Vino, pane, olio e sale sacri
Il vino e il pane, come “frutti della terra e del lavoro dell’uomo”, sono naturalmente destinati a essere condivisi a tavola sin dall’antichità. Durante il simposio greco, un momento di forte vicinanza tra gli dei e gli esseri umani riuniti per bere insieme, il vino era contenuto nel grande vaso ‘krater’ posto, anche idealmente, al centro della stanza dal quale i servitori attingevano il vino da distribuire ai commensali nel kýlix, in una particolare assonanza con il nostro ‘calice’, stessa parola utilizzata poi nella liturgia cattolica dell’Eucarestia, il sacramento descritto nell’Ultima Cena di Cristo: “Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati.” (Mt 26. 27-28). Non è un caso, che a tavola in corrispondenza della mano destra, “santa” e benedicente, si trovino i bicchieri con il “sangue” di Cristo, mentre a sinistra, la “mano del diavolo”, il tovagliolo e la forchetta, che, nella sua lunga storia di accettazione e presenza a tavola, con i suoi tre rebbi iniziali, era molto simile al tridente luciferino.
Il pane, alimento fondamentale per l’uomo sin dagli inizi dell’umanità, che dà nutrimento e forza, assume nel Cristianesimo un importante significato, trasformato anch’esso in alimento sacro, spezzato e condiviso. Al centro della tavola apparecchiata, in un più prosaico cestino per il pane, trova posto il simbolo della comunità dei convitati, la comunione degli spiriti e dei cuori, la condivisione degli alimenti terrestri e spirituali. Il pane individuale, posto a sinistra, ha, evidentemente, tutt’altro ruolo.
L’olio e l’ulivo sono simboli di pace, rinascita e strumento di fecondità: l’olio usato come cosmesi, sistema di illuminazione e alimento sin dall’Antichità, così sacro da essere scelto dai greci come dono all’umanità dalla dea Atena, ha poi acquisito un importante ruolo nella Bibbia come nel sacramento del battesimo con l’unzione spirituale della fronte. A tavola, la sua presenza, all’interno di ampolle di vetro, ha da sempre suggerito il senso profondo della sacralità a tavola che esige attenzione e rispetto.
Vi è poi il sale, elemento fondamentale per la conservazione del cibo durante tutto il corso della storia, così raro e prezioso da essere considerato dai Romani come denaro contante (da qui salario), che dà sapore ma porta anch’esso con sé un forte simbolismo spirituale: utilizzato nel battesimo, dona forza d’animo, incorruttibilità e purificazione dal male. Presente sulle ricche tavole del passato magari in contenitori disegnati da grandi artisti, già nell’Ottocento era presente come ménage assieme al pepe nella parte centrale del tavolo ogni due invitati.
La presenza dei candelabri con candele non è, poi, una banalità: accese durante l’Eucarestia, sono simbolo della forza luminosa di Cristo. La luce a tavola, aldilà dell’aspetto funzionale, racconta l’illuminazione di tutta la comunità riunita.
Spazi di oggi. Fluidi
Ieri c’era lo spazio privato di ogni commensale, racchiuso tra forchette, bicchieri e coltelli, e quello pubblico, della condivisione. E oggi? C’è più distanza tra un commensale e l’altro e più spazio libero per la progressiva eliminazione di elementi della tavola. Ma se in questi interstizi si facessero largo più creatività, libertà e fluidità tra mondi e culture? E se proprio a tavola si riuscisse ad andare oltre le logiche dell’io/società verso nuove forme di condivisione?
La società sta cambiando, come la cucina e la tavola. Certo, scegliere, ad esempio, di bere dei cocktail a tavola al posto del vino o grassi al posto dell’olio (per questioni di paleo-dieta), possono essere novità difficili da digerire. Ma nuovi paradigmi si stanno affacciando ed è impossibile fermarli.
Fino ad ora la tavola ha rappresentato il luogo dove si sono create le comunità, seppur temporanee, e la società, cosiddetta, civile. Se sarà più aperta, più accogliente, più informale, le nuove generazioni forse la sceglieranno ancora come sede di costruzione, altrimenti, forse, la abbandoneranno, distratti da altri luoghi reali o digitali più appetibili.
Intanto vado ad apparecchiare e, come prima cosa, stirerò bene la tovaglia e poi la imbandirò al meglio. Perché la generazione X è difficile da convincere.