Questo mestiere, tra quelli dell’ospitalità, è quello con più variabili, dalla colazione al dopocena: c’è un momento che senti particolarmente tuo?
“Mi è sempre piaciuto il momento delle colazioni, la mia storia è molto legata al lavoro mattutino. Negli ultimi anni, però, la curiosità verso il mondo del vino, mi sta portando verso l’aperitivo serale, anche perché oggi ho dalla mia la fiducia delle persone che viene per bere qualcosa di diverso”.
Ero venuto nel tuo locale qualche anno fa, ti chiesi un Martini cocktail come aperitivo e mi confessasti che non lo sapevi fare: l’altra sera ho fatto la stessa richiesta e me ne hai portato uno perfetto: cosa hai fatto per la tua crescita professionale?
“Mi ricordo quell’episodio, il locale non era ancora pronto a fare quel passo. Infatti chiudevo anche presto per non affrontare l’ora dell’aperitivo. Sono stato sempre molto onesto, se non so fare è inutile fingere. Poi quello è il cocktail più difficile: due ingredienti ma tantissime variabili e personalizzazioni. Quell’accadimento, insieme ad altri, ha stimolato la mia volontà di imparare, mi ci sono dedicato molto e il risultato l’hai visto con i tuoi sensi l’altra sera: un locale strapieno, cocktail riusciti, gente felice”.
Hai un personale molto motivato, questa è la percezione che si ha come cliente. In questo momento dove è difficilissimo trovare personale qualificato qual è il tuo atteggiamento verso di loro?
“Io penso che il mio compito principale sia far star bene, oltre agli ospiti, i miei ragazzi. Se stanno bene loro tutto funzionerà alla perfezione. Non gli dico mai di no, qualsiasi loro esigenza cerco di soddisfarla: lavorano cinque giorni alla settimana anziché i soliti sei, doppi turni, due squadre distinte e specializzate, Facciamo corsi ma quello che conta di più è il loro coinvolgimento nelle decisioni. Le prendo io ma solo dopo averne parlato con loro, aver ascoltato il loro pensiero. Devo farli sta bene, è fondamentale”.