Cerca

Premi INVIO per cercare o ESC per uscire

L’hanno chiamata Trinità

13/05/2025

L’hanno chiamata Trinità

Con tutto il “cucinato come si deve” che una solida trattoria può offrire,
iniziare col discorrere da un bel tagliere di salumi, da cui svettano Coppa, Salame e Pancetta rigorosamente piacentini e, a eventuale coronamento, una selezione di Prosciutto di Parma, Culatello e Culaccia, può far pensare di non rendere abbastanza giustizia alla natura di quel locale.
Non è così per la Trinità di Vernasca (PC), che con quella triade di salumi piacentini sta dando la migliore espressione di sé da 52 anni, dal momento che li produce e li stagiona divinamente in una cantina di terra e sassi. E questo fin dall’inizio, quando i piatti in menù erano pochi e c’era da spianarsi la strada davanti, stringendo i denti per conquistarsi poco a poco i clienti in quella piccolissima frazione di Vernasca, da cui dista 12 km, che prima che di pranzi o cene aveva bisogno di servizi. E qui potremmo aprire una bella parentesi sul cosa significhi mettersi a disposizione di una comunità che necessita di tutto…ecco, il senso di “servizio”, che oggi andiamo sbandierando farcendolo di parole, potremmo andarlo a pescare da qui.
Anzi lo facciamo, perché certi passaggi vanno narrati, se possibile con dovizia di particolari.

Innamorarsi come nei film
Correvano gli anni ’60  quando un ragazzino, senza saperlo, iniziava a tracciare la strada che avrebbe coinvolto una famiglia intera, la propria. Lo hanno mandato a fare il cameriere, Giovanni, Giovanni Solari, che un mestiere doveva impararlo. Ha iniziato come per gioco ma poi si è appassionato. Ha fatto anche una stagione all’Hotel Londra di San Remo, frequentato dai cantanti del festival (Mina, Massimo Ranieri, Jonny Dorelli), ma questo non è bastato a convincerlo a stare mesi lontano da casa e, soprattutto, a continuare a lavorare per altri. Così ha maturato di fare qualcosa di suo. “Ti do il locale” gli propone un compaesano che da qualche tempo ha avviato una piccola trattoria che andava a velocità ridotta… “Non ho i soldi” si premura di rispondergli Giovanni, oltre al fatto che da solo non potrà mai affrontare quell’attività così impegnativa. Da qualche tempo sta frequentando Ornella Rizzi, l’unica delle tre figlie dell’oste e proprietario del locale ad aver giurato che non farà mai quel lavoro. “Se dici che mi aiuti nell’attività, trovo il modo di comprare l’osteria” - confida, ad un certo punto, Giovanni ad Ornella. E lei: “Ma dobbiamo ancora innamorarci?”, intendendo dire con questo, il rendere ufficiale la frequentazione, sposarsi. Così intensificano il vedersi, il padre di Giovanni impegna il proprio podere per poter ottenere un fido dalla banca e i due giovani si sposano in un lunedì di agosto, l’unico giorno in cui i colleghi del ristorante dove lui sta lavorando possono essere presenti.

