La domanda in sé non è da sottovalutare. Le truffe sull’olio non è che non ci siano, si verificano, si verificano eccome, ma un conto è inquadrare tale possibilità nell’ordinarietà delle cose possibili, altro conto è gridare allo scandalo denunciando la frequente ricorrenza delle truffe o, peggio ancora, arrivare perfino ad annoverarle nella più pericolosa e devastante categoria delle sofisticazioni. Posso a tal riguardo rassicurare i lettori di sala&cucina sostenendo che il mondo dell’olio non soltanto è tra i più controllati, ma è pure tra i più virtuosi (senza esagerare, tuttavia, perché se l’olio extra vergine di oliva è diventato un prodotto commodity una ragione di certo ci sarà: qualcuno gioca al ribasso pur di spiazzare le aziende concorrenti facendo leva sul prezzo in offerta con la complicità - e irresponsabilità - delle catene distributive). Tuttavia, la tendenza a evocare a ogni piè sospinto la frode non è soltanto un atto deleterio in sé, ma anche un atto sommamente stupido. La reputazione del prodotto, come pure di chi lo produce e commercializza, vengono meno proprio da una comunicazione negativa strategica e non certo occasionale, che viene alla ribalta periodicamente. Se ci fate caso, quando il mercato si presenta problematico e l’olio italiano subisce la concorrenza straniera per i prezzi più competitivi, scatta subito a comando l’allarme frodi. È un segnale che viene raccolto soprattutto dalle tv e a ruota dai giornali. Un titolo che mi ha lasciato interdetto sui miei colleghi giornalisti è stato questo: “Italia invasa dall’olio straniero”, lanciando con ciò un avvertimento: “occhio alle truffe”. Ha senso tutto ciò? L’Italia non produce olio a sufficienza e necessariamente deve importarlo per soddisfare le proprie esigenze di consumo. È forse una truffa? Certo che no. È che non si investe più e non si piantano più olivi, si rifiuta la modernità degli impianti olivetati ad alta densità (nonostante siano più razionali e sostenibili) e nel contempo si assiste a un progressivo abbandono della coltivazione in aree marginali, collinari e montane. Per di più le attestazioni di origine Dop e Igp, a parte alcune, non hanno il successo commerciale che meriterebbero, e così, in questo quadro di incertezza commerciale, ci si abbandona ai facili allarmismi illudendosi di risolvere problemi strutturali che ci si trascina da svariati decenni. Cosa fare? Rimanere lucidi e lavorare sulla comunicazione, ma in termini positivi, non lanciando strali su probabili truffe. Le truffe ci sono sempre state, ma gli strumenti per tutelarsi ci sono e sono più efficaci di qualsiasi tentativo di truffa. Affidarsi alle società di distribuzione del food service è una scelta saggia che si rivela utile. Per chi invece ha curiosità, voglia di studiare, viaggiare e sperimentare, allora le occasioni per selezionare personalmente degli ottimi o buoni extra vergini sono davvero tante. In ogni caso, al di là dei facili e sterili allarmismi, non si casca mai nelle maglie seduttive dei frodatori se si è bravi e coscienziosi professionisti.
Luigi Caricato