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L’aceto di uva intera secondo Joško Sirk de La Subida

30/05/2023

L’aceto di uva intera secondo Joško Sirk de La Subida

Raggiungo Joško quando è appena tornato da un giro di alcuni giorni con la sua Triumph Bonneville. La passione per la moto ce l’ha da sempre, viaggiare in quelle condizioni di incertezza e libertà lo ha aiutato a vivere meglio. Ridendo, dice che in una casa dove padroni ormai sono i suoi figli, a volte si può prendere la moto e andare a fare un giro. E lo fa numerose volte durante l’anno. 

La Subida è la casa della Famiglia Sirk, a partire dalla Trattoria Al Cacciatore, che dal 2007 vanta una stella nella Guida Michelin. Nata dalla trasformazione dell’osteria di famiglia attuata con la moglie Loredana nei primi anni ottanta, affermatasi come prezioso punto di riferimento gastronomico del Collio, vede oggi in cucina Alessandro Gavagna e all’accoglienza in sala i figli Tanja e Mitja. La prima ha preso le redini dell’ospitalità e della ristorazione della Subida mentre il fratello fin da bambino è stato attratto dal mondo del vino dove si sta affermando con tutte le sue forze, sia come connoisseur che come produttore con la sua compagna Marta Venica. La terza figlia, Erika, ha scelto altri percorsi professionali a Milano. L’Osteria La Preda de La Subida si è aggiunta in seguito. A completare l’ospitalità c’è la magia del borgo esclusivo diffuso nel bosco retrostante, a diretto contatto con la natura. Ed è fra le casette del bosco che Joško ha costruito la sua cattedrale dell’aceto progettata dall’architetto Marcus Klaura, tutta in legno col pavimento in terra battuta, per conservare un microclima con umidità equilibrata e costante.

L’aceto di uva intera secondo Joško Sirk de La Subida

L’acetaia è il suo rifugio, un luogo di meditazione da alternare alle cavalcate in motocicletta. È nata, dice lui, «per pazzia e per amore, e la pazzia è la dote dei creativi, quelli che non stanno mai fermi». Da dove nasce questa passione per l’aceto? «Perché per natura tendo a schierarmi con il perdente e l’aceto è un condimento che ha radici molto profonde nella nostra società ma negli ultimi cinquant’anni ha perso la dignità di prodotto di qualità». Da questa costatazione nasce il gusto di riabilitarlo o almeno di tenerne vive le tradizioni e le origini partendo da un assioma: «Se è vero, com’è vero, che un grande vino si fa da un grande uva, da questa grande uva io faccio il mio aceto. Mi ci vuole qualche anno, e in questo tempo devo accudirlo e coccolarlo come un bambino in fasce».

Al principio si occupava di aceto in modo amatoriale. Erano tempi in cui questo prodotto era soggetto ad accisa e la sua produzione vincolata ad autorizzazioni molto stringenti. Eliminato l’accisa e diventata libera la produzione lui ha preso la decisione di fare un solo tipo di aceto direttamente dal vitigno Ribolla Gialla per le migliori caratteristiche che quest'uva riesce a esprimere in maturazione, grazie a una buccia spessa che consente una lunga macerazione, procedimento fondamentale se si vuole un aceto artigianale ad acidificazione spontanea.  La fermentazione naturale dura circa un anno, poi si aggiungono due anni di maturazione in botti già esaurite provenienti dal mondo del vino, sostanzialmente per affinare i tannini senza aggiungere una aromaticità spiccata tramite legno nuovo perché l’aceto – afferma Joško - va proposto così com’è, aspettando il terzo anno per l’imbottigliamento e la messa in vendita.