L’hanno chiamata Trinità

L’originaria insostituibile funzione sociale della trattoria
La trattoria apre i battenti nel novembre del 1973.  A supportare Ornella, giovane sposa, in cucina, la suocera principalmente, ma anche la mamma. Non è semplice lì a Trinità, fra un pugno di case, richiamare gente da fuori. “Il primo ultimo dell’anno lo abbiamo trascorso guardandoci in faccia” - racconta Giovanni -. “Avevamo cinque o sei maiali da cui ricavavamo coppa, salame e pancetta e proponevamo anolini  in brodo…ne facevamo dei cabaret e capitava che li mangiassimo noi per non consumarli, dato che ne vendevamo pochi. Poi ha iniziato pian piano a girare. Arrivavano da Fiorenzuola, Fidenza. Capitava che venissero a pescare nello Stirone e ci portassero i pesci da friggere…
“Eravamo molto scomodi in quella struttura su due piani (cucina sotto e saletta sopra) che era anche la nostra casa. Fatti due soldini, abbiamo deciso di costruire qualcosa a misura delle nostre necessità. Preso accordi con quatto o cinque diversi proprietari di case vecchie, confinanti fra loro, abbiamo buttato giù tutto e fatto costruire ex novo”.
Ornella interviene con un ricordo nitido:” Abbiamo inaugurato prima del tempo il nuovo locale in occasione dele cresime: erano troppi gli ospiti, nella vecchia struttura non ci stavano”.
Una trattoria, unico punto di socialità di un nugolo di case, c’è per la mescita (il servizio bar), la bottega con i generi alimentari di prima necessità, il servizio di telefono pubblico e pure quello della vendita delle bombole del gas.  È chiara la funzione non semplicemente commerciale ma sociale di una simile attività, che in questo modo rende meno ostico abitare quel luogo ma si carica di oneri ulteriori, capaci di fagocitare la giornata dell’oste per intero. Proviamo solo a immaginare telefonate che arrivano a tutte le ore, cercando dell’uno e dell’altro, e il dover andare ad avvisare i diretti interessati di raggiungere la postazione entro l’orario accordato e magari sentirsi chiedere: “Puoi dirgli che non ci sono? ” oppure rimanere impantanati con l’auto e dover tornare indietro a prendere il trattore per tirarla fuori…per una telefonata! O il vedersi arrivare mezzogiorno qualcuno che dice: “Sono rimasto senza gas”.
“Era una forma di rispetto che noi portavamo verso le persone. Adesso, cose del genere non le fanno nemmeno se si paga” - chiosa, Ornella, schietta e verace, che dal mestiere ha imparato che ci sono situazioni in cui è meglio tacere -.  “Da più di 50 anni sono cuoca, mamma, moglie. A volte ho fatto da avvocato, a volte da carabiniere” è solita dire.

Da sinistra Filippo, Ornella, Giovanni e Cristian SolariDa sinistra Filippo, Ornella, Giovanni e Cristian Solari

Il pollo fritto, piatto per eccellenza de la Trinità, nato per caso
Mentre la trattoria si coloriva di questi momenti, rimaneva fedele al proprio ruolo di servire piatti, pochi, ma ben fatti: i salumi, allora accompagnati dalla bortellina (pastella, di acqua e farina, fritta), non mancavano mai, nemmeno gli anolini, tortelli d’erbette e pisarei e fasõ, così come i vari arrosti. Un giorno, durante il pranzo, è accaduto che terminasse il pollo al forno. I tempi stretti hanno fatto optare per friggerlo (a quarti, o coscia o ala) ed è piaciuto tantissimo. Da quel momento il pollo fritto è diventato un piatto immancabile, ancora in carta oggi. L’ingegno di Giovanni ha affinato la modalità di cottura. Se all’inizio infatti il coperchio della padella veniva compresso da un mattone per tenere schiacciato il pollo, lui ha ideato e fatto realizzare dal fabbro un anello in ferro con il manico da sostituire al mattone. Questo piatto ha segnato la storia di Trinità e ancora oggi è in carta come allora, cotto con la medesima tecnica.
Anche per i pisarei, tipici gnocchetti piacentini a base di ingredienti poveri – acqua, farina e pane grattato -,  c’è qualcosa da raccontare. Si dice infatti che quando la futura sposa veniva presentata in famiglia, la suocera controllava che il pollice avesse piccole callosità, segno che sapeva fare i bene i pisarei. Per alleggerire questo lavoro certosino ancora eseguito a mano, Giovanni ha pensato bene di fare realizzare una forma con quattro buchi per la macchina della pasta, per produrre biscioline regolari di pasta da tagliare e lavorare rigorosamente a mano. In questo Ornella è sempre stata molto veloce: “Una macchina, tanta è la sua rapidità e precisione nel realizzarli” dice di lei il marito.

L’hanno chiamata Trinità

La famiglia in attività? È una forza
Ma riprendiamo quel magnifico piatto di salumi da cui abbiamo iniziato a raccontare questa storia, che a ben guardare emana profumo ed esprime stagionatura anche dalla foto di questa pagina della rivista, e immaginiamo di coronarlo con un traboccante cestino di torta fritta dalla pasta liscia, gonfia che quasi sembra scoppiare e, soprattutto non unta, e un bel bicchiere di vino giusto.
Il vino. Ecco l’elemento segnalatore di una squadra familiare che si è rinforzata. È l’ingresso di Filippo e Cristian, i due figli della coppia - che hanno pensato bene di coltivare passioni e interessi “ al di fuori”, semplicemente studiando, facendosi una cultura nel proprio - a portare nuova linfa all’attività che peraltro è rimasta sempre sulla breccia.
Ornella e Giovanni sono ancora lì nel ruolo rassicurante di chi garantisce che i capisaldi non sono venuti a mancare, impegnati in prima linea in ciò che hanno sempre fatto mentre con Filippo, il figlio più grande e primo a far capolino, entra nel locale la grande passione per il vino e l’offerta diventa più ricca e mirata. A contagiarlo un coinvolgente rappresentante, Graziano Pagliari, che ha pure mandati di cantine importanti, ben inserito nei ristoranti piacentini.
 

