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Meracinque e il Carnaroli Classico

13/04/2025

Meracinque e il Carnaroli Classico

La scoperta è la più bella tra le tante esperienze che la vita professionale ci offre. Quando si incontrano le persone per un’intervista o per capire il perché di determinate scelte si apre una sorta di viaggio che non sai mai dove ti porterà.

Pensavo questo mentre mi avvicinavo a Villafranca, in provincia di Verona, per andare a conoscere le donne di Meracinque, un’azienda risicola di cui sapevo solamente il nome.

Perché donne al plurale? Perché sono cinque sorelle che hanno preso in carico quello che i loro genitori, ancora comunque molto presenti in azienda, hanno costruito nel corso degli anni. I loro nomi sono Margherita, Benedetta, Silvia, Anna e Maria Vittoria. Ognuna di loro ha un ruolo molto preciso in azienda e il nome Meracinque è nato perché papà Paolo, quando erano piccole, le chiamava meraviglia uno, meraviglia due e via di questo passo. Fin qui la parte romantica. Ora passiamo alla storia di quest’azienda che ha il pregio di dar vita al miglior riso Carnaroli: il Classico.

Meracinque e il Carnaroli Classico

Cominciamo dalle definizioni del riso

La recente indagine dell’Osservatorio Nazionale sul consumo del riso in Italia, voluta dall’Ente Risi con con la collaborazione di Consorzio Tutela della I.G.P. Riso Nano Vialone Veronese ed Ente Fiera di Isola della Scala (VR), tra le varie domande ne ha formulata una specifica: Cosa sanno gli italiani del riso?
Se stimolati sulla forza storica del riso (il 73.6% sa che ha origini antichissime, già nella preistoria) e attuale il 78.9% dei rispondenti riconosce che è il cereale più utilizzato al mondo, fonte primaria di sostentamento per la maggioranza della popolazione del globo) molto meno chiara è la forza dell’Italia in Europa (solo il 51.5% sa che siamo il primo produttore dell’area) e qualche tentennamento nelle risposte c’è quando si parla di differenze varietali.

Ad esempio, parlando con la famiglia Tovo di Meracinque, abbiamo capito la differenza tra Carnaroli e Carnaroli Classico che è quello da loro prodotto. È Silvia che ci offre la definizione corretta: “Secondo il decreto legislativo 131 del 2017 è cambiato il modo di denominare il riso italiano in etichetta e secondo questa nuova denominazione le varietà italiane di riso possono essere denominate secondo il nome della varietà, come ad esempio Vialone Nano, Arborio, Sant’Andrea, Ribe, Carnaroli e questo sta a significare che all’interno del sacchetto non c'è il Carnaroli ma c'è un Carnac, c'è un Carnise, c'è un Leonidas, cioè un similare. Solo se in etichetta c’è la dicitura Classico significa che quel sacchetto contiene il vero Carnaroli, la varietà di riso che è stata selezionata nel 1946, dall'incrocio fra Vialone e Lencino”.

Queste specifiche sono molto importanti perché definiscono le caratteristiche del prodotto e il limite generale è che non c’è ancora sufficiente corretta informazione su questi aspetti.

“Noi stiamo facendo ogni sforzo possibile – racconta Silvia Tovo – per fare chiarezza perché solo in questo modo il nostro riso, il Carnaroli Classico, potrà essere valorizzato. Le nostre azioni riguardano la formazione degli agenti di vendita dei distributori ma anche degli chef. Utilizziamo ogni mezzo a nostra disposizione, dai video brevi per far vedere il modo migliore per ricettare all’affiancamento degli agenti, al dialogo diretto con gli chef e, quando possibile, alle azioni comuni con altri risicoltori”.