L’aceto di uva intera secondo Joško Sirk de La Subida

Il percorso dalla vigna è breve: il carro con l’uva arriva all’entrata dell’acetaia, i grappoli vengono solo diraspati e il mosto con le bucce viene messo nei tini dove avviene la fermentazione alcolica, dopodiché questa massa viene inserita nelle botti di fermentazione acetica. Si tratta di legni che contengono già aceto al quale si aggiunge via via la massa fermentata che è destinata a inacidire per opera dei batteri che trasformano l’alcol in acido. E ogni 15 giorni si elimina la madre filtrandola con un colino, via via che si forma. Contrariamente a certe credenze popolari, La madre, mycoderma aceti (dal greco μκης, fungo, e δρμα, pelle, e dal latino acetum), è una sostanza composta da cellulosa e da batteri acidi dell’aceto le cui cellule sono poco vitali, ha una consistenza dura e gelatinosa e tende ad accumularsi formando un tappo che impedisce all'aceto di ossigenarsi correttamente e di completare la propria maturazione a carico degli acetobatteri, i quali necessitano di ossigeno per metabolizzare l'alcol al meglio. Inoltre, la madre è portatrice di cattivi odori che possono essere trasmessi al prodotto. La madre è un sottoprodotto che va eliminato dalla produzione di aceti di buona qualità. Conviene infatti utilizzare il velo che in botte si viene a formare in sospensione sulla superficie del liquido con un corretto sviluppo di acetobatteri.  

L’aceto di uva intera secondo Joško Sirk de La Subida

Pioniere anche in questo, Joško si ritrova ad essere l’unico produttore di aceto di uva del Friuli Venezia Giulia. Ed è interessante osservare come proprio in queste colline dove l’uva è destinata da secoli alla produzione di ottimi vini, sia scaturito con forza un ritorno alla cultura dell’acetificazione. Nel frattempo, la regione ha chiesto e ottenuto l’inserimento fra i “condimenti” nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali dell’Osiet, un nome di compromesso fra aceto in italiano, asêt in friulano e ocet in sloveno, aceto ottenuto dall’acidificazione spontanea, inserimento decretato il 5 giugno 2009 dal Ministero delle Politiche Agricole. 

Fin dall’inizio il nostro ha condiviso questo percorso di rinnovamento di un’antica tradizione assieme a quattro amici, anch’essi produttori di aceto per passione che di professione fanno tutt’altro: c’è chi produce miele, chi si occupa di ospitalità, chi produce vino e chi aceto tradizionale balsamico: Andreas Widmann (Baron Widmann), il compianto Andrea Paternoster (Mieli Thun), Andrea Bezzecchi (Acetaia San Giacomo), Mario Pojer (Pojer&Sandri), oltre ovviamente a Joško.

 Si sono pure dati un nome: Amici Acidi www.amiciacidi.it elaborando un “manifesto” a sostegno del proprio metodo che si basa su 3 regole principali:

  1. Materia prima di qualità, non diluita e non scarto di altre lavorazioni
  2. Rispetto per il tempo delle stagioni durante ogni processo senza forzature meccaniche
  3. Nessun intervento sulla temperatura per rispettare al massimo profumi e aromi originari che con l’ossidazione non fanno che evolversi e arricchirsi.

Per loro l’aceto non è vino inacidito ma un prodotto nobile di alta qualità fermentato in maniera classica e non industriale. 

L’aceto Sirk non è un comune condimento per insalate e carpioni o, meglio, non solo; la sua aromaticità persistente e la sua personalità complessa lo portano ad un utilizzo molto più ampio in cucina, da uova, frittate e minestre, a legumi, pesci e trippe, fino torte, frutti di bosco e sorbetti e, per facilitarne un uso più comune, omogeneo e misurato, c’è anche la versione spray. In cucina alla Subida ne fanno abitualmente uso, anche se in modo molto discreto, magari vaporizzandolo in quantità irrisorie che servono a rinfrescare le preparazioni senza aggredirle. In sostanza, l’aceto non serve a mangiare acido quanto piuttosto a togliere stucchevolezza magari a un piatto “grasso” riequilibrandone la freschezza, aggiungendo “brio”. Insomma, è un esaltatore di sapori, non un affossatore.

 

Sfoglia l’opuscolo “100 modi di usare l’aceto… fuori dall’insalatiera”, un piccolo libro per un uso non banale dell’aceto realizzato con il progetto Amici Acidi

 

a cura di

Bruno Damini

Giornalista scrittore, amante della cucina praticata, predilige frequentare i ristoranti dalla parte delle cucine e agli inviti nei salotti preferisce quelli nelle cantine. Da quando ha fatto il baciamano a Jeanne Moreau ha ricordi sfocati di tutto il resto.

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