L’hanno chiamata Trinità
Un’ulteriore entusiasmante avventura: la nascita dell’azienda vitivinicola La Margherita
Ben sapendo della passione di Filippo per i vini,  i due cugini, Nicola e Sabrina Mangiavacca, proprietari di un podere in quel di Bacedasco Basso, a Vernasca (PC), che hanno sempre affittato, propongono a lui) e a Cristian di  aprire una azienda vitivinicola bio insieme in un’area, quella di Bacedasco, assolutamente vocata per il vino, vuoi per il terreno vuoi per la sua esposizione, così vicina per queste caratteristiche alla zona dello Champagne. Sei ettari di terreno coltivati a Barbera, Bonarda, Malvasia, Ortrugo, Marsanne. La chiameranno La Margherita, che è il nome della bimba della coppia.
Il 2014, l’anno di partenza, si rivela poco fortunato perché continua a piovere ma si rifanno negli anni a seguire. L’ incontro di un bravo enologo gli farà fare un bel salto di qualità, come i riconoscimenti che stanno arrivando dimostrano. Giusto quest’anno il Gutturnio superiore è stato fra gli otto vini piacentini premiati dalla guida Slow Wine 2025 (conferita la “moneta” per l’ottimo rapporto qualità - prezzo). E già questo è un perfetto abbinamento per quella torta fritta con salume di cui stiamo parlando. Per chi invece vuole osare qualcosa di più è il caso di pescare nelle vinificazioni a fermentazioni spontanee in cui i quattro soci credono molto, che gli consente di tirar fuori, con macerazioni più o meno lunghe vini meno standard, diversi. Prendiamo, ad esempio, Incanto Sur Lie, un vino molto territoriale che con quei suoi sentori di salvia e rosmarino si sposa benissimo con i salumi piacentini. Con la sua acidità spiccata va a sgrassare questa salumeria, che è buona quando è grassa.
L’hanno chiamata Trinità

Ci vuole sapienza
Il fronte della cucina rinforza la sua solidità con Cristian, che ha fatto la scuola alberghiera e non ha mancato negli anni di alimentare quella sapienza che lo fa essere acuto nella delicata gestione dei propri salumi: “Si stagiona con il clima in nostro salume, non abbiamo celle. Ventola e deumidificatore che tolga l’umidità sono tutta la nostra attrezzatura” - ci tiene a specificare. C’è poi la scelta di tenere un orto come occasione, prima di tutto, per godersi il suo piccolo Riccardo - che sta crescendo con sana curiosità dentro la cultura delle cose buone - oltre ad occuparsi dei secondi e dei dolci. Un’equilibrata spartizione dei compiti questa fra i due fratelli, che è innanzitutto rispetto per quello che i genitori stanno ancora seminando.
Arrivare a Trinità e trovare una trattoria di buon gusto, accogliente, recentemente ristrutturata al suo interno, con grandi pareti di bella carta da parati, è ciò che non ti aspetti. La nuova stagione estiva inaugurerà una veranda completamente rinnovata, pure questa. Il menù è fatto di tanti capisaldi, che sono i piatti consolidati negli anni - piatto che vince non si cambia - con variazioni e piccole novità stagionali via via introdotti. Non si lesina sulla ricerca della qualità a costo di guadagnarci un po’ meno.

Come dev’essere un oste oggi? Come Filippo Solari. Entusiasta, volitivo, mai contento e sempre alla ricerca di qualcosa di meglio, convinto – e lo siamo anche noi – che il verso in cui si taglia il salume fa la differenza nel gusto. Letteralmente innamorato del suo lavoro.
E la famiglia, che è la sua scuola, è con lui.

a cura di

Simona Vitali

Parma, la sua terra di origine, e il nonno - sì, il nonno! - Massimino, specialissimo oste, le hanno insegnato che sono i prodotti, senza troppe elaborazioni, a fare buoni i piatti.
Non è mai sazia di scoprire luoghi e storie meritevoli di essere raccontati.
Condividi