Meracinque e il Carnaroli Classico
Meracinque e il Carnaroli Classico

Come nasce la scelta di investire in questo settore

Qui è Paolo Tovo, il padre delle Meracinque, a raccontare: “Quest’anno rappresenta per me il cinquantesimo anno di professione. Nasco come agronomo e, appena diplomato, venni chiamato a lavorare in una delle più belle aziende agricole del veronese. In pochi anni mi venne affidata l’azienda, con i suoi cinquanta dipendenti, e un settore della stessa: la coltivazione del riso. L’unica coltura che non conoscevo tra tutte quelle per cui avevo studiato. Mi ha talmente appassionato la scoperta del riso che, nei 25 anni in cui sono rimasto lì, è diventata la produzione principale, con 250 ettari di risaie. In quegli anni ho conosciuto funzionari e dirigenti dell’Ente Risi con i quali ho fatto scelte strategiche e sperimentali come, ad esempio, importare, tra i primi in Europa, la semina interrata dalla Spagna. Nel 2000 sono diventato dirigente di una grande cooperativa zootecnica ma il pallino del riso non se ne andava e, quindi, con mia moglie Rita abbiamo deciso di valorizzare un pezzo di terra che avevamo in affitto a Roncoferraro, nel Mantovano. La signora che ci aveva affittato mi disse che lei non ce la faceva più a coltivare il riso e mi propose di mandare avanti la coltivazione. Era un invito a nozze per me. Qui si coltivava solo Vialone nano e, invece, io ho riportato in auge il Carnaroli perché, da sempre, sostengo che il Carnaroli sia il miglior riso in cucina che si possa avere. Nel 2018 ho detto alle mie figlie: vi do in mano un progetto che sbanca, la coltivazione del Carnaroli Classico, perché in quei terreni, nel Mantovano, c’è una struttura del terreno ricca di argilla che dà corpo al riso come in nessun’altra parte. Però è un terreno che bisogna coltivare con una certa capacità di rispetto del suolo; infatti, se sbagli la lavorazione, non lo rompi più neanche con il martello. È partita così la storia di Meracinque, quasi per scherzo ma ogni volta che lo facevamo assaggiare chapeaux. Nel 2018-2019 comincia a imporsi il discorso dell'applicazione dell'elettronica e dei sistemi di rilevamento anche per quel che riguarda le produzioni agricole e noi siamo stati tra i primi che hanno fatto questo tipo di zonazione dei terreni. Significa che di ogni appezzamento che andiamo a coltivare abbiamo le caratteristiche chimico-fisiche e abbiamo tutta la zonizzazione mappale. Elaborate queste mappe, mettiamo in atto un sistema per distribuire la quantità ottimale di seme a rateo variabile, facendo in modo che nelle zone a miglior vocazione interveniamo con una quantità inferiore, mentre nelle zone più scarse mettiamo una quantità maggiore di seme. In questo modo otteniamo una produzione che diventi la più standardizzata possibile, perché è chiaro che, se al cuoco diamo una volta un riso che cuoce in dieci minuti e la volta dopo in quattordici, diventa un disastro. Un'altra cosa che facciamo è la rigenerazione del suolo, non possiamo continuamente pensare di utilizzare solo concimi chimici. Abbiamo importato una serie di tecniche elaborate da un agronomo giapponese che ha messo a punto un cocktail di batteri che permettono un'elaborazione della sostanza organica e quindi un arricchimento per quel che riguarda proprio il terreno dal punto di vista della micro flora e micro fauna dello stesso, quello che viene definito microbiota del terreno. In questo modo abbiamo colture eccellenti anche dal punto di vista vegetativo, mantenendo la pianta al riparo da malattie tipo il brusone o mal del collo, un fungo che attacca la spiga, la pannocchia e a quel punto lì il chicco non cresce più. Noi facciamo anche l'essicazione addirittura di un giorno intero, 24 ore, alla temperatura del corpo umano praticamente, più o meno, all'incirca massimo 37,5-38°C per preservare il più possibile il benessere proprio del chicco e l'integrità. Una volta che è essiccato lo mettiamo in un magazzino perfettamente condizionato e lo lasciamo riposare almeno 12 mesi; è un'altra pazzia che facciamo perché con quello che vale oggi il riso, tenere ferma un anno una produzione non è facile, però questo permette veramente al riso di maturare completamente e dare il meglio di sé. Ora stiamo mandando in lavorazione addirittura il 2023. Naturalmente abbiamo selezionato anche le riserie che lavorano in una determinata maniera e oggi abbiamo la presunzione di dire che il nostro è uno dei migliori risi in circolazione. Abbiamo anche una collaborazione con X-Farm che dura dal 2018, quando abbiamo cominciato a testare il controllo dei livelli dell'acqua in risaia da remoto con il rilievo giornaliero delle temperature e dei livelli. Tutto questo però sarebbe vano se non avessi le figlie che riescono a spiegarlo a tutti coloro che ci scelgono. Infatti la chiave di volta è avvenuta quando ho capito che non era sufficiente produrre bene ma era importante comunicarlo bene, nel modo giusto, e poter contare su cinque figlie che venivano da diverse esperienze in altri settori, che hanno lavorato nel marketing e nella comunicazione, hanno la conoscenza delle lingue, degli usi e costumi delle diverse società nel mondo, ha permesso che questo progetto stia avendo un successo straordinario”. 

