Le verdure fermentate nella ristorazione
Datare la comparsa delle verdure fermentate nei menu dei ristoranti italiani non è così semplice e probabilmente nemmeno utile. Scateneremmo la consueta gara a chi è stato il più innovativo e avanguardista. Il punto è un altro: come possiamo avvicinare le persone, i clienti di un locale, a una categoria di prodotti che nell’immaginario comune sono così lontani culturalmente?
Flavio, forte del dialogo con i ristoratori, ha la sua opinione: “Innanzitutto ti devo far ricredere. Negli ultimi anni i professionisti stanno stemperando lo scetticismo, come dimostra l’interesse per i corsi di formazione e per le varie iniziative formative che conduco. Al massimo ciò che si teme è che il cliente del proprio locale non possa capire/apprezzare il prodotto. E quindi non lo si impiega”.
Sono svariati i ristoranti in cui però, dopo una resistenza iniziale, si è superato lo scoglio.
“Al cuoco che vuole inserirle nel menu consiglio di provare, assaggiare tutto ciò che si trova in giro per creare dei riferimenti gustativi. Lo stesso vale per il kombucha, una bevanda fermentata preziosissima. Poi bisogna lavorare sulla comunicazione, far comprendere che non c’è nulla di estremo dietro a un prodotto fermentato e che nella nostra abitudine alimentare ne consumiamo già moltissimi. Semmai c’è un nutrimento che fa bene, ha carattere, è appagante”.
A questo punto chiediamo a Flavio, prima di congedarlo, quali consigli elargirebbe al ristoratore che apprezza questi ingredienti ma non sa come proporli.
“Credo che un buon metodo sia evitare di utilizzare la parola verdure fermentate e citare semplicemente il tipo di pietanza che si inserisce nel piatto. Per esempio inserire la parola kimchi e poi, con accortezza, spiegare al cliente di cosa si tratta. Indubbiamente molto fa la capacità di raccontare il prodotto creando confidenza e non diffidenza. Per fare cultura c’è bisogno di piccoli investimenti: tempo, pazienza, concedere qualche assaggio… ma non è forse questo il senso di un lavoro fatto bene, con prospettive evolutive?”.
A proposito di questo, vi lasciamo con un esempio abbastanza lampante di avvicinamento improbabile ma riuscito, nella serie Netflix Chef’s Table dedicata al mondo pizza. L’episodio 3 ospita Ann Kim, pizzaiola del Minnesota diventata famosa per le sue pizze. In particolare, la notorietà di Ann nasce dall’aver combinato il cibo più popolare al mondo, la pizza, ad un altro cibo estremamente popolare, ma in Korea e fino ad allora non negli Usa: il kimchi. Ann Kim si è sempre affidata a un concetto ideale per seminare e consolidare una contaminazione gastronomica anche quando il popolo sembra resistente.
Ann dice “Se si trova sulla pizza ti fidi ciecamente”. Ed è vero.
Perché non ideare piatti semplici, comprensibili al nostro pubblico, combinando pietanze note a questi prodotti straordinari?