Il cibo italiano come patrimonio culturale; avresti mai pensato di raggiungere questo obiettivo quando hai cominciato vent’anni fa a lavorarci?
“Ti confesso che si, che quello era l’obiettivo a cui volevo arrivare. Nel 2008, quando andavo in trasmissioni come Occhio alla spesa ancora nessuno conosceva la differenza dettata dal simbolo europeo, poi iniziai a fare il consulente di Linea Verde e, infine, con l’EXPO nel 2015 siamo arrivati all’obiettivo di affermare il cibo italiano come patrimonio culturale. Ora ci attendono nuove sfide”.
Quali sono?
“Una in principal modo: legare la ricerca scientifica alle DOP e IGP. Abbiamo fatto, di recente, Italia Next DOP, il primo Simposio Scientifico delle filiere DOP e IGP, dove sono stati presentati 90 progetti di ricerca su queste filiere. Siamo di fronte a un momento di grande evoluzione dell'agroalimentare italiano. Oltre alla sfida della transizione ecologica, dobbiamo affrontare vari attacchi internazionali e, in questo contesto, la ricerca ci ha mostrato, con questa prima edizione del Simposio, una nuova visione della qualità e come le filiere dovranno evolversi per rimanere leader sui mercati. Nel 2050, con la crisi ambientale che sta avanzando velocemente, se non si farà nulla, nelle terre senesi forse non si potrà più fare il Brunello, ad esempio. Occorre quindi diventare parte attiva nella ricerca. In questo i Consorzi possono e devono avere visione: non limitarsi alla tutela ma investire nella ricerca. Così come sul Nutriscore occorre dare risposte e non fare semplici proteste. Il mio obiettivo, in questo, è creare uno strumento di divulgazione scientifica, accessibile come linguaggio, utile per i produttori, essenziale per le persone che tengono alla qualità e alla cultura”.
Un’ultima domanda: quanto incide il marchio DOP e IGP nella ristorazione e quale ruolo possono avere i distributori di foodservice nella sua affermazione nel canale horeca?
“Avere nel menu di un ristorante prodotti a Denominazione è un vanto e fa chiarezza estrema sull’ingrediente. Una delle richieste maggiori da parte degli ospiti di un ristorante è: da dove provengono le materie prime. Bene, se un prodotto è DOP o IGP capirne la provenienza è molto semplice, inoltre permette al ristoratore di raccontarne la storia. L’imprenditore che fa ristorazione è stato molto bravo sul vino nel corso degli anni ma è stato aiutato proprio dal fatto che quei vini avessero una denominazione. Ora può diventare un grande testimonial anche di altri prodotti. Penso all’olio extravergine, un prodotto davvero simbolo del nostro Paese, del benessere delle persone. Oggi c’è un approccio quasi dilettantesco, lo si considera ancora solo come costo mentre la ristorazione potrebbe fare moltissimo per affermare una cultura dell’olio”.
E il distributore come può valorizzare un prodotto DOP o IGP?
“Lo può fare creando un format di presentazione e di vendita preciso e distinguibile. La formazione, per fare questo, è un elemento essenziale e da parte nostra abbiamo gli strumenti per permettere di capire meglio questo comparto. La narrazione, nel momento in cui si propone un prodotto a Denominazione, è un fattore molto importante che supera ogni logica di prezzo. Raccontare una progettualità di filiera e tenere ben fermo il tema della cultura alimentare può diventare uno straordinario aiuto a tutto il comparto e trasformarsi in un piacere per gli ospiti stessi del ristorante”.