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L’Aurum è fiorito

13/03/2025

L’Aurum è fiorito




Costruire con sapienza la propria professionalità con quella determinazione che è motore che porta a investire senza sosta sul proprio tempo.
Un lavoro silenzioso, nascosto ai più, ma effettivo, metodico, cadenzato come una goccia d’acqua che batte sulla pietra, arrivando a scavarla. Chi vuole veramente fa così, riempie ogni spazio per formarsi, studiare, toccare con mano, non contando le ore, i tempi di riposo, le ferie…ma nessuno vede. Lui solo sa.
A noi la sorpresa di trovarci un bel giorno davanti un fulgido talento giunto a fioritura - perché il talento deve arrivare a maturazione e manifestarsi - che di nome fa Alberto Quadrio e da settembre scorso si è insediato all’Albereta Relais & Chateaux, sulla magica collina Bellavista, dando corpo al suo progetto di ristorante d’autore, L’Aurum, là dove il Maestro Marchesi, che è stato anche il suo Maestro, ha impresso la sua indelebile traccia. Un naturale compimento di un percorso soppesato e voluto fortemente, che lo ha   portato a collezionare esperienze importanti fra i grandi della cucina (dagli inizi con Gultiero Marchesi a Yoshihiro Narisawa, Alain Ducasse, Rasmus Kofoed, Oriol Castro…) esprimendo talento già in questo sapere scegliere, prim’ancora che nei piatti.
In una e vera e propria istituzione come l’Albereta Relais & Chateaux della famiglia Moretti, lo chef ha assunto non solo la guida di L’Aurum ma l’organizzazione dell’intera proposta gastronomica del Relais: Leone Felice (casual restaurant), Stanza 54 (All day bar, dalla colazione a…), ristorante Benessere (secondo i principi della dieta Chenot), La Filiale (pizze d’autore di Franco Pepe e vini) e il Quintale (Brace restaurant).

L’Aurum è fiorito
L’Aurum è fiorito

Tessere una trama di buone relazioni
Dicevamo che Quadrio si è insediato da pochi mesi all’Albereta ma la percezione netta che abbiamo avuto, vivendo quel luogo e chi ci lavora, è che lo chef stia tessendo una trama di buone relazioni: riesce a sintonizzarsi con i suoi collaboratori e a conquistarli, facendosi benvolere, e al tempo stesso sta portando una rinnovata energia, motivazione, in tutti quanti. Una conferma che ci arriva da più pulpiti via via che entriamo in contatto con le non poche figure che, a vario titolo, operano in questo tempio della convivialità:  perlopiù giovanissimi, di grande freschezza e spontaneità quindi non costruiti e più veri.
Va messo a fuoco Alberto Quadrio, la lettura della sua persona non è immediata. Cortese ma misurato, di poche parole, si libra quando parla del suo lavoro, delle scelte che motiva in modo appassionato e si palesa quando ti mette davanti un suo piatto, senza dubbio il suo linguaggio preferito. Lì lo si coglie appieno: le grande sensibilità della sua persona, l’ispirazione creativa, l’estrema cura balzano fuori netti e inequivocabili.
 
Uno chef che è emozione  
È un’emozione questo chef, proprio per il modo in cui si esprime. Un’azione intimistica, la sua, tutt’altro che urlata. Se si è affinati si colgono anche i più minimi dettagli, che Quadrio non manca scrupolosamente di curare: tra ricerca, tecnica, estetica (originali ,non copiati, gli impiattamenti. Non usati stampi e se si usa qualcosa lo si fa su misura) e raffinatezza (scelta di meravigliose porcellane e argenteria, certamente retaggio dell’esperienza francese). Per non parlare dell’equilibrio del gusto, laddove ogni piatto si impone rinsaldando l’altro. Segno di grande maestria. C’è davvero tanta stoffa in questo chef e soprattutto una vocazione marcata per la cucina d’autore. Costringere chi ha ali per volare a una cucina diversa è impedirgli di esprimersi a fondo, quando il percorso è di un certo tipo e tutto sta a indicare una determinata direzione. 

