Luca iniziamo con una sintesi della storia di questa trattoria…
“La trattoria nasce nell’immediato dopoguerra (1947) grazie alla determinazione di Guido Cattivelli, il nonno di mia moglie Emanuela e di sua sorella Claudia, le attuali proprietarie. Lo chiamavano il sindaco di Isola Serafini, un’abitudine di quegli anni a dare soprannomi alle persone. Si serviva solamente pesce fritto e salumi, fino al 1951 quando, con l’inizio dei lavori alla centrale, divenne locanda, con le camere per i lavoratori che arrivarono qui. Nei primi anni ’60, terminata la costruzione della centrale, vennero chiuse le camere e Cattivelli ritornò alle sue origini di trattoria, inserendo in menu i piatti più tradizionali come lasagne, tortelli, crostate. Era anche il periodo delle merende domenicali, pomeriggi dove intere famiglie o compagnie di amici venivano per i salumi e il pesce d’acqua dolce servito fritto. Anguille e alborelle che venivano tenute, una volta pescate, in grandi vasche di cemento da cui attingere per la preparazione. Sono stati gli anni in cui, al sindaco di Isola Serafini, subentrò il figlio Valentino con sua moglie Cesira, artefici della nuova filosofia di Trattoria Cattivelli: quella di trattoria di campagna che ci portiamo tuttora appresso. Negli anni ’80 entrarono in gioco Emanuela, mia moglie, e Claudia, sua sorella specializzata in pasticceria. Si continuò a tenere alta la tradizione gastronomica del fiume Po, con la apparente semplicità di quello che significa questa parola. Io arrivo nel 1984, completamente ignaro di cosa volesse dire fare ristorazione. Venivo, infatti, da una carriera in marina militare. Mi misi di buona lena diventando sommelier dopo i corsi dell’AIS ma, in realtà, fu l’incontro con tre persone a darmi il senso di ciò che stavo iniziando a fare: Valentino Migliorini che gestiva il ristorante omonimo a Caorso, pochi chilometri da Isola Serafini, e che successivamente si ritirò in Piemonte aprendo la cantina Rocche dei Manzoni; Franco Colombani, due stelle Michelin al Sole di Maleo; Giancarlo Bossi, farmacista di Castelvetro Piacentino, grande appassionato di vini, relatore ai corsi AIS, esperto di analisi sensoriale. In quegli anni la gestione di un ristorante era decisamente più semplice, non esisteva il food cost, le tasse si pagavano concordandole. Noi fummo tra i primi a gestire i conti con un software che mi ero inventato e, alla fine degli anni ’80, potevamo contare sulle statistiche di ciò che vendevamo. I volumi di lavoro erano diventati molto alti, c’era il problema di come gestire il personale, il magazzino, le rimanenze. Problemi che dovevano essere affrontati se volevamo mantenere sana l’azienda. Il cambio fu repentino, si trattava di acquisire personale qualificato, dare un impulso diverso, un’offerta più variegata con un cambio di menu quasi ogni settimana. La gestione iniziò a diventare più corposa, i flussi di persone e di denaro più importanti, e il mio ruolo, oltre ad essere di servizio in sala, divenne sempre di più quello di gestione perché il vero commercialista, nella ristorazione, non puoi essere che tu. Il bilancio di fine anno riesci a fare in modo che sia equilibrato se tieni sotto controllo ogni singola voce. A quel tempo non esistevano studi o pubblicazioni, oltre a quelle didattiche per le scuole alberghiere, che ti aiutassero a capire come gestire un lavoro così complesso”.