Meracinque e il Carnaroli Classico

Come lavorano le Meracinque

Ascoltare Paolo Tovo è stata una grande occasione per riflettere sulla complessità che sta dietro a un perfetto chicco di riso ma l’altra domanda che mi sorge spontanea è: quale prezzo ha la ricerca sul prodotto finito?

A questo risponde Silvia: “Il nostro posizionamento è sicuramente medio-alto ma è necessario spiegare ogni cosa, con passione e onestà. Se nostro padre si è molto impegnato a perseguire negli anni una sostenibilità agronomica e anche ambientale, noi ci siamo impegnate a far sì che questa sostenibilità fosse anche a livello economico, facendo in modo che il nostro Carnaroli Classico si possa vendere a un prezzo equo, dove a guadagnare qualcosa devono essere tutti i protagonisti della filiera. Quando io faccio i meeting e mi occupo di questa parte commerciale spesso gli interlocutori pensano a un prezzo. Nel momento in cui mostro il listino mi guardano e dicono che siamo molto oneste, ma è una scelta precisa quella che abbiamo fatto; poter raggiungere, con il nostro prodotto, una gamma di ristoratori che vanno dallo stellato alla trattoria dove la qualità è di casa, dove c’è grande cura per la materia prima e che possono sostenere un listino come il nostro. C’è un’altra cosa a cui tengo: il nostro riso, essendo un Carnaroli Classico, non ha rotture e, di conseguenza, cresce molto in cottura perché l’integrità del chicco assorbe molto bene i liquidi, lo chef può sgrammare utilizzando 70 grammi invece degli 80 abituali perché appunto il chicco è più grande, dà appunto una struttura diversa al piatto. Tutto questo per far capire che il nostro riso costa un po’ di più però ci sono una serie di accortezze tali per cui poi il costo per piatto è assolutamente sostenibile”. 

Le sorelle MeracinqueLe sorelle Meracinque
Silvia Tovo con papà PaoloSilvia Tovo con papà Paolo

I 15 ettari sono diventati 115, ma sempre a Roncoferraro

Che storia incredibile, vero? Chiedo ancora: ma da quanto siete diventate Meracinque?
“L’azienda è stata fondata nel 1999 e si chiama tuttora Società Agricola Borgo Libero perché Villafranca era stato il primo Borgo Libero in Italia nel 1208. Noi eravamo ancora piccole – continua Silvia – e solo nel 2018 siamo diventate Meracinque. Il papà lo hai ascoltato, è una forza della natura ma la mamma è la nostra esperta di qualità, fa il controllo dei lotti, organizza il lavoro in modo tale che la qualità sia sempre identica. E la scelta di estendere le coltivazioni sempre a Roncoferraro è significativa del nostro voler assicurare il meglio ai nostri clienti”. 

 

 

a cura di

Luigi Franchi

La passione per la ristorazione è avvenuta facendo il fotografo nei primi anni ’90. Lì conobbe ed ebbe la stima di Gino Veronelli, Franco Colombani e Antonio Santini. Quella stima lo ha accompagnato nel percorso per diventare giornalista e direttore di sala&cucina, magazine di accoglienza e ristorazione.
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