmeno quando si è trovata di fronte a scelte meno poetiche come, dopo la dipartita dei genitori e il succedersi dei fratelli nell’attività (prima Marco e poi Carletto), il decidere di prendere le redini dell’osteria (“non posso lasciar decadere tutto il lavoro che ha fatto mia famiglia!), passando dalla conduzione familiare alla necessità di creare una brigata e uscire dalla cucina (dove si era formata) per insediarsi in sala, quindi imparare pure un nuovo mestiere. Provvidenziale, in quel periodo, l’incontro di Marco Beltrametti, che da vero professionista della sala – e tutt’oggi ne è pilastro - ha saputo guidarla in questo nuovo ruolo. Nella sua crescita a tutto tondo invece ha inciso tantissimo il fratello Carletto, eclettico e con un gran senso pratico, bravo in tutto.