L’Aurum è fiorito

Non smettere di “andare a scuola”
Abbiamo incontrato Alberto Quadrio al rientro da un’ennesima esperienza all’estero di tre settimane (esattamente il tempo di quelle che avrebbero dovuto essere le sue ferie) presso il Pavillon Ledoyen con lo chef Yannik Allenò, dove è andato a rimettersi in discussione ancora una volta. Simili scelte non comportano la spavalderia di quando si è ventenni e intanto si vuol girare anche un po’ il mondo. Più il tempo passa e più c’è da fare l’esercizio di mettere da parte quello che si sa, e quindi il proprio orgoglio, per lasciare spazio al nuovo, se si vogliono fare simili esperienze.
Ma su questo il nostro chef ha le idee chiare:“ Per me è importante non fermarsi mai, cercare di essere sempre propositivi, avere la volontà di alzarsi la mattina e migliorare rispetto al giorno precedente”.
E in effetti i suoi ragazzi lo descrivono come instancabile, a partire dall’impegno – oltre alla gestione di una realtà così complessa e sfaccettata come l’Albereta -  di connettersi con il territorio, che fortunatamente offre tanto, per riproporlo nei suoi piatti, andando in prima persona in avanscoperta dei prodotti da fare propri, sempre con i suoi fidi collaboratori, motivo di ispirazione pure loro.

L’Aurum è fiorito
ph Valentina Sommarivaph Valentina Sommariva
L’Aurum è fiorito

Immedesimarsi nel lavoro dei produttori
Con Ferdinando Giovetti, il sous chef che Quadrio ha portato con sé da Cucine Nervi, dove è stato in precedenza, c’è una grande complicità che deriva dal tanto confronto: “Ci stimoliamo nelle idee, parliamo tanto. E davvero è quello che ci circonda ad ispirarci. Quando abbiamo pensato di inserire nel nostro menù la carne di capra orobica abbiamo voluto raggiungere il gregge al pascolo, un’ora e mezzo di cammino. Siamo partiti con un’idea e una volta tornati abbiamo stravolto il piatto.
Raccogliere informazioni sull’animale, carpire la passione dell’allevatore, immedesimarsi in lui, cambia la prospettiva e porta al piatto”.
“ Per questo mi sento di dire - aggiunge lo chef - che il nostro è un team unico, tra cucina, sala e produttori.

Questione di sensibilità
“La mia - ci spiega Quadrio -  è una cucina rispettosa della materia: penso alla materia non al prodotto finito. La materia in un qualche modo mi indica il com’è meglio che la tratti”. È una questione di sensibilità, di particolare sensibilità, che in lui è un punto di forza, tanto nelle relazioni che sta costruendo e favorendo in Albereta quanto nell’interpretare i prodotti in cucina. La pasticceria trova nella giovane e talentuosa Camilla Guarnieri una vivace espressione. “ È vero - ci dice - il dessert rimane per ultimo, ma io penso che per questo ci sia  sempre un secondo stomaco”.
Dai suoi ragazzi è molto amato, lo chef.
Nicola Manganaro, restaurant manager, che ha curato l’apertura di L’Aurum e ora si occupa di Leone Felice, di lui dice: “È molto attento a livello umano e quando lo conosci ti sorprende. Grazie a questo suo approccio è riuscito a forgiare la squadra che si è creata intorno a lui, per la quale è un gran punto di riferimento. In Albereta ha portato una ventata di aria fresca di cui c’era bisogno. Questa per noi è diventata una famiglia”.  È bello trovare la conferma di un simile pensiero anche nelle giovanissime Alessia Albertalli (lei pure arriva da Cucine Nervi) e Sara Mercandelli, in sala. Splendide nella loro spontaneità, pronte alla battuta ma assolutamente attente e professionali. E legate da una bella complicità. Alla faccia dei veterani della sala, tutti impostati. Ci siamo stancati anche della formalità. Che il nostro tempo al ristorante sia sempre più lieve e piacevole. Ad inchiodarci ci pensa già la vita.  Belli tutti all’Albereta, dove - prima che altrove - è già primavera inoltrata!

Storione, Franciacorta e spugnoleStorione, Franciacorta e spugnole
Foto di Lido Vannucchi
Foto di Lido Vannucchi
a cura di

Simona Vitali

Parma, la sua terra di origine, e il nonno - sì, il nonno! - Massimino, specialissimo oste, le hanno insegnato che sono i prodotti, senza troppe elaborazioni, a fare buoni i piatti.
Non è mai sazia di scoprire luoghi e storie meritevoli di essere raccontati.
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